Sui campi di calcio di provincia, nelle serie minori e dilettantistiche, succede un po' di tutto. E la Sicilia non sfugge alla regola, naturalmente. Violenze, scontri, polemiche, arbitri inseguiti... Ad Agrigento e dintorni - ma è sicuramente solo un caso - si concentrano i casi più interessanti. Che non riguardano solo i tifosi o gli ultrà, ma anche giocatori e dirigenti. Stavolta tocca a Gaetano Sferrazza, 19enne dell'Akragas, la squadra del capoluogo in Eccellenza. Sferrazza è stato squalificato già a novembre per due anni, per aver dato un calcio a un guardalinee. E non giocava neppure, era in panchina. Oltre alla squalifica, ora si è beccato pure il Daspo e dovrà firmare per due anni in Questura a ogni partita dell'Akragas. La notizia non è nuovissima né originale, ma vale la pena spendere qualche riga su Sferrazza. Anzi sugli Sferrazza.
Il calciatore dell'Akragas è infatti il nipote di Gioacchino Sferrazza, ex presidente ma de facto ancora padrone della squadra. Sferrazza senior è un personaggio che ha sempre trovato il modo di farsi notare, a modo suo. Nel settembre 2009 ha dedicato una vittoria al boss Nicola Ribisi, arrestato qualche giorno prima. Per questo è stato rinviato a giudizio due mesi fa per istigazione a delinquere. E un anno fa è stato deferito per aver fatto indossare ai suoi calciatori maglie con il suo volto al posto dello sponsor, in segno di solidarietà. Pochi giorni fa, poi, ha minacciato di ritirare la squadra - tanto è a rischio radiazione, se continua così.
Anche in questo caso, quando si dice che la prima educazione si apprende in famiglia...
lunedì 28 febbraio 2011
domenica 27 febbraio 2011
Isolani isolati #4
sabato 26 febbraio 2011
Ci sono un siciliano, un iraniano e un Russo
Ecco, siamo passati dalla spy story a una più consona polemica politica. Quasi ci avevo creduto.
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giovedì 24 febbraio 2011
Sul Ponte sventola bandiera pagana
La Sicilia ci tiene alla sua identità, alla sua autonomia, alle sue tradizioni, ai suoi simboli. La bandiera, per esempio, è bellissima: tra le regioni italiane, solo gli amici sardi possono competere. La Trinacria, Triskele, le tre gambe su campo giallorosso. Un simbolo dalla grande e incerta storia, forse minoico, greco o chissà, con probabili connotazioni massoniche ed esoteriche. E non solo siciliano. Persino l'isola di Man ha una "triscele" come simbolo, forse in rappresentazione del Sole.
La legge regionale 1/2000 ha stabilito che la bandiera ufficiale della Sicilia è quella costituita dalle due bande diagonali rossa e gialla con al centro la Trinacria. Devo notare anche che il simbolo fa parte dello stemma di un comune palermitano che non può lasciarmi indifferente: Caccamo.
Eppure non basta che questo sia il bellissimo simbolo dell'altrettanto bella Sicilia. Persino la bandiera, o meglio la Trinacria stessa, è diventata oggetto di polemiche e revisionismi. E il paradosso - a noi siciliani piacciono i paradossi... - è che a metterla in discussione è stato un autonomista per definizione politica e ideologica. Il vicepresidente del consiglio comunale di Palermo, Sandro Oliveri, appunto dell'Mpa lombardiano, ha proposto di cancellare la Trinacria/triscele dalla nostra bandiera: è un simbolo pagano, che nulla ha a che vedere con i valori cristiani dell'Isola. Probabilmente a Oliveri sfugge che pure in Sicilia tutto ciò che ora è cristiano prima era greco o romano o comunque pre-cristiano, in alcuni casi addirittura ebraico... E i riti della Settimana Santa sono più pagani che religiosi, a volte.
Ma forse Oliveri è soltanto l'ultimo di una serie di politici siciliani cattolici (e non solo, lui è evangelico) lanciati in una specie di revival dei valori cristiani. Dopo la sentenza della Cassazione sulle adozioni ai single, una delle voci più indignate è stata quella dell'ex ministro Enrico La Loggia. Il disegno di legge regionale sulle coppie di fatto ha scatenato una protesta che però si è preferito condurre sui binari dell'insulto e dell'opposizione di piazza.
Lombardo però ha sconfessato Oliveri e la sua «iniziativa di ispirazione religiosa e rispettabile ma che non coinvolge né il governo né l’Mpa». E non piace alla gente che lo ha manifestato chiaramente davanti a Palazzo d'Orleans. La triscele rimarrà dunque al suo posto.
Io avrei continuato a sventolarla comunque.
Eppure non basta che questo sia il bellissimo simbolo dell'altrettanto bella Sicilia. Persino la bandiera, o meglio la Trinacria stessa, è diventata oggetto di polemiche e revisionismi. E il paradosso - a noi siciliani piacciono i paradossi... - è che a metterla in discussione è stato un autonomista per definizione politica e ideologica. Il vicepresidente del consiglio comunale di Palermo, Sandro Oliveri, appunto dell'Mpa lombardiano, ha proposto di cancellare la Trinacria/triscele dalla nostra bandiera: è un simbolo pagano, che nulla ha a che vedere con i valori cristiani dell'Isola. Probabilmente a Oliveri sfugge che pure in Sicilia tutto ciò che ora è cristiano prima era greco o romano o comunque pre-cristiano, in alcuni casi addirittura ebraico... E i riti della Settimana Santa sono più pagani che religiosi, a volte.
Ma forse Oliveri è soltanto l'ultimo di una serie di politici siciliani cattolici (e non solo, lui è evangelico) lanciati in una specie di revival dei valori cristiani. Dopo la sentenza della Cassazione sulle adozioni ai single, una delle voci più indignate è stata quella dell'ex ministro Enrico La Loggia. Il disegno di legge regionale sulle coppie di fatto ha scatenato una protesta che però si è preferito condurre sui binari dell'insulto e dell'opposizione di piazza.
Lombardo però ha sconfessato Oliveri e la sua «iniziativa di ispirazione religiosa e rispettabile ma che non coinvolge né il governo né l’Mpa». E non piace alla gente che lo ha manifestato chiaramente davanti a Palazzo d'Orleans. La triscele rimarrà dunque al suo posto.
Io avrei continuato a sventolarla comunque.
mercoledì 23 febbraio 2011
L'isola del famoso Cecchi Paone
Il Comune è in una crisi nera, ha milioni di debiti (non è mio interesse né obiettivo sottolineare che le colpe maggiori ce le ha l'amministrazione precedente), dunque una cifretta così ha giustamente pensato di risparmiarla. Ma fin dalla designazione di Cecchi Paone, frutto di un "colpo di fulmine" tra il giornalista e Modica, la polemica è stata forte e ha toccato vertici sublimi quando è intervenuto a suo tempo Sebastiano Failla, vicepresidente (ex An e ora miccicheano) del consiglio provinciale di Ragusa. Failla non aveva gradito che il patrimonio artistico modicano, consistente soprattutto in architettura sacra barocca, avesse come promoter un omosessuale dichiarato. Ora Cecchi Paone ha annunciato la fine del rapporto con Modica mentre si trovava alla Bit di Milano, allo stand delle province sicule. La colpa sarebbe proprio dell'opposizione pregiudiziale di Failla. Il sindaco di Modica, Antonello Buscema, però replica e smentisce qualsiasi motivazione "morale" dietro la conclusione della collaborazione tra la città e l'ex concorrente dell'Isola dei Famosi (lo ricordo perché i media locali modicani hanno sottolineato questo aspetto, evidentemente con connotazione negativa). Il problema sarebbero solo i soldi chiesti da Cecchi P.
Naturalmente si è scatenata la polemica politica: il Pdl modicano se la prende con l'amministrazione (che in effetti non ne esce benissimo) e vuole sapere se il rapporto è finito per questione di soldi o «per un malcelato pregiudizio nei confronti di chi esercita scelte di carattere sessuale diverse dalla norma». Stupendo giro di parole per provare a sembrare politically correct.
Ah, l'Arcigay di Ragusa si è affrettata a smentire Cecchi Paone e a riconoscere che Modica non è omofoba. Spero che da questa vicenda Antonello e tutta l'amministrazione imparino a scegliersi meglio i collaboratori e i consulenti. Anche meno noti e mediatici. Se poi non piacciono a Failla, pazienza.
martedì 22 febbraio 2011
Uomini d'honorem
A sud di Tunisi c'è anche la Libia. Oltre alla Tunisia, all'Egitto, all'Algeria. Anche nel paese del colonnello Gheddafi, la "scatola di sabbia" di coloniale memoria, sono scoppiate rivolte popolari represse nel sangue dal regime. Le vittime sono decine, centinaia, migliaia, ma l'Italia, che della Libia non è solo un vicino ma soprattutto partner commerciale, è tiepida nella condanna delle violenze. O meglio condanna la violenza ma auspica stabilità e inizialmente dichiara di non voler disturbare l'amico beduino. Con quell'amico gli affari sono importanti, vanno bene, sia quelli nostri con lui che i suoi da noi. La chiamano Realpolitik, realismo nelle relazioni internazionali, il fondamento di buona parte della diplomazia italiana. Lì ci sono i soldi, pazienza se i diritti umani e civili passano un po' in secondo piano. Anche le questioni geostrategiche contano più delle libertà civili. E infatti i rapporti italiani con Gheddafi sono amichevoli e cordiali. Poi lui ci aiuta a contrastare l'immigrazione nel Mediterraneo, vuoi mettere?
Che c'entra la Sicilia con la Libia, chiederà il lettore più avveduto. Beh, se non altro combacia quasi perfettamente con il golfo della Sirte... Attinenze geografiche (e attacco a Lampedusa nel 1986, e flussi migratori, e imprese petrolifere, e sparatorie contro i pescherecci mazaresi, e...) a parte, in realtà le vicende libiche fanno riflettere sui rapporti tra le due sponde del Mare Nostrum. Proprio nel pieno dei subbugli tunisini e delle manifestazioni per la "rivoluzione dei gelsomini" anche in Sicilia, è venuta fuori la notizia che l'università di Messina aveva deciso di conferire a Ben Ali una laurea honoris causa. Per aver promosso una società "solidale e democratica". Davvero, questa era la motivazione. Tutto è saltato, per fortuna, ma si è parlato di pressioni della Farnesina per diplomare il dittatore tunisino.
Il motto dell'ateneo di Messina è "Tradizione e cambiamento al centro del Mediterraneo". No comment.
lunedì 21 febbraio 2011
Morte non accidentale di un ambulante
Perché i controlli si fanno sull'ambulante, mica sul "fornitore". Una multa all'abusivo (ma Noureddine non lo era) e tutto passa. L'illusione basta, la criminalità vera può continuare con i suoi affari. Ma l'importante è essere inflessibile con il venditore di strada, meglio ancora se straniero. Peraltro l'accusa generale è che nessuno, vigili o passanti, abbia mosso un dito per impedire al giovane marocchino di darsi fuoco. E infatti ora la magistratura cerca testimoni, andrebbero bene pure le telecamere a circuito chiuso.
Non voglio sembrare qualunquista/populista, ma a me questa storia fa schifo. Adnane era marocchino ma per i palermitani era Franco. E mandava in Marocco i soldi per mantenere la famiglia. Altro che clandestino-abusivo-criminale.
A ciascuno il suo contesto
Ho letto molti libri di Leonardo Sciascia e molti ancora me ne mancano. Conosco la famosa e triste querelle sui “professionisti dell’antimafia”. Ho sempre apprezzato lo scrittore di Racalmuto (AG), ma su quella polemica la mia posizione è più vicina a quella di chi lo ha criticato. O meglio, da lì è partita strumentalmente una campagna di delegittimazione – che Sciascia non voleva – contro la magistratura; l’obiettivo iniziale di Sciascia era stato un giovane Paolo Borsellino. Per assurdo, lo scrittore se la prese per un avanzamento di carriera del giudice che avrebbe scavalcato “per meriti” colleghi più anziani. Insomma, la retorica della meritocrazia invertita. Ormai si tende a interpretare e contestualizzare quell’articolo del 1987 “assolvendo” Sciascia (lo scrittore e il giudice fecero pace), ma rimangono alcuni aspetti critici – altrettanto giustamente. Senza tanti giri di parole, la polemica sciasciana viene puntualmente riesumata ogni volta che si alza una voce antimafia critica, soprattutto tra gli “intellettuali” (che siano Saviano, Giulio Cavalli o un qualsiasi giornalista sotto scorta). Si dice: lasciamoli perdere, sono i soliti professionisti dell’antimafia. Immagino che Sciascia avrebbe evitato volentieri un futuro postumo da voce dell’anti-antimafia e dell'anti-magistratura.
Ora però Sciascia continua suo malgrado a essere simbolo di questa critica. Proprio in coincidenza del novantesimo anniversario della nascita. E in un modo che non riesco a definire in altro modo se non grottesco. Il sindaco di Racalmuto, Salvatore Gioacchino Petrotto, ha proposto di dare il "Premio Leonardo Sciascia per la giustizia giusta" a Silvio Berlusconi. Al perseguitato Silvio Berlusconi. Inutile dire che la famiglia dello scrittore e la fondazione che porta il suo nome sono contrarissimi. Anche il partito di provenienza di Petrotto non ne vuole sapere. E il partito non è il Pdl né un altro pezzo del centrodestra berlusconiano. Petrotto è stato eletto con una lista civica sostenuta dal Pd ed è stato fino a qualche tempo il coordinatore provinciale dell'Italia dei Valori. Un dipietrista. Che non a caso ha cercato una sponda nel redivivo Domenico Scilipoti, ex collega nell'Idv e probabilmente neo-collega sulla strada della conversione berlusconiana. Per inciso, lo Sciascia politico era stato radicale e indipendente del Pci. La nota del sindaco sulla proposta comunque farebbe impallidire anche il più convinto dei peones: «Ho a lungo meditato sulla lunghissima battaglia per la libertà condotta dal nostro presidente contro ogni forma di potere inquisitorio».
Io non parlerei solo di provocazione, piuttosto sembra che Petrotto stia cercando un riposizionamento politico. E stia provando a far passare l'idea che anche le sue grane giudiziare – ne ha, ne ha... – siano una persecuzione.
Se fosse vivo, Sciascia avrebbe forse liquidato tutto con il titolo di una sua piccola raccolta di racconti: Cronachette.
Ora però Sciascia continua suo malgrado a essere simbolo di questa critica. Proprio in coincidenza del novantesimo anniversario della nascita. E in un modo che non riesco a definire in altro modo se non grottesco. Il sindaco di Racalmuto, Salvatore Gioacchino Petrotto, ha proposto di dare il "Premio Leonardo Sciascia per la giustizia giusta" a Silvio Berlusconi. Al perseguitato Silvio Berlusconi. Inutile dire che la famiglia dello scrittore e la fondazione che porta il suo nome sono contrarissimi. Anche il partito di provenienza di Petrotto non ne vuole sapere. E il partito non è il Pdl né un altro pezzo del centrodestra berlusconiano. Petrotto è stato eletto con una lista civica sostenuta dal Pd ed è stato fino a qualche tempo il coordinatore provinciale dell'Italia dei Valori. Un dipietrista. Che non a caso ha cercato una sponda nel redivivo Domenico Scilipoti, ex collega nell'Idv e probabilmente neo-collega sulla strada della conversione berlusconiana. Per inciso, lo Sciascia politico era stato radicale e indipendente del Pci. La nota del sindaco sulla proposta comunque farebbe impallidire anche il più convinto dei peones: «Ho a lungo meditato sulla lunghissima battaglia per la libertà condotta dal nostro presidente contro ogni forma di potere inquisitorio».
Io non parlerei solo di provocazione, piuttosto sembra che Petrotto stia cercando un riposizionamento politico. E stia provando a far passare l'idea che anche le sue grane giudiziare – ne ha, ne ha... – siano una persecuzione.
Se fosse vivo, Sciascia avrebbe forse liquidato tutto con il titolo di una sua piccola raccolta di racconti: Cronachette.
venerdì 18 febbraio 2011
Petrolio connection
La Sicilia al centro di una spy story. E non è un film.
Nell'agosto scorso la Regione ha ricevuto la richiesta da parte di due società, la svizzera Corum Anlage e la spagnola Ibercom, che volevano raffinare nell'isola 5 milioni di tonnellate di petrolio. Iraniano. Ora, le due società hanno un capitale sociale di 80mila euro, pochini per raffinare milioni e milioni di tonnellate di greggio (dicono di poter arrivare a 15 l'anno). Inoltre il Consiglio dell'Unione Europea ha introdotto restrizioni e limitazioni alla commercializzazione di prodotti iraniani, petrolio compreso. La nota mandata all'allora assessore all'Energia, Pier Carmelo Russo, era firmata dal rappresentante legale della società svizzera, un certo Antonino De Salvo, già protestato per assegni a vuoto e affarista noto in Brianza. E di mezzo c'era pure un ex deputato Dc, Nicola Ravidà. Russo dunque si è preoccupato e ha informato il questore di Palermo e il presidente del Copasir D'Alema. Insomma polizia e servizi segreti allertati.
Ecco che all'assessorato arrivano funzionari della Cia, con interrogatori in piena regola a Russo e ad altri dirigenti regionali. Gli americani temono che l'Iran si possa servire delle società per entrare sul mercato europeo dalla porta d'ingresso della Sicilia. Ma gli Usa sono preoccupati anche perché da qualche settimana la russa Lukoil ha acquisito il pacchetto di maggioranza della raffineria Erg di Priolo, nel siracusano. Nemici alleati, Russia e Iran, dunque? La Lukoil in effetti è socia della Gazprom, che l'anno scorso ha commercializzato 250 milioni di barili di petrolio iraniano.
Era dai tempi di Sigonella e Comiso che non si vedevano gli Stati Uniti così interessati (e preoccupati) alla Sicilia orientale...
La Sicilia, terra raffinata. Ma ogni tanto si accende la spia della benzina.
Nell'agosto scorso la Regione ha ricevuto la richiesta da parte di due società, la svizzera Corum Anlage e la spagnola Ibercom, che volevano raffinare nell'isola 5 milioni di tonnellate di petrolio. Iraniano. Ora, le due società hanno un capitale sociale di 80mila euro, pochini per raffinare milioni e milioni di tonnellate di greggio (dicono di poter arrivare a 15 l'anno). Inoltre il Consiglio dell'Unione Europea ha introdotto restrizioni e limitazioni alla commercializzazione di prodotti iraniani, petrolio compreso. La nota mandata all'allora assessore all'Energia, Pier Carmelo Russo, era firmata dal rappresentante legale della società svizzera, un certo Antonino De Salvo, già protestato per assegni a vuoto e affarista noto in Brianza. E di mezzo c'era pure un ex deputato Dc, Nicola Ravidà. Russo dunque si è preoccupato e ha informato il questore di Palermo e il presidente del Copasir D'Alema. Insomma polizia e servizi segreti allertati.
Era dai tempi di Sigonella e Comiso che non si vedevano gli Stati Uniti così interessati (e preoccupati) alla Sicilia orientale...
La Sicilia, terra raffinata. Ma ogni tanto si accende la spia della benzina.
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giovedì 17 febbraio 2011
La scomposizione dei Termini
Termini Imerese uguale Fiat. Equazione quasi scontata. Ma il Lingotto ha deciso di lasciare lo stabilimento entro la fine dell'anno e dunque è necessaria una riconversione industriale dell'ormai ex polo automobilistico. Con annesso reimpiego degli oltre 1.500 lavoratori Fiat.
Al ministero dello Sviluppo economico è stato finalmente firmato un accordo di programma per la riqualificazione del polo imerese. Accordo tra Governo, Regione Siciliana, provincia di Palermo, comune di Termini, Fiat Group e Invitalia - l'advisor che per conto del governo si è occupato della riconversione. E Invitalia ha individuato sette aziende che potranno accedere ai finanziamenti per il rilancio del sito. Fondi per 450 milioni di euro in totale (100 dal Governo, 350 dalla Regione). È interessante che su sette, solo due aziende della short list hanno a che fare con il settore automobilistico, per di più in produzioni di nicchia: la De Tomaso (auto di lusso) e la Cape Reva (auto elettriche). Le altre: Med-Studios (teatri di posa per cinema e fiction - d'altra parte qui si gira già Agrodolce); Newcoop (piattaforme logistiche e grande distribuzione); Lima (protesi ortopediche); Biogen Termini (energia da biomasse); Ciccolella, prima azienda florovivaistica quotata in Borsa in Europa (serre fotovoltaiche). Insomma, un elenco, una list eterogenea che dimostra come Termini Imerese potrebbe essere un buon sito industriale anche senza la Fiat e i grandi impianti. Ci si poteva arrivare prima, forse.
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mercoledì 16 febbraio 2011
Isolani isolati #3
Parliamo di Lampedusa. Sicuramente l'isola siciliana più conosciuta, e soprattutto per demeriti. Non suoi. L'approdo principale dell'immigrazione dal Nordafrica. E a nulla serve O' Scia', il festival organizzato ogni anno da Claudio Baglioni, proprietario di una villa già abusiva. Come prima di lui Mimmo Modugno.
Ora aumentano gli sbarchi dalla Tunisia e la situazione è di nuovo al collasso. Gli abitanti si sentono abbandonati, "i veri extracomunitari". Nonostante l'emergenza (chiamiamola così) e alcuni piccoli casi di cronaca legati alla presenza degli immigrati, i lampedusani protestano più per altri motivi. Gasolio, elettricità, trasporti costano il 30% in più che nel resto d'Italia e l'attività dei pescatori è in ginocchio. Non conviene neanche morire, dicono con cinica ironia: di solito ci si va a curare al Civico di Palermo e costa troppo riportare la salma sull'isola. Invece si pagano tasse alte sull'acqua e sui rifiuti. Il piano regolatore non c'è, un piano di fabbricazione risale al 1974 e le pratiche di condono edilizio si accumulano. E in estate il depuratore non funziona.
Gli isolani però sono persone solidali e di buon cuore e hanno sempre cercato di aiutare il più possibile gli immigrati. Che infatti hanno pure organizzato un corteo per ringraziarli: "Grz Lampedusa" e "Viva l'Italia".
Viva l'Italia, nell'isola che vanta un vicesindaco leghista...
martedì 15 febbraio 2011
Il pomo d'Adamo della discordia
Cattolici di tutta la Sicilia, unitevi. Contro Adamo. No, non è un invito blasfemo.
Da una settimana si discute della proposta dell'istituzione di un registro delle unione civili che riconosca dunque le coppie di fatto. Il disegno di legge è del Pd, ma è stato sottoscritto dai finiani, dall'Mpa e dal capogruppo dell'Udc Giulia Adamo. Il partito di Casini e altri cattolici si sono scagliati contro la deputata trapanese, e pure Lombardo (sempre lui...) si tira fuori, per la sua "formazione cristiana". Però il presidente riconosce la libertà di coscienza per i partiti su queste materie. Il Pdl parla addirittura di "leggi per compiacere unicamente l'Arcigay".
L'onorevole Adamo rivendica la scelta e la lega alla volontà dello Scudocrociato di aprire anche a posizioni laiche, in coerenza con il Terzo polo. E a proposito di coerenza, il curriculum partitico della ex presidente della provincia di Trapani potrebbe spiegare il perché della sua posizione pro unioni civili. Prima assessore a Marsala con il centrosinistra; poi eletta alla guida della provincia con il centrodestra; poi deputato regionale con Forza Italia e Pdl; autosospesasi dal partito, rientra in area Micciché; diventa capogruppo del Pdl Sicilia (finiani e miccicheani); insoddisfatta per l'esclusione del movimento dal Lombardo quater, passa all'Udc e ne diviene capogruppo. Il resto è cronaca. Come la volontà di candidarsi a sindaco di Marsala.
Secondo il fuoriuscito dall'Udc Saverio Romano, leader di quei Popolari di Italia Domani (Pid) che hanno offerto la stampella a Berlusconi in Parlamento, «solo un elevato grado alcolemico può in parte spiegare uno sproloquio dell'onorevole Giulia Adamo». Complimenti a Romano, complimenti alla signorilità del suo linguaggio. Se poi era una battuta sul Marsala...
Da una settimana si discute della proposta dell'istituzione di un registro delle unione civili che riconosca dunque le coppie di fatto. Il disegno di legge è del Pd, ma è stato sottoscritto dai finiani, dall'Mpa e dal capogruppo dell'Udc Giulia Adamo. Il partito di Casini e altri cattolici si sono scagliati contro la deputata trapanese, e pure Lombardo (sempre lui...) si tira fuori, per la sua "formazione cristiana". Però il presidente riconosce la libertà di coscienza per i partiti su queste materie. Il Pdl parla addirittura di "leggi per compiacere unicamente l'Arcigay".
L'onorevole Adamo rivendica la scelta e la lega alla volontà dello Scudocrociato di aprire anche a posizioni laiche, in coerenza con il Terzo polo. E a proposito di coerenza, il curriculum partitico della ex presidente della provincia di Trapani potrebbe spiegare il perché della sua posizione pro unioni civili. Prima assessore a Marsala con il centrosinistra; poi eletta alla guida della provincia con il centrodestra; poi deputato regionale con Forza Italia e Pdl; autosospesasi dal partito, rientra in area Micciché; diventa capogruppo del Pdl Sicilia (finiani e miccicheani); insoddisfatta per l'esclusione del movimento dal Lombardo quater, passa all'Udc e ne diviene capogruppo. Il resto è cronaca. Come la volontà di candidarsi a sindaco di Marsala.
Secondo il fuoriuscito dall'Udc Saverio Romano, leader di quei Popolari di Italia Domani (Pid) che hanno offerto la stampella a Berlusconi in Parlamento, «solo un elevato grado alcolemico può in parte spiegare uno sproloquio dell'onorevole Giulia Adamo». Complimenti a Romano, complimenti alla signorilità del suo linguaggio. Se poi era una battuta sul Marsala...
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Bit Bit hurrà!
Invece vorrei sottolineare la grande inventiva siciliana, che non si ferma neanche davanti ai veti governativi. La Regione non c'è? Poco male, ci vanno le province. Palazzo d'Orleans parla di risparmio, le nove province non si scoraggiano e si fanno carico delle spese. Solo Trapani metterà in campo 200mila euro. Alla Bit staranno tutte in uno stand comune di 340 metri quadrati. Un po' strettine, forse.
L'assessore regionale al Turismo, Daniele Tranchida, ha fatto sapere che la Sicilia avrà la "propria Bit", un meeting euromediterraneo già programmato per maggio.
Autonomia, federalismo, autarchia.
lunedì 14 febbraio 2011
Cercando un'altra Tunisia
E in tutto questo, la Sicilia è lì, al centro del Mediterraneo. Punto d'approdo e focolaio di polemiche. E in Sicilia verranno Maroni e Berlusconi a vedere di persona come vanno le cose. Si prepara il controesodo?
giovedì 10 febbraio 2011
Primitivi dell'età del rame
La "corsa all'oro rosso" non risparmia nulla. Tenetevi strette pure le pentole.
mercoledì 9 febbraio 2011
Spremute di agrumicultori
Negli ultimi giorni l'agricoltura siciliana è scossa da una polemica vibrante e mediatica. Mi riferisco alle accuse televisive del tale Alessandro Di Pietro contro la presunta mano mafiosa dietro la produzione e la commercializzazione dei pomodori di Pachino. Dei legami tra le varie organizzazioni mafiose nelle attività dei mercati ortofrutticoli, sappiamo già da tempo. Vittoria-Fondi-Milano, il triangolo della collaborazione tra tutte le mafie. D'altra parte, poco prima il procuratore nazionale antimafia Piero Grasso aveva detto più o meno le stesse cose che Di Pietro ha esternato con la sua uscita infelice. Infelice perché solo dopo le inevitabili polemiche il presentatore ha ristretto il campo del "boicottaggio" alle produzioni non Igp, quindi senza disciplinare. Insomma, la politica ha preso a sbraitare, a tutti i livelli. E il centrodestra siciliano ha trovato un altro Di Pietro con cui prendersela. La polemica è strumentale o perlomeno tutto è nato da malintesi e dall'imprudenza di una persona evidentemente non molto ferrata sull'argomento. E infatti la Rai ora chiede scusa per l'equivoco.
Ma in realtà non voglio parlare di questo. Una vera emergenza nell'economia agricola siciliana è nel mercato delle arance. Mio nonno ha coltivato agrumi per buona parte della sua vita e sento parlare da anni della crisi del settore. L’Isola è il maggiore produttore italiano di arance, eppure c’è il problema della raccolta, soprattutto quando la produzione supera le aspettative e abbatte i prezzi già estremamente bassi. La crisi colpisce 25mila produttori (93mila ettari coltivati ad agrumi, 98mila lavoratori tra diretti e indotto, commercio escluso). Soprattutto piccoli proprietari terrieri, con appezzamenti di pochi ettari, che non ce la fanno a far quadrare i conti.
Il calcolo è presto fatto. Per produrre un chilo di arance ci vogliono 30 centesimi, mentre i commercianti le comprano tra i 15 e i 25 centesimi al chilo, per l’alta qualità destinata alla tavola. Per il prodotto destinato all’industria (10%), il prezzo è di 8-9 centesimi al chilo per le arance bionde e 10 cent per le rosse. E la manodopera ammonta a 80 euro al giorno. Ecco perché nel settore si punta alla manodopera straniera, con tutto quello che ne consegue: lavoro nero, caporalato, estorsioni. Anche le arance piacciono alla mafia, insomma.
La colpa è anche della grande distribuzione, che impone ai supermercati l'acquisto di agrumi non siciliani. Che costano meno, perché li coltivano lavoratori che costano meno. In Perù, Sudafrica e Tunisia. E a me una volta è pure toccato sentire dagli spagnoli che sarebbe la Sicilia a manomettere il mercato a suo favore... Non bastano gli incentivi e i contributi europei, né i tentativi di conquista dell'estero (Cina compresa). Provare a espandersi e arrivare lontano non è una cattiva idea, ovvio, ma forse la soluzione migliore è puntare sulla qualità.
I costi di produzione sono quelli che sono, i prezzi al dettaglio li conosciamo un po' tutti. Intanto non ci sembra assurdo pagare nove euro per "le arance della salute" della ricerca anticancro. Giusto e lodevole. Però non so quanti siano disposti a spendere cifre simili (3 euro al chilo) al supermercato. Ci si accontenta di pagare anche meno della metà per biglie cerate israeliane.
Il calcolo è presto fatto. Per produrre un chilo di arance ci vogliono 30 centesimi, mentre i commercianti le comprano tra i 15 e i 25 centesimi al chilo, per l’alta qualità destinata alla tavola. Per il prodotto destinato all’industria (10%), il prezzo è di 8-9 centesimi al chilo per le arance bionde e 10 cent per le rosse. E la manodopera ammonta a 80 euro al giorno. Ecco perché nel settore si punta alla manodopera straniera, con tutto quello che ne consegue: lavoro nero, caporalato, estorsioni. Anche le arance piacciono alla mafia, insomma.
La colpa è anche della grande distribuzione, che impone ai supermercati l'acquisto di agrumi non siciliani. Che costano meno, perché li coltivano lavoratori che costano meno. In Perù, Sudafrica e Tunisia. E a me una volta è pure toccato sentire dagli spagnoli che sarebbe la Sicilia a manomettere il mercato a suo favore... Non bastano gli incentivi e i contributi europei, né i tentativi di conquista dell'estero (Cina compresa). Provare a espandersi e arrivare lontano non è una cattiva idea, ovvio, ma forse la soluzione migliore è puntare sulla qualità.
I costi di produzione sono quelli che sono, i prezzi al dettaglio li conosciamo un po' tutti. Intanto non ci sembra assurdo pagare nove euro per "le arance della salute" della ricerca anticancro. Giusto e lodevole. Però non so quanti siano disposti a spendere cifre simili (3 euro al chilo) al supermercato. Ci si accontenta di pagare anche meno della metà per biglie cerate israeliane.
Sizilien über Alles?
Un altro siciliano in quel mondiale c'era, ma giocò poco, entrando solo nel secondo tempo della partita contro l'Uruguay. Il palermitano Giuseppe Furino. Quello era comunque il suo esordio assoluto con la maglia della Nazionale.
Nelle altre storiche partite tra l'Italia e la Germania, cioè finale dei mondiali 1982 e semifinale 2006, niente siciliani. Vabbè, in Spagna c'era pure Claudio Gentile, nato in Libia da una famiglia originaria di Noto.
Ma poi al massimo un giocatore del Palermo (su quattro in rosa), comunque decisivo, l'eroe del mondiale tedesco Fabio Grosso.
Stasera si gioca a Dortmund, nello stesso stadio della semifinale del 2006. Nessun siciliano, ancora tre calciatori rosanero, più la "Formica Atomica" Giovinco, torinese di padre palermitano di Bisacquino.
Ecco, questo post è stato una scusa per raccontare quanta poca Sicilia c'è stata mediamente nel calcio azzurro. Però dopo quella partita del 17 giugno 1970, il Coni regionale si inventò un "Trofeo Sicilia" di calcio. Non capisco che legame potesse esserci, intanto siamo arrivati alla 41esima edizione.
E io ho scritto un post altrettanto scollegato.
lunedì 7 febbraio 2011
L'Orlando appassionato
«Vi racconto il mio SB». Parola di Leoluca Orlando. Non è una improvvisa (e improbabile) dichiarazione di stima e vicinanza al "nemico". SB non sono le iniziali del presidente del Consiglio, ma è l'abbreviazione di Superbowl. Football americano, dunque. Che c'azzecca Orlando (direbbe il suo capo di partito)? Beh, è il presidente della Fidaf, la federazione italiana di questo sport. Sì, proprio lui, l'ex sindaco di Palermo, l'uomo della "primavera antimafia", il volto della stagione della Rete, il pasionario dell'Italia dei Valori, l'intellettuale germanofono.
Da primo cittadino era riuscito addirittura a portare nel 1999 nel capoluogo isolano la prima edizione del campionato mondiale di football americano. Il legame con quello sport è stato tale che dal 2002 Orlando è il presidente federale. Di una disciplina che negli ultimi anni cresce in numero di praticanti e club (76 affiliati) e che da un mese è pure associata al Coni. Per la cronaca, il football americano non è uno sport olimpico. In Italia invece è affiliato al comitato olimpico. Misteri della fede(razione).Chissà se touchdown e quarterback sono traducibili in siciliano... Per chi non ci credesse, il legame tra Sicilia e football americano però era saldo già prima di Leoluca Orlando.
1978, capolavoro di un regista nato a Corleone, Michele Lupo, un altro palermitano:
venerdì 4 febbraio 2011
Buche nere
Negli ultimi anni sono stati presentati 48 progetti per costruire nuovi impianti, ma oltre agli incentivi non mancano evidentemente le mire della speculazione edilizia, anche su terreni vincolati. Il caso del Verdura resort di Sciacca è significativo: due green, palestre, piscine, 200 posti letto, villette a schiera, 230 ettari complessivi e 125 milioni di euro di investimenti. Gli affari e gli interessi sono tali che una settimana fa è stato arrestato un dirigente sanitario di Sciacca per concussione: aveva ritardato la concessione di alcuni certificati chiedendo ai proprietari anglo-italiani del gruppo Rocco Forte l'assunzione del figlio in un prestigioso hotel nel centro di Roma.
Anche la recente costruzione del Donnafugata Golf Resort a Ragusa ha suscitato le polemiche degli ambientalisti per l'impatto idrogeologico e la cementificazione in un'area vicina a una riserva naturale. E intanto molti dei progetti turistici - anche esteri - sulla Sicilia passano dal green. Uno sceicco arabo che ha acquistato dai Costanzo (i "cavalieri") il complesso alberghiero della Perla Jonica ad Acireale, ora promette un porto turistico e naturalmente un campo da golf.
Molinari's e Manassero, fatevi un giro in Sicilia. Altro che siccità, l'Isola è diventata green.
mercoledì 2 febbraio 2011
Fiction victim
Così diceva un anno fa il professor Mario Centorrino, assessore regionale all'Istruzione e alla Formazione professionale. Quasi una polemica d'altri tempi, quando la colpa era degli scrittori che diffamavano la bella terra di Sicilia. Polemica aggiornata al Duemila, però: la sfiga al posto della "supposizione calunniosa dei comunisti" (à la Tomasi di Lampedusa o Danilo Dolci) di cui parlava il cardinale Ruffini.«Non leggiamo più per un po' Camilleri, Tomasi di Lampedusa o Sciascia perché sono una sorta di "sfiga" nei confronti della Sicilia. Ci vuole ottimismo»
Uno degli attori della serie, il palermitano Ernesto Maria Ponte, ha definito "banale e fuori da ogni logica" l'affermazione dell'assessore: «Agrodolce arriva a chiunque con chiarezza e con un linguaggio immediato. Descrive i vari ceti sociali dell’isola, dai pescatori agli industriali, dall’alta borghesia all’aristocrazia. Propaga insomma un'immagine tranquilla e serena della nostra Isola». Ma a Centorrino non piace e non piacciono i modelli negativi (?) trasmessi dalla soap. Intanto però la regione Sicilia e Rai Fiction hanno firmato una convenzione per mandare in onda i nuovi episodi a partire dalla prossima primavera.
Qualsiasi punto di vista è legittimo, ovviamente. Però qualcosa davvero non quadra. L'ultimo episodio è andato in onda su Rai3 il 24 luglio 2009. Centorrino avrà visto in questi giorni qualche brutta replica?
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