domenica 28 settembre 2014

Nicholas EverGreen

Oggi Nicholas avrebbe 27 anni. Il suo compleanno era il 9 settembre. In effetti sette anni li aveva già compiuti, il 29 settembre di vent'anni fa. Da Sonoma County, San Francisco, California, allo svincolo di Serre, Vibo Valentia, Calabria. Che la sua vita dovesse finire sulla A3, la famigerata Salerno-Reggio Calabria, mentre con mamma Meggie, papà Reginald e la sorellina Eleanor stava venendo in Sicilia, è un destino da tragedia.
La storia di Nicholas Green ormai la conoscono tutti. Il 29 settembre 1994 due banditi gli spararono, proprio sulla Salerno-Reggio, lo colpirono alla testa. Pensavano di rapinare gioiellieri. Nicholas dormiva.
Morì qualche giorno dopo, il primo ottobre, al policlinico di Messina. Non era così che voleva arrivare in Sicilia. Poi il resto non è più solo storia. Io me lo ricordo, ho vivida memoria delle strane sensazioni che si provarono in quel periodo in Sicilia. Perché non eravamo abituati (né volevamo abituarci) all'idea che da una tragica, assurda, ingiusta morte potesse derivare quel gesto così "spiazzante", di cui ancora parliamo 20 anni dopo.
La donazione degli organi ci era ignota, o meglio era oggetto della nostra più becera diffidenza. Sette persone ricevettero la vita da un bambino californiano e dalla grande bontà dei suoi genitori. E allora si scatenò una cosa che tuttora chiamiamo "effetto Nicholas".
Si dice che da quel momento, anche grazie a leggi che cambiavano in meglio, l'Italia scoprì la donazione degli organi, aumentò la disponibilità degli italiani, forse un qualche senso di colpa risvegliò l'esigenza della sensibilizzazione. Ora risulta che l'Italia è seconda in Europa solo alla Spagna.
Ma la Sicilia? Io sono donatore di sangue e già vedo quanto manchino persone disposte a fare questo piccolo gesto. Figurarsi gli organi. E in effetti, al netto delle piazze, le scuole, i parchi e tante altre cose dedicate a Nicholas; al netto del premio Nicholas Green per le scuole (alle medie scrissi un temino davvero brutto: per fortuna la mia professoressa non mi fece partecipare, ndr); al netto delle cerimonie e dei ricordi, la mia regione, che pure è cresciuta e ha centri di eccellenza come l'Ismett di Palermo (il primo direttore fu Ignazio Marino), resta indietro.
Il 2014 non è ancora finito, quindi i dati sono parziali e preliminari, solo stime, ma il calo di donatori e trapianti rispetto all'anno scorso c'è. Ma il dato più impressionante e preoccupante, che offende la memoria di Nicholas, è che in Sicilia resta altissima la percentuale di opposizioni alla donazione degli organi. Cresciuta dal 44,2 del 2012 al 58,3% del 2013.
Sono sempre i migliori effetti che se ne vanno.

mercoledì 24 settembre 2014

Il Teatro degli Errori

E li chiamano pure "cattedrali laiche"...
I teatri sono luoghi e istituzioni che segnano l'identità di una città. Anche Modica ha il suo, in verità con una biografia piuttosto travagliata. Il Teatro Garibaldi, realizzato nei primi dell'Ottocento come Real Teatro Ferdinandeo e poi inaugurato nel 1857 con la Traviata e infine intitolato all'Eroe dei Due Mondi dopo l'Unità d'Italia.
Però dagli anni Quaranta fino al 1984, sotto gestione privata, il teatro ha subìto un inesorabile declino. Trent'anni fa infatti fu chiuso. Riaprì solo nel 2000, il 13 giugno. Me lo ricordo, il teatro si trova proprio di fronte al mio vecchio liceo. I restauri durarono sei anni. Nel plafond centrale campeggia un grande dipinto dei pittori della Scuola di Scicli, guidati da Piero Guccione, commissionato dal Comune. Bene; ma solo fino a un certo punto. Perché appena un anno dopo, nel maggio 2001, il tetto crollò. Quindi altri lavori di restauro, fino alla nuova riapertura del 2004. Per anni il direttore artistico è stato l'attore modicano Andrea Tidona.
Ora, dieci anni dopo, sul teatro si abbatte una nuova jattura. Per fortuna nessun crollo o cedimento strutturale. Piuttosto una vicenda che fa anche sorridere un po'.
Ecco cosa è successo. Alcune persone vanno su Internet a cercare informazioni sulla stagione autunnale del Garibaldi e digitano www.fondazioneteatrogaribaldi.it (non metto il link per ragioni che appariranno subito ovvie...). E, sorpresa, nessun aggiornamento sulla prosa, quanto piuttosto un sito hot, messo su dalla Stt s.r.l., società di Frosinone.
La soprintendente della Fondazione Teatro Garibaldi, l'attrice messinese Simona Celi (già direttrice della sezione teatro a Taoarte), non si spiega l'accaduto: «Mi sembra inverosimile che ci sia qualcuno che possa avere legato il nome del teatro ad un sito erotico, non ci vedo alcuna connessione sensata». Ma la Celi si sforza di trovarla lo stesso, questa connessione: «Ho avuto alcune richieste di allestimento del sito per il teatro in questi ultimi tempi e le ho cortesemente, ma in maniera decisa, rifiutate, perché le ritengo troppo onerose. Forse qualcuno ha voluto fare uno sgarbo, consumare un bieco ricatto nei miei confronti, ma la cosa non mi turba». E quindi sono partite le denunce. Ma in realtà la questione è più semplice. Il dominio .it era scaduto e infatti il sito attuale è www.fondazioneteatrogaribaldi.org (più l'altro www.teatrogaribaldi.it). Quindi, pare che la società di Frosinone non abbia fatto nulla di male. Semplicemente ha comprato un dominio rimasto inutilizzato. Non è bello, ma non è un reato. Peraltro il sito non è propriamente pornografico, quanto piuttosto uno specchietto per allodole costruito apposta per guadagnare clic e posizionamento sui motori di ricerca.
D'altra parte, nel 2012 persino Mediaset fece una brutta figura per aver perso il suo dominio Internet .com, dopo la scadenza. Infatti adesso il sito è www.mediaset.it, mentre l'estensione "internazionale" è finita nelle mani di un cittadino americano.
Ecco, prometto ai miei 24 lettori (almeno uno in meno di Manzoni, per carità...) che starò più attento di certi miei concittadini quando comprerò il dominio per questo sito.

lunedì 22 settembre 2014

Mi è semblato di vedele un patto

A volte non bastano neanche 4mila e 500 preferenze (4.584, per la precisione) per entrare in un consiglio regionale, ché poi, trattandosi dell'Assemblea regionale siciliana, la famigerata Ars, è una specie di parlamentino a parte. Ecco, nell'ottobre 2012 Giambattista Bufardeci, detto "Titti" (sic), non ce l'ha fatta a essere eletto a Palazzo dei Normanni nonostante questi numeri. Era il capolista in provincia di Siracusa di Grande Sud, l'ennesima sigla elettorale del presunto smarcamento di Gianfranco Micciché dal centrodestra berlusconiano.
Ora Titti ha aderito a Centro Democratico. Sì, il partito di Bruno Tabacci, il "compagno Bruno" (anzi, BR1), quello che piace a certi buontemponi marxisti. Quindi ora Bufardeci sta dalle parti della maggioranza di Crocetta. E, chissà quanto casualmente, il presidente della Regione ha designato proprio l'ex sindaco di Siracusa come membro del Cga, il Consiglio di giustizia amministrativa che in Sicilia agisce come se fosse il Consiglio di Stato. L'altro membro, en passant, è Elisa Nuara, ex assessore a Gela quando Saro ne era il sindaco.
Saranno coincidenze, saranno cattivi pensieri, ma intanto la Regione designa due persone sulla carta "favorevoli" alla vigilia della decisione del Cga sulle elezioni suppletive in nove sezioni tra Rosolini e Pachino, provincia di Siracusa. La questione l'ha ben spiegata qualche giorno fa su Repubblica Emanuele Lauria: gente eletta con il Pdl che ora sta con Alfano, eletti con l'ala destra dell'Udc che invece appoggiano la maggioranza di Crocetta, candidati casiniani che si sono riconvertiti in berlusconiani e via dicendo. Compresi i "santini" elettorali vecchi di due anni riproposti nonostante sia cambiato quasi tutto (cioè niente, per restare al solito stereotipo gattopardiano dell'Isola).
Ecco, in tutto ciò arrivano le nomine puntuali di Crocetta. Bufardeci al Cga e il renziano Piergiorgio Gerratana (di Rosolini, guarda caso) assessore regionale all'Ambiente. Uno si gioca le carte che ha.
Giovedì 25 settembre il Cga dovrà decidere se confermare le elezioni suppletive nell'estremo sud della Sicilia. La decisione dovrà prenderla quindi anche Titti Bufardeci, sindaco di centrodestra a Siracusa dal 22 dicembre 1999 al primo marzo 2008, poi vicepresidente della Regione per quasi due anni con Lombardo presidente (ruolo ricoperto, peraltro, per sei mesi già a fine anni Novanta quando il presidente era il mio compaesano Peppe Drago). Alle Regionali del 2008 aveva ottenuto la bellezza di 17.216 preferenze. Ah, da ex capogruppo di Grande Sud è indagato per le spese pazze dei rimborsi ai gruppi consiliari.
Ma Crocetta, non ho dubbi, sa essere garantista.

Aggiornamento del 26 settembre 2014. Con un po' di ritardo, il Cga ha deciso. Il 5 ottobre si voterà alle mini-elezioni regionali di Pachino e Rosolini. Immagino un'affluenza da plebiscito.

giovedì 18 settembre 2014

♪♫ Cuccurucucu Palomar ♪♫ (ahia - iaia - iai)

Questa storia della minaccia di trasferire il set della fiction Il commissario Montalbano dalla Sicilia alla Puglia è ridicola, fa ridere se non fossero anche pericolose e squallide certe posizioni. Gli amici liberisti direbbero "è il mercato, bellezza": ma loro per primi sorriderebbero di questa caccia al finanziamento pubblico. Il produttore Carlo Degli Esposti (Palomar) dice che la Regione Sicilia non gli dà conto – in tutti i sensi... – e che ogni dialogo si è fermato ai tempi di Fabio Granata assessore. Bene, è stato assessore dal 2000 al 2006 (prima ai Beni Culturali poi al Turismo), eppure Degli Esposti si lamenta solo adesso. E poi la Puglia non ha chiesto nulla: l'effetto bluff+provocazione sembra garantito. Dunque nessun derby tra governatori comunisti gay cattolici.
Certo, è altrettanto squallido che ora Crocetta annunci una specie di "legge Montalbano" ad hoc. Per non dire della polemica con la Rai per i soldi di Agrodolce. O l'autotassazione dei ragusani. Siamo alla farsa, altro che fiction. Appare più serio il Topalbano della Disney, che peraltro nella sua seconda avventura è finito addirittura a Las Vegas...
Ma al di là delle schermaglie, il produttore è offensivo quando sostiene che il Val di Noto è diventato patrimonio Unesco grazie alla fiction! Insomma, io non nego che i flussi turistici degli ultimi anni abbiano registrato un boom grazie a quella sovraesposizione mediatica. Ma l'Unesco ci ha iscritti nella lista nel 2002, con una candidatura presentata alla fine degli anni Novanta, quando Zingaretti a malapena studiava da "commissario". Quindi manca di rispetto a chi, per una volta almeno, ha messo da parte i campanilismi o se non altro ha saputo ricomporli per un fine comune. Poi Degli Esposti vada a dirlo a gente come il mio ex professore Paolo Nifosì, storico dell'arte e critico, che è tutto merito di un personaggio di fantasia...
Michele Riondino,
"il giovane Montalbano",
è pugliese
E a proposito di questo, storco il naso per l'ultima volta. Il Corriere della Sera ha scelto di far commentare questa vicenda allo scrittore e giornalista Matteo Collura, agrigentino, conterraneo di Camilleri. Al netto di stereotipi totalmente decontestualizzati sul barocco siciliano e su quello pugliese, Collura riconosce che Montalbano sarebbe straniero a nuotare nell'Adriatico (ma il Salento è pure jonico...). Ma è lo stesso Collura che nel 2004 ("In Sicilia", Longanesi), dedicando qualche sparsa riga agli Iblei, li descriveva come luogo «in cui fasulli quanto improbabili commissari di polizia trovano momentaneo rifugio tra un caso e un altro»? È un mistero che neanche il buon vecchio Salvo saprebbe risolvere.

sabato 13 settembre 2014

Lo stremo del villaggio

Non ho mai fatto una vacanza in un Club Med. E fin qui, chissenefrega. Il Club Méditerranée, chiamiamolo con il suo nome completo e preciso, rappresenta un modello di turismo lontanissimo dalla mia idea. O meglio, per essere più onesti, io sono lontanissimo dal Club Med. Cioè, nel senso che forse neanche mi farebbero entrare...
Ironia a parte, io ho una naturale e generica allergia per i villaggi turistici. In fondo poco mi importa che adottino il modello "ricchi e famosi" che piace tanto all'attuale numero uno del Club, Henri Giscard d'Estaing (non è un omonimo: è proprio il figlio dell'ex presidente dell'Eliseo, Valéry), o quello all inclusive per famiglie o quello delle tariffe diversificate a seconda del livello dei servizi. Detto questo, la vicenda della proprietà di Club Med, fino a ieri destinata a finire nel portafoglio della Global Resorts dell'imprenditore Andrea Bonomi e invece ora probabile preda della cordata cinese Fosun, mi interessa perché racconta molto anche del turismo in Sicilia.
Non ho mai fatto una vacanza in un Club Med, però so benissimo che a pochi chilometri da casa mia c'è il villaggio di Kamarina, che nonostante il nome si trova nel territorio di Ragusa e non del comune di Santa Croce Camerina. Vicino a dov'era un'importante cittadella greca, colonia di Siracusa, ora c'è un resort di 96 ettari. Si tratta di uno dei quattro Club Med attualmente esistenti in Italia (gli altri sono i montani Cervinia e Pragelato, e Napitia in Calabria). Dico "attualmente" perché la società del "tridente" non è solo di passaggio nel nostro Paese: altre due strutture sono in fase di ristrutturazione, altri 11 villaggi sono stati dismessi o ceduti o abbandonati.
Uno dei due in ristrutturazione è quello, storico, di Cefalù. Storico perché nel 1957 fu aperto lì il primo villaggio italiano del gruppo. Ai transalpini piaceva tanto Cefalù: nel 1975 una band, tali Les Sans' Sa Nana, incise C'est un vrai paradis ce Cefalú (The Blue Sky of Cefalú). In uno dei principali poli turistici siciliani, si attende ancora la riapertura del Club: la data prevista parrebbe il luglio 2015. Un annetto circa per adeguare definitivamente la struttura e farla passare dai "3 tridenti" (servizi standard) a cinque (modello d'Estaing).
Intanto Kamarina mantiene il suo livello, tre "forche" (non forchette), e si presenta così, guidata dal capo villaggio francese Rémy Gouzou-Larnaudie, sul sito del gruppo: «Benvenuti nel paese dell'Etna dove stradine scoscese e piazze fiorite si aprono sul Mediterraneo!» – ma solo nella stagione primavera-estate, poi nell'autunno-inverno diventa «la terra dell'Etna, dove ripide stradine e piazze fiorite si affacciano sul Mediterraneo». Non ci sono più le mezze stagioni.
Catania, giusto per la cronaca e la mia solita pignoleria geografica, dista circa 150 chilometri. Ma non è solo questo. L'ignoranza in questo settore è devastante, persino surreale e grottesca. Il turista, perlopiù straniero, atterra all'aeroporto di Catania, quindi ai piedi dell'Etna, viaggia per più di due ore e mezza e arriva in un villaggio dove l'Etna manco si vede da lontano (però c'è un ristorante che si chiama Vulcano, eh). E si sente proporre – previo supplemento, ça va sans dire – visite all'Etna (mì, che camurrìa), a Siracusa e ad Agrigento. Tutti siti Unesco, che bello. Però il sito di Club Med assegna solo a Siracusa questo privilegio, chissà perché. E dimentica, en passant, che da quelle parti siamo in pieno Val di Noto.

lunedì 1 settembre 2014

Sicilicon Valley

Si chiama OS X Yosemite ed è il nuovo sistema operativo di Apple. Debutterà ufficialmente sul mercato entro la fine di quest'anno, ma già a fine luglio è stata rilasciata la versione "beta". Una delle novità più grosse (almeno per me che non sono nativo digitale e ho scarsa fascinazione per le innovazioni tecnologiche, soprattutto quando si risolvono in guerre di religione Apple vs. Windows, ndr) è che sarà possibile selezionare tra le lingue preferite, nelle impostazioni del sistema, anche il siciliano e il napoletano. Anzi, il "sicilianu" e il "napulitano". E sottolineo lingue. Non dialetti.
Infatti dalle parti di Cupertino hanno preso alla lettera, molto più di quanto non abbia fatto la Repubblica Italiana, quello che l'Unesco ha riconosciuto ormai da tempo, e cioè che i due dialetti maggiori del Sud Italia in realtà sono due lingue madri, da tutelare come altre a rischio di scomparsa. Il siciliano, linguisticamente, non deriva dall'italiano ma direttamente dal latino. E così gli sviluppatori della Silicon Valley hanno deciso di fornire i servizi del nuovo sistema operativo anche nelle lingue "terrone". Apple, mela, in siciliano si tradurrebbe pumu. Tuttavia, ciò non vuol dire che Yosemite (letteralmente, dato che siamo in tema di analisi linguistiche, significa "coloro che uccidono": spero non vogliano tradurre anche questo nome in siciliano o napoletano...) parlerà concretamente siculo. Affinché il Mac faccia sentire tutta la sua sicilianità e/o napoletanità, ci vorranno delle app che prevedano l'utilizzo di termini in queste lingue. Al momento, continua a parlare italiano. Senza inflessioni.