venerdì 28 ottobre 2011

Michelino il Cianciulino

Dalle mie parti quando uno è piagnone, piagnucoloso, lamentoso, si dice "cianciulinu".
Michele Santoro sta per partire con il suo programma Servizio pubblico, trasmesso sul web e da una rete di tv locali. Anche gli spettatori siciliani potranno seguirlo. Basterà sintonizzarsi su Antenna Sicilia.
Un momento. Sono solo io a storcere un po' il naso? Antenna Sicilia è di proprietà di Mario Ciancio Sanfilippo, l'editore-direttore-imprenditore monopolista dell'informazione nella mia Regione.
Non sto mettendo in dubbio le capacità di Santoro. Però dopo essersi paragonato a Mohamed Bouazizi, il tunisino che si è dato fuoco a gennaio e ha dato il via alla Rivoluzione dei gelsomini, ora il campione autoproclamato della libertà di stampa si mette d'accordo con l'uomo che tira le fila del mondo dei media e della comunicazione in Sicilia. Un Berlusconi siciliano, posso azzardare? Uomo di grande potere, Ciancio. Potere trasversale, beninteso.
Ecco, ripeto, chi si lamenta troppo, dalle mie parti, si chiama "cianciulinu"... Mi piacciono i giochi di parole, tutto qui.

martedì 25 ottobre 2011

Rossella Urru

Quando ho conosciuto Rossella, ricordo che mi ha detto una cosa curiosa e divertente. Non aveva mai sentito parlare prima di Modica, se non da alcuni emigrati italiani conosciuti quando lavorava in ambasciata in Venezuela. Quegli emigrati, con moltissime probabilità, sono miei parenti, dato che Ro diceva di aver parlato con molti Caccamo in Sudamerica. E io ho parenti modicani in Venezuela che si chiamano Caccamo.
Ro l'ho conosciuta a Ravenna, dove ci siamo specializzati tutti e due in cooperazione internazionale, lei un anno prima di me. Questa è la caratteristica di Rossella, sempre in giro per il mondo, a occuparsi di diritti umani e a preoccuparsi delle cose brutte che succedono un po' ovunque.
Ro è Rossella, Rossella Urru. Sono sincero, sono stato molto indeciso (e lo sono tuttora mentre scrivo) se scrivere questo post oppure no. In qualche modo sono un giornalista e in questi giorni il nome di Ro sta occupando le mie giornate per lavoro, anche se so di non riuscire a essere sufficientemente sereno. In realtà, inevitabilmente, se penso a lei è per amicizia, affetto e non per necessità professionale. Mi permetto di scrivere qui qualcosa perché mi piacerebbe dire a chi, per caso o volutamente, legge questo blog, chi è Rossella Urru.
In questi giorni sto ripetendo che Rossella non è solo una cooperante rapita in Algeria, ma è anche e soprattutto una mia carissima amica. Ro non lo sa, ma anche io e tutti gli altri "quattro gatti" di Ravenna siamo lì con lei. E siamo anche a Samugheo, insieme a papà Graziano e mamma Marisa, insieme al Grande Uomo Fausto, fratello speciale, e con Mauro, il piccolo di casa, l'autore della bellissima caricatura che ho scelto come mio ritratto. Siamo tutti una famiglia, adesso. Siamo tutti vicini, in silenzio e con affetto.
Impossibile, tra l'altro, non diventare amico di Rossella, non volerle bene. A Ravenna eravamo in pochi, appunto quattro gatti, la città non è che offrisse troppo a un gruppetto di studenti, quindi era inevitabile che ci si frequentasse tutti. E allora le cene a casa sua, una birra, qualche serata nei pochi locali di Ravenna, anche semplicemente quattro chiacchiere tra amici.
E parlare con Rossella è sempre un piacere. Davvero entusiasta di quello che fa, anche quando sa di essere stanca. Crede davvero nella cooperazione. Si arrabbia davvero quando vede ingiustizie, scorrettezze e discriminazioni. Coraggiosa senza arroganza, ma con la semplicità e la genuinità di una ragazza sarda consapevole che il mondo là fuori non lo si può ignorare.
Adesso in tanti sono andati a ri-scoprire l'amore di Ro per il popolo sahrawi. Beh, credo che solo chi la conosce da un po' di tempo abbia davvero un'idea di quanto le stia a cuore il destino di quella terra lacerata e abbandonata nell'indifferenza generale. Ricordo la sua tesi, in antropologia culturale, sulla "paura dei piccoli numeri": la paura del debole, la violenza sulle minoranze che diventano oggetto della furia collettiva, Ro ne parlava a proposito dei sahrawi. E Ro è molto brava: 110 e lode con menzione speciale per la dignità di stampa.
Negli ultimi mesi ci siamo scritti qualche volta su Skype. Bello leggere dei campi, del lavoro, anche pesante, che fa lì. Del tè prima di andare a letto o delle passeggiate sotto il cielo del deserto. Al cielo del deserto, a quel cielo, pensavo quando sono stato in Congo. Io ero nella foresta, all'Equatore, in un'altra porzione di cielo africano, ma a volte mi veniva spontaneo pensare che poco più su Ro stava lavorando nei campi profughi sahrawi di Tindouf. Io, in confronto a lei, non ho davvero fatto nulla...
Però devo per forza sorridere, se penso a una cosa. Ogni tanto, quando vado a controllare la provenienza dei visitatori di questo blog, trovo una visita, una, dall'Algeria. E non voglio avere dubbi su chi sia!
Bene, voglio tornare presto ad avere una lettrice speciale dal deserto algerino, che magari sorride mentre sorseggia l'ultimo tè della giornata e poi va a fare una passeggiata sotto le stelle.

mercoledì 19 ottobre 2011

Ufficioso e Gentil(e)uomo

A un crujffiano (e ruffiano) come Johan Van Marten non poteva piacere, certo. Un cultore del calcio totale della perfetta "arancia meccanica" olandese degli anni Settanta prova semplicemente ribrezzo per il proverbiale catenaccio italiano. Vabbè, noi abbiamo vinto quattro mondiali e loro... Tra l'altro uno di questi mondiali, il più evocato ed evocativo, l'ha vinto proprio quello che il buon Johan non poteva sopportare.
Alt. Chi è Johan Van Marten? Il nome è talmente olandese che... non è vero. Infatti è un personaggio di fantasia, nato dalla penna di Amara Lakhous, scrittore e antropologo italo-algerino, autore del romanzo Scontro di civiltà per un ascensore a piazza Vittorio. Johan, cinefilo e aspirante regista, ce l'aveva in particolare con un calciatore italiano (ecco cosa c'entrano Crujff e il mondiale del 1982). Molti si erano convinti che avesse problemi a parlare italiano quando diceva fiero «Io non sono GENTILE». Ma non era un'assurda ammissione di cattiveria e arroganza: Johan Van Marten non è gentile, nel senso che non è Gentile. Claudio Gentile.
L'adepto del Profeta del gol vedeva nel rude difensore che maltrattò Maradona ai mondiali di Spagna 1982 il simbolo peggiore dell'Italia peggiore. Giusto per sottolineare che il calcio è una cosa molto seria!
Un biondo del nord Europa contro un meridionale, molto meridionale, dalla - diciamo così - carnagione scura. Claudio Gentile, originario di Noto, quindi di stirpe sicula, in realtà è nato molto a sud di Tunisi. Gentile infatti è nato a Tripoli, figlio di quell'emigrazione italiana in Libia mediamente poco nota ai nostri connazionali. In alcuni almanacchi addirittura figura come l'unico calciatore africano in Italia negli anni Settanta - gli stessi anni, guarda un po', del calcio totale che tanto piace a Johan Van Marten. Lo fregava in effetti il colorito.
Questo aspetto, soprattutto oggi, ha un significato serio. Quando scrivevo la mia tesi in antropologia culturale sui calciatori di colore, il nome di Gentile era venuto fuori dall'analisi di un libro molto importante per la "disciplina" (virgolette obbligatorie, una vera disciplina ovviamente non esiste, ndr), La razza in campo del sociologo Mauro Valeri. Per spiegare i ritardi del calcio nell'accettare i Black Italians, Valeri scriveva che nel caso di Gentile «il colore "abbronzato" della pelle passa quasi inosservato, ma sembrerebbe quasi per non voler aprire alcuni tristi capitoli della storia italiana».
Io non credo che Gentile sia scuro perché africano e/o viceversa. Di certo oggi le sue origini meritano una particolare attenzione. L'ex ct dell'Under 21, soprannominato "Gheddafi" quando giocava, potrebbe tornare a casa. Un emigrante di ritorno, ma di lusso. A Gentile è stata infatti offerta la panchina della nazionale di calcio della nuova Libia, quella che gioca sotto la bandiera rossoneroverde e non più sotto quella verde del Colonnello. Gentile sarebbe contentissimo, ha fatto sapere, di tornare a Tripoli, "per affetto".
Certo, prima bisogna che si chiarisca la situazione nel Paese e venga arrestato Gheddafi, quello "vero". Poi si vedrà. Gentile intanto ha già detto che sarebbe interessante organizzare un'amichevole con la nazionale italiana. Insomma, sarebbe un bel riscatto per il calcio libico, dopo quel gran figlio di papà di Saadi. Il vero Gheddafi, nel calcio, rimane comunque Claudio Gentile.
E credo che pure il progressista e, a suo modo, idealista Johan Van Marten potrebbe esserne contento.

Aggiornamento del 20 ottobre 2011. Quando si dice il tempismo. Gheddafi, quello "vero", è morto. "Gheddafi", l'altro, l'allenatore, è ancora più contento all'idea di poter finire sulla panchina della Libia.
Morto un Gheddafi, se ne fa un altro.

sabato 15 ottobre 2011

L'infaticabile uomo delle nevi

«Agosto è il mese più freddo dell'anno / l'inverno si sposta sei mesi in avanti / e non è il Polo Sud / qui non è il Polo Sud»
No, in effetti non è il Polo Sud. Va bene dire che siamo meridionali, ma non così tanto!
Quando ho scoperto nel 2004 questa canzone, sono rimasto interdetto. Una delle più belle canzoni italiane che abbia mai ascoltato, Agosto dei torinesi Perturbazione. Poetica, emozionante, malinconica, accompagnata da un video bellissimo.
Dunque spero che mi scusino i Perturbazione (improbabile che mi leggano...) se uso il loro gioiello per parlare di una storia paradossale, ma nel senso del paradosso grottesco tipicamente siculo, non di quello poetico della canzone.
La notizia ha già avuto una sua eco, grazie soprattutto a un pezzo di Sebastiano Messina su Repubblica. Messina scrive in punta di penna, è brillante, perciò è meglio leggere l'originale per capire di cosa stiamo parlando. Però io, come al solito, provo a ragionarci un po' su.
Le Madonie d'estate.
La neve non si vede perché era stata già spalata tutta
Agosto evidentemente è il mese più freddo dell'anno per il signor Salvatore Di Grazia, dipendente della provincia regionale di Palermo. Anche se lì non è il Polo Sud, anzi, è pure abbastanza più a nord di Tunisi. Di Grazia, assegnato al servizio di protezione civile, è un lavoratore che si è fatto pagare un numero spropositato di ore di straordinario per "spalamento neve". Tutti straordinari pagati a parte, in ogni mese dell'anno. Appunto in ogni mese dell'anno, compresi quelli estivi siciliani notoriamente gelidi.
Che sia ben chiaro, la neve in inverno c'è pure in Sicilia, sull'Etna, sui Nebrodi o sulle stesse Madonie palermitane. Il fatto è che lo stakanovista Di Grazia ha continuato a farsi pagare gli straordinari anche quando l'ultima neve si era sciolta alle porte della primavera e gli altri spalatori sono tornati a fare altro. E il record l'ha raggiunto proprio ad agosto: ha richiesto 200 (duecento!) ore di straordinario, più delle 117 che si era fatto pagare giusto un anno prima per il servizio di "spalamento neve" nel mese più cald... freddo dell'anno.
La storia è venuta fuori solo perché a un dirigente della provincia sarebbero sorti dei dubbi sulla logicità di questa situazione e dunque sono stati bloccati i pagamenti.
E pensare che proprio all'inizio di questa settimana sulle Madonie è arrivata, anzi tornata (o non se n'è mai andata, Di Grazia?), la prima neve.

lunedì 10 ottobre 2011

Modicano, Clandestino

Ho ricevuto due mail importanti in questi giorni. Del mittente ho già parlato alcune volte su questo blog. Il messaggio è stato inviato alla mailing list de Il Clandestino - con permesso di soggiorno, il mensile di Modica dal quale tutti quelli che aspirano a diventare giornalisti avrebbero da imparare.
È stato per caso che ho conosciuto i ragazzi del Clandestino. Li invidio e li ammiro. Sono quasi tutti più giovani di me, molto probabilmente con idee ben più chiare delle mie. Fanno giornalismo, giornalismo d'inchiesta, in una terra dove non esiste un certo modo di fare cronaca e informazione. Alla presentazione del giornale due anni e mezzo fa, ricordo, non c'era neanche un rappresentante della stampa cosiddetta "ufficiale". Certo sono scomodi. Dicono quello che gli altri omettono. Smuovono le acque torbide e lo fanno con una professionalità che molti professionisti abbeveratisi ai sacri testi della deontologia spesso dimenticano.
Perché erano importanti quelle email? I ragazzi del Clandestino hanno inviato a tutti i loro amici, collaboratori, sostenitori, due link. Link ad articoli in cui si parla di loro. E io sono molto contento di poterli rilanciare. Ma non è solo per pubblicità, né perché qualche volta il mio nome è finito nella lista dei tanti e volenterosi collaboratori del mensile.
Il primo è di Libera Informazione, la testata di Libera, l'osservatorio sull'informazione per la legalità e contro le mafie. Un articolo su un incontro a Ovada, in provincia di Alessandria. C'erano pure i ragazzi del Clandestino e Nando dalla Chiesa li ha chiamati sul palco.
Il secondo link ha a che fare proprio con dalla Chiesa. È un articolo del Fatto Quotidiano in cui si parla di questi ragazzi coraggiosi.
Io personalmente non ho da offrire chissà quale pubblicità, in confronto a Libera e Nando dalla Chiesa. Siccome però conosco l'avventura e l'impresa del Clandestino, devo aggiungere due parole. Per loro stessa ammissione, non tutti i ragazzi della redazione faranno i giornalisti da grandi. Ecco, questa è la lezione fondamentale. Fare informazione, indagare, svelare trame e misteri, raccontare un territorio con le sue ricchezze e le sue miserie quotidiane, è un dovere che va oltre una professione. Professione che tra l'altro io mi ostino a pensare prima di tutto come un mestiere. Professione, lavoro o mestiere che sia, quel che conta, comunque, è che, come dimostra un gruppetto di ventenni modicani, dire e raccontare sono verbi che possono essere coniugati anche se nella vita si vuole fare altro.
La vocazione, in fondo, non è il giornalismo, ma la verità.

lunedì 3 ottobre 2011

That's onore

Anche A sud di Tunisi, nel suo piccolo, aderisce all'iniziativa voluta da Valigia Blu per sensibilizzare il più possibile l'opinione pubblica sul comma cosiddetto "ammazzablog", contenuto nel disegno di legge sulle intercettazioni. Della serie: come peggiorare qualcosa che già fa schifo. L'attacco ai blog è un pessimo segno. Io sono il primo, da modestissimo blogger e giornalista alle prime armi, a chiedere che esista una regolamentazione seria (e non strumentale) del web, mi prendo tranquillamente le mie responsabilità. Però l'ennesima norma «contro un certo modo di fare giornalismo», come mi aveva detto Carlo Ruta qualche mese fa, va decisamente oltre l'esigenza di organizzare la giungla di Internet.
Tra l'altro, con la scusa che la giungla è selvaggia, l'uomo si è spesso attribuito il diritto di distruggere la foresta.

Qui di seguito il testo di Bruno Saetta, esperto di Internet, diritto e libertà d'informazione. Una sorta di Faq per capire che ammazzando i blog muore anche qualcos'altro.
Cosa prevede il comma 29 del ddl di riforma delle intercettazioni, sinteticamente definito comma "ammazzablog"? Il comma 29 estende l'istituto della rettifica, previsto dalla legge sulla stampa, a tutti i «siti informatici, ivi compresi i giornali quotidiani e periodici diffusi per via telematica», e quindi potenzialmente a tutta la rete, fermo restando la necessità di chiarire meglio cosa si deve intendere per "sito" in sede di attuazione.
Cosa è la rettifica? La rettifica è un istituto previsto per i giornali e la televisione, introdotto al fine di difendere i cittadini dallo strapotere di questi media e bilanciare le posizioni in gioco, in quanto nell'ipotesi di pubblicazione di immagini o di notizie in qualche modo ritenute dai cittadini lesive della loro dignità o contrarie a verità, questi potrebbero avere non poche difficoltà nell'ottenere la "correzione" di quelle notizie. La rettifica, quindi, obbliga i responsabili dei giornali a pubblicare gratuitamente le correzioni dei soggetti che si ritengono lesi.
Quali sono i termini per la pubblicazione della rettifica, e quali le conseguenze in caso di non pubblicazione? La norma prevede che la rettifica vada pubblicata entro due giorni dalla richiesta (non dalla ricezione), e la richiesta può essere inviata con qualsiasi mezzo, anche una semplice mail. La pubblicazione deve avvenire con «le stesse caratteristiche grafiche, la stessa metodologia di accesso al sito e la stessa visibilità della notizia cui si riferiscono», ma ad essa non possono essere aggiunti commenti. Nel caso di mancata pubblicazione nei termini scatta una sanzione fino a 12.500 euro. Il gestore del sito non può giustificare la mancata pubblicazione sostenendo di essere stato in vacanza o lontano dal blog per più di due giorni, non sono infatti previste esimenti per la mancata pubblicazione, al massimo si potrà impugnare la multa dinanzi ad un giudice dovendo però dimostrare la sussistenza di una situazione sopravvenuta non imputabile al gestore del sito.
Se io scrivo sul mio blog "Tizio è un ladro", sono soggetto a rettifica anche se ho documentato il fatto, ad esempio con una sentenza di condanna per furto? La rettifica prevista per i siti informatici è quella della legge sulla stampa, per la quale sono soggetti a rettifica tutte le informazioni, atti, pensieri e affermazioni ritenute dai soggetti citati nella notizia «lesivi della loro dignità o contrari a verità». Ciò vuol dire che il giudizio sulla assoggettabilità delle informazioni alla rettifica è esclusivamente demandato alla persona citata nella notizia, è quindi un criterio puramente soggettivo, ed è del tutto indifferente alla veridicità o meno della notizia pubblicata.
Posso chiedere la rettifica per notizie pubblicate da un sito che ritengo palesemente false? È possibile chiedere la rettifica solo per le notizie riguardanti la propria persona, non per fatti riguardanti altri.
Chi è il soggetto obbligato a pubblicare la rettifica? La rettifica nasce in relazione alla stampa o ai telegiornali, per i quali esiste sempre un direttore responsabile. Per i siti informatici non esiste una figura canonizzata di responsabile, per cui allo stato non è dato sapere chi sarà il soggetto obbligato alla rettifica. Si può ipotizzare che l'obbligo sia a carico del gestore del blog, o più probabilmente che debba stabilirsi caso per caso.
Sono soggetti a rettifica anche i commenti? Un commento non è tecnicamente un sito informatico, inoltre il commento è opera di un terzo rispetto all'estensore della notizia, per cui sorgerebbe anche il problema della possibilità di comunicare col commentatore. A meno di non voler assoggettare il gestore del sito a una responsabilità oggettiva relativamente a scritti altrui, probabilmente il commento (e contenuti similari) non dovrebbe essere soggetto a rettifica.

Qualche considerazione personale. Nella mia ingenua ed embrionale idea di giornalismo, sono sempre disponibile a discutere e rivedere le cose che scrivo quando sono sbagliate. In questo blog è capitato più di una volta che correggessi imprecisioni ed errori, e non per una questione di pignoleria. Si chiama correttezza professionale, in realtà. D'altra parte c'è una deontologia che lo prevede. Però leggo pochissime (quasi nessuna, siamo onesti) rettifiche sui giornali, mi sembra sospetto che ora si senta l'esigenza di estenderle ai blog e a qualsiasi sito Internet, per di più tramite un comma nel ddl sulle intercettazioni. Quando ho affrontato certi temi, su questo blog ho cercato di scrivere solo cose su cui mi sono documentato. Beh, se qualche mafioso dovesse ritenersi offeso, potrebbe toccarmi la rettifica. Ci tengono all'onore, loro.