mercoledì 29 agosto 2012

«Ho conosciuto Ettore Majorana» / 1

«Un viso marcato e ben definito, caratteristico, con zigomi accentuati». Un identikit preciso, anche a decenni di distanza. Evidentemente certi volti, certi particolari, non si dimenticano. Ernesto Scibona non lo vede da 40 anni, quel viso, eppure è sicuro: è lui, l'ha riconosciuto. Il "lui" è – o meglio sarebbe – Ettore Majorana. Proprio lui, lo scienziato catanese scomparso nel nulla nel 1938 e avvistato un po' ovunque, in giro per il mondo. Ernesto Scibona è di Mirabella Imbàccari, paesino dell'entroterra catanese, ma ormai vive da tanti anni a Ragusa. E dalle parti di Mirabella ricorda di averlo visto, uno che assomigliava tanto a Majorana. Con quegli zigomi pronunciati e il viso marcato, «decisamente brutto». Un avvistamento che risale alla fine degli anni Sessanta, quando Scibona era ancora adolescente e in una casa cantoniera dell'Anas andava ogni tanto con il padre a trovare questo strano personaggio.
Parlava poco, quell'uomo sulla sessantina che sembrava un barbone pur essendo distinto. Un po' pelato senza barba, «aveva un aspetto burbero, ma l'animo gentile». Ricorda ora Scibona che «sembrava sempre assente, borbottava tra sé e sé, come se facesse dei conti». Viveva in una casina rossa sulla provinciale tra Caltagirone e Mirabella, in mezzo a copertoni, metalli e oggetti raccolti qua e là. Si confidava solo con il padre di Scibona: forse, ricorda oggi Ernesto, parlavano della guerra. Che fosse davvero Majorana o no, in quel periodo le campagne siciliane erano piene di militari sbandati e disadattati dopo la guerra.
Ma era davvero Majorana? A Ernesto Scibona questo dubbio, quasi un'ossessione, è venuto quattro anni fa, quando a Chi l'ha visto? si parlava della scomparsa del fisico, con l'oramai solita e vasta gamma di ipotesi: rifugiato in Sudamerica, barbone in Sicilia o al soldo della Germania nazista. «Sono saltato sulla sedia quando ho visto la sua fotografia». E da lì è cominciata un'inesauribile e affannosa ricerca sulle tracce di quel finto barbone della casina rossa dell'Anas. «Ho contattato la trasmissione di Rai3, ma non mi hanno creduto, volevano una foto», racconta ora Scibona. «Ma chi ce l'aveva a quei tempi una macchina fotografica?». E poi, che senso aveva andare in giro a fotografare un barbone? Così Scibona ha provato pure a chiedere ai carabinieri, a Mirabella, a Ragusa e persino a Roma, ma con scarsa fortuna. E anche «i parenti non ne vogliono sapere, per loro la storia è chiusa».
Mirabella Imbàccari
L'unico con cui parlava era il padre di Ernesto. Gli avrebbe detto di chiamarsi Ettore Major e di provenire da una buona famiglia di Catania. «Ne ho parlato con mia madre», spiega Scibona, «lei mi disse che mio padre aveva capito male e che quel signore disse "mi chiamo Ettore, Ettore Majorana"». La famiglia Scibona passava spesso da lì, per andare in campagna, e ogni tanto si fermava a parlare con lui, gli portava da mangiare. Una volta addirittura Scibona senior lo invitò ad andare con loro in campagna, ma quell'uomo così educato e schivo rifiutò. Così come rifiutava tutte le offerte di soldi.

Leggi la seconda parte - «Ho conosciuto Ettore Majorana» / 2

Nessun commento:

Posta un commento