giovedì 22 settembre 2011

Il brusco risveglio dopo una profonda fase R.E.M.


Quando alla scuola di giornalismo "Walter Tobagi" ci hanno chiesto di scrivere qualche riga di auto-presentazione, io ho concluso la mia con questa frase:
Se riuscissi a occuparmi per lavoro delle mie passioni e dei miei interessi – compresi il Milan e i R.E.M. – sarei un giornalista molto contento
Ieri sera ero allo stadio a vedere il Milan e non bastava che la mia squadra stesse perdendo, no, doveva pure arrivarmi un sms che mi avvertiva dello scioglimento dei R.E.M., la mia band preferita. Anzi, preferita non è neanche il termine giusto: in realtà non è stato ancora coniato un aggettivo adatto a descrivere il mio amore per quella band.
Diciamo che in un certo senso non mi sono stupito troppo (però per qualche minuto sono rimasto senza parole a fissare il prato verde di San Siro...), un po' me l'aspettavo. Cioè, prima o poi sarebbe dovuto succedere, ma non credevo così presto. Eppure quando è uscito Collapse into Now, l'ultimo disco del marzo 2011, avevo pensato che qualcosa, nella meravigliosa macchina chiamata R.E.M., si fosse già rotto da tempo. Io gli Ateniesi della Georgia (né greci, né caucasici, solo americani, cioè statunitensi) li ho apprezzati sempre, anche nei momenti meno brillanti, ma è inevitabile che in più di trent'anni di carriera si incappi pure in qualche passo falso. Però sono stati un grandissimo gruppo, tra i pochi che possono vantare una vera gavetta e che non si sono mai montati la testa dopo il successo. Kurt Cobain li invidiava per come erano risuciti a gestire la fama e la pressione dello show business.
Cosa resta della chiesa di Oconee St.
Un gruppo nato il 5 aprile 1980 durante una festa di compleanno (thanks, Kathleen O'Brien) in una chiesa sconsacrata, la St. Mary's Episcopal in Oconee Street, Athens, Georgia, Stati Uniti d'America. Un gruppo che suonava pure negli strip club, davanti a una quarantina di persone. Un gruppo che si faceva in pulmino tutte le strade del sud più profondo. Un gruppo che è arrivato al successo planetario con una canzone costruita sul mandolino. Un gruppo politico, politicizzato, impegnato. Un gruppo che ha insegnato a un Paese miope che il Centro America non è solo il Nebraska. Un gruppo, un grande gruppo, soprattutto un bel gruppo di amici e musicisti. Un gruppo che poteva sciogliersi molti anni fa, quando si ritirò il batterista Bill Berry. E invece il gruppo è andato avanti, anche tra difficoltà e incertezze. Adesso, intelligenti come pochi altri, hanno capito che la vena creativa non era più quella di una volta e quindi hanno salutato con modestia e discrezione.
Insomma, di cose da dire ce ne sarebbero davvero tante, ma non voglio mettermi qui a fare il fan enciclopedico. Li amo e basta. Per di più, in questi giorni avevo caricato tutta la loro discografia sul lettore mp3. Vedi un po' le coincidenze.
Ora è il momento di giustificare un post di questo tipo su questo blog: il rapporto tra i R.E.M. e la Sicilia. E non è affatto una forzatura, non foss'altro perché stiamo parlando anche dei miei ricordi personali. Ma non solo: tutto parte da Francesco Virlinzi, dalla Catania che comprava il 70% dei dischi dei R.E.M. venduti in Italia, dal Cibali quel 6 agosto 1995 (R.E.M. + Radiohead + Flor de Mal), da Peter Buck che strimpella in incognito nei pub etnei. Erano gli anni della "Catania Seattle d'Italia", quando Mike Mills suonava in Fuori dal branco del cantautore Orazio Grillo, alias Brando. E il solito Buck produceva il bellissimo ReVisioni dei Flor, suonandoci pure: quattro pezzi erano in siciliano, tre in inglese, uno aveva Natalie Merchant, amica dei R.E.M., come meravigliosa ospite.
Io non ero ancora un ascoltatore dei R.E.M., e quindi è giusto ringraziare il carissimo e vecchio amico Giuseppe Candido che mi regalò nel 2000 il singolo di The Great Beyond, da cui è cominciata la mia militanza. E poi il film Man on the Moon, con la colonna sonora dei R.E.M. e proprio The Great Beyond, visto in proiezione unica il venerdì sera al cinema di Modica. Proiezione unica, come i film d'autore. Mettiamoci pure la ricerca spasmodica di album e singoli nei negozietti di dischi della mia città: i R.E.M. sono durati più dei negozi di musica modicani, giusto per rendere ancora onore ai ragazzi di Athens.
Ma per me il rapporto tra i R.E.M. e la Sicilia è tutto racchiuso in un episodio del 16 gennaio 2005. A Bolzano, che proprio Sicilia non è. A me è sempre piaciuta l'idea di vedere i concerti dei R.E.M. in posti curiosi e infatti quell'anno, anziché Milano, decisi di andare in Alto Adige. A gennaio, faceva anche un pochino freddo. Concerto al palazzetto del ghiaccio, tra l'altro. A un certo punto, uno striscione sugli spalti ha catturato l'attenzione di Michael Stipe: se non ricordo male, diceva "Catania is here". Michael dedicò a quella città e a una terra che amava, così disse, The One I Love. Semplicemente, quella che amo. Io e il mio amico e compagno di scorribande rock Alessandro "Alex Gallagher" Iemmolo urlammo in preda all'euforia: «Vai 'mpare!!!». Un urlo che, modestamente, è udibile anche nel bootleg di quel concerto.
Tra pochi mesi riceverò per l'ultima volta, a casa mia a Modica, il singolo natalizio che la band regala(va) agli iscritti al fanclub. Il mio ultimo, piccolo, legame personale tra i R.E.M. e la Sicilia.

2 commenti:

  1. @ Stefano Rizzato
    Eh già. Come sempre, però, da apprezzare l'immensa onestà degli Ateniesi. Thanks

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