lunedì 11 aprile 2016

Sicily Papers

La vicenda dei Panama Papers è solo all'inizio, stando ai numeri. L'inchiesta del pool Icij (International Consortium of Investigative Journalists), diffusa in Italia dall'Espresso, parla di 800 italiani in mezzo alle migliaia di clienti che da tutto il mondo si sono serviti dello studio Mossack & Fonseca per aprire società offshore in decine di paradisi fiscali.
I primi 100 nomi diffusi finora (naturalmente l'Espresso ha tutto l'interesse a centellinarli...) spaziano da Barbara D'Urso a Carlo Verdone a Montezemolo allo stilista Valentino. Insomma qualche nome noto c'è già, tra jet set e finanza e politica. Altri ne verranno. Ma quelli che mi interessano sono i primi nomi siciliani. Perché in alcuni casi emergerebbero pure intrecci di mafia e corruzione, garantismo permettendo...
C'è per esempio Angelo Zito, barese di origine ma condannato per mafia a Palermo: secondo la sentenza definitiva era diventato il tesoriere del clan di Brancaccio, quello dei fratelli stragisti Graviano. Zito, trapiantato in Lussemburgo, gestiva ingenti investimenti all'estero dei capimafia. E poi ha continuato a manovrare società nei paradisi fiscali.
C'è pure, in qualche modo, il nome di Massimo Ciancimino, o meglio quello del fiscalista romano Gianluca Apolloni. Con lui organizzò la presunta frode fiscale da 30 milioni che gli è costata l'arresto nel 2013.
E poi Christian e Pietro (alias Peter) Palazzolo, figli di quel Vito Roberto condannato come grande riciclatore di Cosa Nostra negli anni d'oro del traffico d'eroina. Secondo la sentenza definitiva, frutto del grande impegno di Giovanni Falcone, il finanziere "lavorava" per Riina e Provenzano. Palazzolo senior fu arrestato nel 1984 ed evase nel 1986 dalla Svizzera, per poi rifugiarsi in Sudafrica dove diventerà il ricchissimo Robert von Palace Kolbatschenko (a certa mafia piace molto la teatralità, ndr), magnate nel settore minerario. E al business dell'oro e dei diamanti fanno riferimento le offshore di Christian e Peter Palazzolo. Una generazione dopo, dunque, i figli dei boss sono uomini d'affari intercontinentali. Palazzolo/von Palace è stato arrestato nel 2012 a Bangkok, dopo che il Sudafrica si è sempre opposto all'estradizione in Italia. Sul suo sito Internet (sì, il "suo sito Internet"...), Palazzolo si rivolge in inglese alle autorità italiane come ai suoi "detrattori". E si presenta così: «La storia di Vito Roberto Palazzolo, che per oltre un quarto di secolo ha sofferto per l'arbitraria ingiustizia dello Stato italiano». Dice che non c'è reato e che è tutto un complotto. Mi aspetto analoghe repliche da parte dei figli.
Poi c'è il finanziere Simone Cimino, noto nell'Isola per aver tentato nel 2010 di rilevare lo stabilimento Fiat di Termini Imerese (voleva farci le auto elettriche con gli indiani di Reva) e fondatore del fondo Cape Sicilia con la Regione allora guidata da Totò Cuffaro, e pure imputato a Milano per manipolazione del mercato. Dice che nella scatola offshore di Panama non sono transitati soldi.
Ci sono poi i fratelli siracusani Carlo e Alfio Fazio, nell'elenco come "imprenditori del settore marittimo". Si dicono immediatamente estranei alle vicende panamensi. Entrambi siedono nel comitato portuale di Augusta. Sì, Augusta, la propaggine dell'inchiesta sul petrolio in Basilicata e regnum di Gianluca Gemelli, ex dell'ex ministro Guidi. Dei Fazio si è parlato l'anno scorso perché avrebbero proposto di investire 20 milioni per realizzare il porto turistico di Augusta.
Altri interessanti legami di famiglia sono quelli del catanese Francesco Corallo. Il padre Tanino fu un pioniere del "turismo dei giochi", fondando negli anni Settanta il primo albergo-casinò nell'isola caraibica di Sint Marteen. Finì pure in carcere come affiliato del clan Santapaola. Francesco invece aveva ottenuto nel 2004 dal governo Berlusconi la ricchissima concessione statale per le slot machine. Dieci anni dopo la Corte dei Conti ha condannato la sua società, Bplus Giocolegale (sic), a risarcire 335 milioni allo Stato italiano. Tra gli ultimi business che aveva in mente, aprire una banca-cassaforte a Dubai.
Catanese e legato alle scommesse è anche Giovanni Luca "Gianluca" Impellizzeri. I tifosi del Modica, del Misterbianco, della Leonzio e del Palazzolo lo conoscevano come "Re Leone", nella sua precedente vita di calciatore semiprofessionista. Nella lista dei Panama Papers figura invece come "agente di scommesse online".
L'anno scorso era finito pure agli arresti domiciliari nell'inchiesta sulle partite truccate del Catania Calcio in serie B (quella che coinvolge anche l'ex patron rossazzurro Antonino Pulvirenti): Impellizzeri era considerato il finanziatore degli incontri venduti. Ora è tornato libero, ma con obbligo di firma in Questura. A Catania, non a Panama...

Nessun commento:

Posta un commento