sabato 22 gennaio 2011

Dal Librino al Sundance

L'Italia non è un paese per Oscar, questo ormai lo sappiamo. Chissà che non vada meglio con altre rassegne cinematografiche o con altri festival. Al Sundance Film Festival, simbolo del cinema indipendente, ci sarà un solo titolo italiano in concorso, I baci mai dati di Roberta Torre (regista del memorabile Tano da morire). Io non ho visto il film, ma a Venezia si è meritato dieci minuti di applausi. Ma non parlo di cinema né di premi né di concorsi, non sono un esperto. Mi interessa la storia, soprattutto il luogo. Ecco la sinossi:
«Estate. La periferia infuocata di una città del sud: Librino, Catania, una grande città nella città, di quelle costruite senza misura d'uomo da architetti giapponesi. Manuela, tredici anni, e la sua famiglia: Rita la madre, un'esistenza strappata a morsi alle delusioni, Marianna la sorella bella e intoccabile e Giulio il padre, un fallito di talento. Più che una famiglia una bomba pronta ad esplodere. Manuela corre sul suo vecchio motorino ma si sa che non può andare molto lontano, le strade della periferia di Librino sono una strana commistione di passato e futuro almeno fino a quando un giorno la Madonna non la vede...»
Librino, dunque. Quartiere periferico di Catania, vicino all'aeroporto. Una città medio-piccola, 70mila abitanti in un solo quartiere. Doveva essere una città-satellite modello, a progettarla negli anni Settanta fu chiamato addirittura l'architetto giapponese Kenzo Tange. Ora è un grande complesso di palazzoni in degrado e abbandono. Cattiva gestione delle amministrazioni cittadine, criminalità, abusivismo: la fama di Librino è pessima. Il quartiere però prova a reagire. La viabilità è migliorata, c'è chi finalmente si ribella e l'associazione Fiumara d'Arte propone una "rivalorizzazione culturale e artistica" dell'area.
Librino potrebbe rinascere. Intanto però a ridosso del quartiere è stato costruito un grande centro commerciale che probabilmente diventerà un luogo asettico di (a)socialità. Perché forse Tange, come Gregotti con lo ZEN di Palermo, non intendeva costruire un luogo non a misura d'uomo; la colpa è del disinteresse delle istituzioni e della loro indifferenza verso la ghettizzazione in questi quartieri.
Speriamo bene, e speriamo in un successo negli Stati Uniti. Successo non puramente cinematografico.

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