domenica 10 settembre 2017

Grazie che ha bevuto

Uno può leggere libri impegnati, guardare film d'autore, ascoltare musica di buon livello, ma poi alla fine, senza neanche scomodare l'alto-e-basso, Umberto Eco e la riscoperta delle culture e sottoculture pop, ci si diverte tutti con il trash, il grottesco, il comico demenziale. Tutti. Quando una decina di anni fa noi siciliani (ma non solo) scoprimmo tra le pieghe di una tv privata di Agrigento le mirabolanti e improbabili imprese, politiche e "culturali", di un barbiere che si chiamava Giovanni Bivona, ci sentimmo paradossalmente investiti del privilegio di avere finalmente anche noi il nostro "eroe" popolare-popolano-populista-pop. Era tutto finto e per questo ci piaceva, ma forse non solo per questo.
Partiamo purtroppo dalla fine. Da quel "si chiamava Giovanni Bivona". Verbo al passato perché Giovanni Bivona, ad appena 55 anni, è morto per una brutta malattia. E quando muoiono i giullari, le maschere comiche, persino le macchiette, c'è un pizzico di tristezza in più. Anche perché Bivona, che di mestiere faceva davvero il barbiere (regalava perle di saggezza nel suo salone in via Dante ad Agrigento), era sicuramente genuino e buono nella sua pur grossolana ignoranza che lo rendeva simpatico; e buono come sanno essere solo i buoni che si fanno prendere in giro e non si prendono sul serio.


«La politica è triste. Facciamola diventare allegra». «Protestiamo. Protestiamo. E protestiamo!». «Grazie che ho bevuto!». I tormentoni dello spot elettorale della primavera 2006 ormai li conoscono tutti. Si guadagnarono notorietà anche in tv e radio nazionali, che presero a sfottere l'approssimazione di Bivona senza rendersi conto che, in fondo, era lui a sfottere, più o meno consapevolmente, una certa retorica. Prese un discreto pacchetto di voti ma non fu eletto a quelle elezioni provinciali, candidato della lista Patto per la Sicilia, una delle tante para-autonomiste di quella stagione politica nell'Isola. Ma poi è diventato una piccola star, grazie all'intuito furbo di Angelo Ruoppolo e Lelio Castaldo di Teleacras, che lo lanciarono nel ruolo di improbabile e divertente commentatore dei temi più disparati, persino nella sua spassosa "rubrica e-letteraria" in cui smontava Dante, Leopardi o Shakespeare, lui che si era comunque autodefinito "Maestro di vita". Spettacolare nella pubblicità di un negozio di pelletteria, in cui sfoggiava una scarpa su una spalla. Surreale come Dalì a spasso con un formichiere per le strade di Parigi...
Inutile elencare tutte le imprese di Giovanni Bivona, ne è pieno YouTube. Ma è proprio su questo che voglio concentrare questo piccolo e inutile mio ricordo. Bivona è diventato famoso soprattutto con il passaparola. Ancora non eravamo del tutto schiavi dei social network e la voce - quasi carbonara - circolava su forum e blog, o più semplicemente tra amici (reali e non virtuali); c'era pure chi suggeriva di scaricare i suoi video su eMule! Non c'erano influencer a consigliare i suoi video, né twitstar a sponsorizzarlo, ma nemmeno finì nel tritacarne della Gialappa's, per dire.
In questa specie di preistoria Giovanni Bivona ha fatto quasi tutto da solo. E ci ha rallegrati con la sua protesta, altro che i grillini. Beviamo alla sua salute. Grazie.

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