martedì 12 novembre 2013

Mattarellum, Porcellum, Mirellum

Mirello non è bello, è grasso, ed è pure siciliano. Una coincidenza di disgrazie, non c'è che dire. Mirello però è pure molto potente. Mirello a casa sua sta tanto bene, così bene da farsi sempre acclamare. E pazienza se lontano da casa non ha lo stesso successo.
Mirello all'anagrafe fa Vladimiro, bel nome da comunista, ex, post, vetero o quello che è. In effetti nascere nel 1950 ed essere battezzato con quel nome lì, beh, qualcosa vorrà pur dire.
Vladimiro "Mirello" è di Enna. Di cognome fa Crisafulli. Lo zar di Enna, il ras di Enna, una vita da comunista, poi Pds, Ds, Pd, tutta al seguito dell'annacquamento delle sigle. Ma quello che non si è mai annacquato è appunto il suo radicamento sul territorio, questa formula magica che in politica vuol dire tutto o niente, leghismi o autonomismi, clientelismi e partecipazione. E nel caso suo vuol dire che al congresso provinciale di Enna ha vinto con l'ottanta per cento, precisamente il 79,98 (ma in alcuni circoli ha toccato vette del 98,5%: credo insomma che in Bulgaria dovranno abituarsi al concetto di "percentuali ennesi"...). Qualcuno dice che è più facile destituire Fidel Castro a Cuba.
La terra dei Pupi
Crisafulli a questo giro non è in Parlamento, perché, nonostante la dote di voti e nonostante avesse vinto ovviamente l'anno scorso le "parlamentarie" Pd nella sua roccaforte blindata, i garanti del partito gli chiesero gentilmente di farsi da parte. Era il periodo in cui si parlava di deroghe, dispense e candidature discutibili. Mirello faceva parte dell'ultima categoria. Un impresentabile, secondo tanti. Chiacchierato, discusso, criticato: persino intercettato e filmato nel 2002 a un congresso Cgil con un avvocato in seguito condannato come boss mafioso di Enna, Raffaele Bevilacqua. Il procedimento che si aprì allora su Crisafulli fu poi chiuso, perché lui non sapeva che l'avvocato era un mafioso né le sue richieste di favori e raccomandazioni furono accolte (però le chiese, vabbè). Ma siccome siamo garantisti, nessun problema. Certo, la reputazione ne ha risentito. Ormai è risaputo che bisogna stare attenti alle frequentazioni (trovo significativo questo passaggio dell'inchiesta: «Si fa baciare sulle guance»...). Nel settembre 2010, comunque, è stato rinviato a giudizio per concorso in abuso d'ufficio con due dipendenti della provincia. Avrebbe ottenuto la pavimentazione di una strada comunale, che porta a casa sua, a spese della provincia di Enna. Più un altro rinvio a giudizio per truffa e falso in bilancio nell'inchiesta sull'Ato rifiuti.
L'exploit del congresso provinciale torna a far parlare di Mirello. Dal palco della Leopolda di Matteo Renzi è stato anche Pif, la iena Pif, al secolo Pierfrancesco Diliberto, palermitano, a mettere il dito nella piaga. E sono proprio i renziani i più scatenati. Perché Crisafulli è saldamente cuperliano (si fa per dire), cioè bersaniano, anzi dalemiano, insomma sta sempre con gli eredi di quello che fu una volta, e con altri leader, il Pci. O meglio sono loro, i presunti eredi, che stanno con Crisafulli. In fondo non è altro che uno di quei solidi e radicati leader locali che garantiscono, a chi la vuole, la vittoria nei congressi, nella corsa alle tessere, nelle conte interne a un partito come quello Democratico. Perché Bersani le primarie non le vinse solo nelle fantomatiche "regioni rosse", ma anche dominando al sud. Dove persino Cuperlo è avanti, per dire.
Quindi Renzi e i suoi ce l'hanno con Mirello. Lo criticano, dicono che quando il Sindaho sarà segretario metterà ancora sul tavolo la questione Enna. E Crisafulli, stizzito, si lamenta che «Se fossi belloccio come Renzi, se non fossi siciliano e non pesassi 110 chili, non sarei stato coperto di insulti da simpatizzanti renziani negli anni: nei loro attacchi ci sono punte di razzismo». Capito? Lui non è un "fighetto", un modello, né mai farà una dieta, inutile che lo attaccate sul piano fisico. Onestamente non credevo che le critiche si concentrassero sull'aspetto fisico, mi sembrava ce l'avessero con una questione politica e, virgolettiamolo pure, "morale". Ma, seriamente, devo confessare che mi infastidisce quest'autodifesa velenosa laddove Vladimiro Crisafulli, già senatore della Repubblica, tira fuori quel «se non fossi siciliano». Dice che «parlare male della Sicilia fa comodo a qualcuno». Gliene do atto, a volte è davvero così. Però io non mi sento offeso come siciliano se qualcuno critica e mette in dubbio la legittimità dei trionfi politici di un pezzo grosso di provincia. La critica piuttosto è a lui, a quel pezzo di partito e di apparato che sta con lui, a chi una volta lo considerò impresentabile (non per la faccia sicula né per la mole) e oggi ne gradisce il consenso sovietico. La presentabilità a voto alterno. Voto che, peraltro, lo premierebbe comunque. Crisafulli ama ripetere infatti, ed è quasi l'argomento più forte di ogni sua campagna elettorale, che a Enna lui vince «con il maggioritario, con il proporzionale e anche per sorteggio».
Mattarellum, Porcellum, Mirellum.

venerdì 1 novembre 2013

Qui non è Halloween

Se mi va bene, snob. Sennò bigotto, bacchettone, retrogrado, moralista. Così, in ordine un po' sparso, elenco gli epiteti che potrei sentirmi dedicare se dicessi che ne ho abbastanza di Halloween. Insomma, sarà pure simpatica la cantilena "dolcetto o scherzetto" che ormai sembra più una battuta da film cult americano (tra l'altro, Halloween/Hollywood è un'allitterazione da urlo), ma a me questa festa d'importazione anglosassone non dice nulla. E so, appunto, che potrebbero apostrofarmi come tradizionalista cattolico retrivo e brontolone chiuso alle novità. Ma figuriamoci. Con tutte le feste siciliane ammantate di religiosità, però in realtà di derivazione pagana...
Personalmente, non c'entrano la religione né un'improbabile chiusura mentale o diffidenza. Sgombriamo subito l'equivoco (e così spiego perché ne parlo su questo blog). Halloween è nella notte tra il 31 ottobre e il primo novembre. Il calendario segna come giorno festivo proprio il primo di novembre, Ognissanti, festività effettivamente religiosa. Eppure per me, ma non solo per me, il vero giorno di festa è sempre stato il 2 novembre, quello che per tutti gli altri è il giorno triste per eccellenza, persino proverbiale. Il giorno dei Morti. Cioè, tecnicamente, la commemorazione dei defunti. Ecco, se a me i costumi da streghe, fantasmi, scheletri e vampiri non dicono nulla, se la zucca è solo un meraviglioso ingrediente in cucina, se Halloween mi piace solo negli appositi speciali dei Simpsons, è perché vengo da una terra in cui esiste(va) una festa dei Morti di tutt'altro genere.
I tempi, è vero, sono cambiati, ma in Sicilia erano i morti a portare i regali ai bambini. E non c'è nulla di macabro in questo. Ancora adesso, in molti paesi dell'Isola, la tradizione è molto sentita. L'usanza risale almeno al X secolo e, al netto di tutte le legittime letture religiose, per molte generazioni (però temo che la mia sia una delle ultime) il 2 novembre era quasi l'unica ricorrenza in cui si ricevevano doni. Altro che Babbo Natale o la Befana. Più che i regali, poi, erano i dolci, come la frutta martorana (altro che cake design) o le cosiddette "ossa dei morti".
Ma c'è dell'altro. Io ho imparato sin da bambino l'importanza di certi legami, ché neanche Foscolo con la sua corrispondenza d'amorosi sensi... Il rispetto per gli affetti che non ci sono più non è solo una tradizione che può apparire "vecchia" a chi pensa che i bambini debbano divertirsi con travestimenti da paura. Ricordo che addirittura per me era quasi un divertimento girare per i cimiteri alla ricerca di un lontano parente che con la sua sola "presenza" mi raccontava qualcosa della nostra famiglia, della nostra storia. E giuro che non c'è niente di horror o di blasfemo in questa frase. Solo tanto rispetto e amore.
A proposito: ciao Caterina, le due Marie, Giorgio. Io festeggio con voi.