sabato 6 dicembre 2014

Little oranges

C'è una storiella ebraica molto carina, raccontata da Moni Ovadia nel suo libro-spettacolo Perché no? L'ebreo corrosivo (1996). Un nuovo rabbino, giovane, arriva in una comunità. A un certo punto della liturgia, la prima volta che parla ai fedeli in sinagoga, succede una cosa strana: metà platea si alza in piedi, l'altra metà resta seduta. E iniziano tutti a litigare, accusandosi reciprocamente di eresia e analoghe nefandezze religiose. Il giovane rabbino resta interdetto e non sa che fare né come riportare alla calma tutti quanti. Alla fine, le opposte fazioni propongono la soluzione: c'è il vecchissimo rabbino, ultracentenario, che vive isolato a godersi in meditazione gli ultimi anni della sua lunga e religiosissima vita, lui sicuramente saprà dare una risposta e dire chi ha ragione. Così il rabbino parte con una delegazione degli "in-piedi" e una dei "seduti". Arrivati dal vecchio saggio, gli chiede come deve procedere la liturgia a quel punto particolare. E cominciano le urla: "si sta in piedi", "no, si resta seduti", e giù insulti, "eretici", "blasfemi", "sacrileghi". Poi si fa silenzio, dopo una lunga riflessione il vecchio rabbi risponde: "Arrivati a quel punto della liturgia... una parte della comunità resta seduta, l'altra metà si mette in piedi. E cominciano tutti a litigare!".
La foto è la stessa con cui il Boston Globe ha illustrato la notizia
Ecco, quella comunità immaginata da Moni Ovadia mi torna spesso in mente quando sento della infinita e irrisolta (irrisolvibile?) querelle tutta siciliana sul corretto nome di quella delizia della gastronomia che sono gli arancini, o le arancine. Nel senso che, alla fine, ognuno ha la sua ragione: i palermitani continueranno a rivendicarne la femminilità, i catanesi e il resto della Sicilia orientale parleranno unicamente di arancini (peraltro a forma di cono e non di palla). La questione è semiseria, più o meno come la lite tra gli "in-piedi" e i "seduti" di Ovadia. Io continuerò a chiamarli arancini (anche se nel Ragusano, che sempre ama distinguersi, c'è chi lo dice al femminile: a Modica si trovano salomonicamente entrambe le diciture, ma forse è solo un caso...), gli amici palermitani e della Sicilia occidentale diranno arancine. Tant'è. Non ci metteremo mai d'accordo, perché un accordo non bisogna trovarlo. Purché non diventi una guerra di religione!
Però, c'è un però. Se già i dizionari di lingua siciliana parlano perlopiù di arancini masculi, è notizia di questi giorni che anche gli Oxford Dictionaries, la versione più moderna dei prestigiosi vocabolari editi dall'università di Oxford, hanno introdotto nella lingua inglese (britannica e americana) la parola "arancini". Al maschile, plurale. La definizione è "An Italian dish consisting of small balls of rice stuffed with a savoury filling, coated in breadcrumbs, and fried". Un piatto italiano che consiste in polpette di riso con un ripieno saporito, coperte di pangrattato, e fritte.
Oltre agli arancini, entrano nei dizionari Oxford anche i cappellacci, le trofie, il guanciale, e parm, un termine americano informale per indicare piatti a base di parmigiano. Insomma, la gastronomia italiana trionfa non solo sulle tavole ma anche nelle culture di altre nazioni.
Io, a questo punto, seguirei il consiglio degli studiosi di Oxford e mangerei volentieri un arancino. Tanto si può mangiarlo/a sia in piedi che seduti. Almeno su una cosa non litighiamo...

Nessun commento:

Posta un commento