martedì 29 agosto 2017

Scusate per l'interruzione

Da giorni mi risuonano martellanti in testa questi versi: «il loro capo Ottavio Navarra / è stato eletto adesso sta a Roma / si è comprato un vestito decente / ma dentro ha ancora più rabbia di prima». Sono versi di una canzone dei Modena City Ramblers, La banda del sogno interrotto, dedicata a "una Sicilia che non c'è" (dall'album La grande famiglia, 1996). Quelle parole insistono nella mia mente da quando ho letto il nome di Ottavio Navarra, fondatore dell'omonima casa editrice, nelle recenti cronache politiche siciliane. È lui il candidato di Rifondazione comunista e Possibile a presidente della Regione. E non intende fare un passo indietro (a meno di improbabili unità ritrovate), dopo le solite manfrine a sinistra, tra Pd+alfaniani, crocettiani, bersaniani, dalemiani, pisapiani, convergenze di qui e di là, candidature alternative come quelle di Claudio Fava per conto di Mdp. Insomma: il solito bestiario di correnti, sigle, antipatie che anima la sinistra italiana (anche quella, in forma di partito, con la 'S' maiuscola...), in Sicilia esplode come attività magmatica.
E qui tornano le parole dei Modena City Ramblers. Chi è Ottavio Navarra? Di chi era "capo"? Quella canzone, spiegò il gruppo, era "dedicata a dei ragazzi di Palermo, conosciuti alla festa di Cuore nel '93, che malgrado le avversità continuano a lottare...". Navarra, originario della provincia di Trapani, è stato uno dei fondatori della Pantera, il movimento studentesco che dall'autunno 1989 si è esteso dalla facoltà di Lettere di Palermo al resto delle università italiane. Ottavio era uno dei leader di quel "nuovo '68". Tante battaglie politiche e civili, è stato anche corrispondente de L'Ora da Marsala, giovanissimo è stato eletto in Parlamento con i Democratici di Sinistra. Nel 1994, a 28 anni. E, appunto, «si è comprato un vestito decente / ma dentro ha ancora più rabbia di prima».
L'esperienza romana durerà poco ma poi inizierà quella regionale all'Ars, comunale a Marsala, e nella segreteria dei Ds al fianco, guarda un po', di Claudio Fava... Poi basta politica partitica, via con la scommessa della casa editrice e avanti con l'impegno sociale e culturale antimafia. Ora invece un ritorno inatteso su una scena politica dove il contrario dei sogni interrotti è una realtà da incubo.
Il quadro era chiaro già ai Modena City Ramblers. Ventuno anni fa.
Hanno sfilato in manifestazione, / raccolto distratta solidarietà / hanno pianto Falcone e gli altri, / hanno guardato sbarcare i parà / volantinato Zen e Acquasanta / e non so quanti altri quartieri / intanto il governo ha sbloccato gli appalti / e la mafia riapre i cantieri /
Non so se noi ne avremo il coraggio, / se prenderemo la via del nord / o meglio ancora via dalle palle, / fare in culo a tutti voi / perché nella banda del sogno interrotto / non sono molti i fortunati / sono in tutto quaranta persone / di cui trentotto disoccupati

sabato 12 agosto 2017

Gli ordini di Malta

Io forse mi sbaglio, ma rimango più o meno della mia idea: tra tutti i Paesi vicini all'Italia, nostri partner europei, l'inflessibilità di Malta nella crisi migratoria fa anche un po' male. Attaccarsi a (spesso) generiche questioni di principio quasi con pignoleria, beh, lo trovo eccessivo rispetto agli sforzi enormi dell'Italia. L'impressione mi è tutto sommato rimasta pure dopo aver intervistato su Quotidiano Nazionale Carmelo Abela. Un nome che tradisce indubbiamente ascendenze siciliane ma appartiene all'attuale ministro degli Esteri della Valletta...
In un passato neanche troppo lontano, il partito laburista di Malta era storicamente filo arabo. I tempi sono cambiati. Da quattro anni i laburisti sono al governo: un partito appartenente alla famiglia del socialismo europeo (come il Pd) che batte il tasto su una gestione rigorosa dei fenomeni migratori, non solo sulla tradizionale solidarietà ‘di sinistra’. Carmelo Abela, 45 anni, in Parlamento dal 1996, è stato per tre anni ministro degli Interni. Dallo scorso giugno è passato agli Esteri. Continuando ad affrontare il dossier immigrazione. 
L’Italia ha varato nuove regole per le Ong che effettuano operazioni di soccorso nel Mediterraneo. Per esempio ‘Proactiva Open Arms’, la cui nave Golfo Azzurro è stata respinta dalle autorità maltesi. Avete deciso di essere inflessibili? Ma non è contro le regole del diritto internazionale?
«Le leggi che regolano i soccorsi e gli sbarchi sono quelle stabilite dalla Convenzione dell’Onu sul diritto del mare. Malta si adegua rigorosamente al diritto internazionale, che prevede che le persone soccorse in mare debbano essere portate nel porto sicuro più vicino. In questo caso l’Italia, a Lampedusa. Per noi non era una questione di numeri (3 migranti a bordo, ndr) o di chi ha effettuato il soccorso, ma di principio».
Però la Guardia costiera italiana insiste: i soccorsi in mare sono un obbligo. Sulle coste della Sicilia arrivano migliaia di persone che scappano da guerre, persecuzioni, povertà. 
«Naturalmente siamo d’accordo che i soccorsi siano un dovere, ma il caso della Golfo Azzurro riguardava piuttosto il rispetto del diritto internazionale, per quanto riguarda il porto di sbarco». 
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Malta è un piccolo Paese, ma è indubbiamente il vicino più prossimo dell’Italia. Ed entrambi sono Paesi membri dell’Ue. Non crede che l’Italia sia stata lasciata sola? 
«Malta è il Paese più vicino all’Italia, non solo geograficamente ma anche in termini di solidarietà. Abbiamo sempre ritenuto necessaria la relocation, la ricollocazione dei migranti, anche quando c’erano meno sbarchi di adesso. Partecipiamo con le nostre forze navali alle operazioni di Frontex in Italia e Grecia. E inoltre nel 2016 siamo stati il quarto Paese Ue per richieste d’asilo pro capite. Ne abbiamo ricevute 1.900; in proporzione è come se l’Italia ne avesse avute 265mila... Malta non ha fatto nulla per bloccare l’ingresso di migranti, non abbiamo chiuso i confini come altri Stati Ue». 
Perché tutte le navi, comprese quelle che dipendono da Ong straniere, devono raggiungere l’Italia? Non è come se Malta avesse chiuso i suoi porti, come hanno fatto Francia e Spagna? 
«Ribadisco che noi non abbiamo chiuso i porti. Né facciamo distinzioni fra Ong o altre navi. Quando si tratta di sbarcare persone soccorse in mare, ci atteniamo al diritto internazionale. Le operazioni di soccorso avvengono appena fuori dalle acque territoriali libiche; il porto più vicino non è Malta, ma Tunisi o l’Italia». 
La prima Ong ad aver firmato il codice di condotta del governo italiano è stata la maltese Moas. Che cosa ne pensa?
«Il codice è puramente una negoziazione bilaterale tra l’Italia e le Ong, nessun altro Paese è stato coinvolto. Quindi non posso commentare, a parte evidenziare che non ha alcun effetto sul modo in cui Malta adempie i suoi obblighi internazionali. Nello specifico del Moas, posso solo dire che si tratta di una Ong registrata a Malta. Ci tengo a precisare che, anche se opera da Malta, la sua nave non risulta registrata nel nostro Paese (batte bandiera del Belize, ndr)». 
Prima di essere nominato ministro degli Esteri, lei ha guidato gli Interni. Ma l’immigrazione è davvero solo una questione di sicurezza nazionale o non sarebbe meglio gestirla come un tema di politica internazionale e cooperazione? 
«Il fenomeno ha chiaramente una sua dimensione esterna e una interna. A Malta anche gli aspetti operativi ricadono nel campo della sicurezza nazionale: non avendo una guardia costiera, per i pattugliamenti vengono impiegate navi militari. Abbiamo sempre sostenuto la causa di un approccio onnicomprensivo, direi olistico, al fenomeno. Crediamo che l’immigrazione irregolare verso l’Europa debba essere controllata maggiormente e trattata secondo una linea comune a tutta la Ue, in partnership con Paesi terzi».

giovedì 10 agosto 2017

Ignoranza criminale

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In pienissimo centro a Firenze, in via de' Ginori, c'è questo bel negozio che vende prodotti, perlopiù calabresi, da terre confiscate alle mafie. Lo scrivono anche fuori, in inglese. Ma sotto, ed è questo che mi ha lasciato interdetto, hanno dovuto aggiungere "non è uno scherzo!".
Perché?, ho chiesto ai proprietari. La gente non ci crede? Peggio: hanno dovuto (appunto, dovuto) aggiungere quella frase per i turisti. "Scoppiavano a ridere", mi ha detto desolata una signora reggina gentilissima. Per loro, soprattutto per gli americani, notoriamente poco avvezzi a preoccuparsi di capire come giri realmente il mondo oltre il loro grande Paese, la mafia è quella del Padrino. "Uno scempio", ha aggiunto la signora.
È un problema di ignoranza che però siamo noi stessi italiani (e siciliani e calabresi e campani eccetera) ad alimentare spesso vendendoci macchiettisticamente ai turisti stranieri. Le cartoline con i motti mafiosi, le statuine con la lupara, la coppola, la musica del Padrino suonata da ogni fisarmonica all'uscita dei ristoranti a menù fisso, più italoamericano che italiano. E così la mafia non è per loro il mostro che soffoca la nostra economia e la società, non il nemico dei giovani coraggiosi del Sud, non la ragnatela criminale del caporalato e dello sfruttamento. No, per loro è tutto un immaginario di boss eleganti, sfarzo stile John Gotti, al massimo epopea/mitologia da gangster.
Per loro la mafia è uno scherzo.
Continuate a mangiare cibo spazzatura, va'.