venerdì 18 maggio 2012

Il sorriso di Giovanni

«A vent'anni si è stupidi davvero, quante balle si ha in testa a quell'età», cantava Francesco Guccini. Invece un mio amico dei tempi dell'università, guarda caso a Bologna, diceva che «a vent'anni sei già vecchio, hai dato tutto nella vita». Inguaribile pessimista. Mi sono tornate in mente queste cose ultimamente, all'idea che sono già passati vent'anni dalla morte di Giovanni Falcone, della moglie Francesca e della sua scorta. Ci penso ogni anno a quel tratto d'autostrada, e non solo in coincidenza con l'anniversario. Quella tragedia mi ha segnato fin da bambino. Come quando se ne va un parente lontano, di quelli che non hai mai conosciuto personalmente ma di cui hai spesso sentito parlare. Familiare, a suo modo. Ora, però, è passato troppo tempo, appunto un'età intera, di quelle che già richiedono riflessioni e bilanci.
E allora cos'è rimasto di tutto quel dolore? Cos'abbiamo imparato da questi 20 anni? Io la risposta un po' ce l'ho e purtroppo sembra ispirata agli opposti pessimismi del Guccio e del barbuto Dario da Crotone. Dopo vent'anni, alla vigilia dell'anniversario che vedrà inesorabilmente scatenarsi le ipocrisie ufficiali, vedo che con il solito rimorso tardivo si preparano cerimonie e celebrazioni.
Il mio ricordo, quest'anno, è fatto di immagini, numeri, mappe. Per tanto tempo ho pensato a una cosa che ho visto una decina di anni fa per la prima volta. Era un ritaglio di un quotidiano inglese. Mentre in Italia i giornali parlavano di orrore, la rassegna stampa estera raccontava della "vergogna italiana". C'ho pensato davvero tante volte a quel titolo, a quel ritaglio. E ho pensato soprattutto alla difficoltà per noi italiani di riconoscere la vergogna, e non solo l'orrore.
So bene che all'estero la considerazione della mafia è strana. Non tutti riescono ad ammettere che si tratta di un fenomeno pericoloso quanto il terrorismo, spesso sembra che lo si voglia derubricare a crimine comune. E invece su questo blog ho scoperto con mia grande sorpresa che forse non è del tutto così. Nell'ultimo anno, il post che ho scritto per il 19° anniversario della strage di Capaci è stato letto oltre 3.000 volte. Il più cliccato. Forse non tutti l'hanno letto, molti ci sono finiti per caso cercando su Google "Giovanni Falcone", soprattutto sue immagini. Ed è proprio questo che mi ha colpito. Che la curiosità di vedere sue immagini da vivo è trasversale, anzi transnazionale.
Mezzo mondo è arrivato qui cercando foto di Falcone, e ci è arrivato cliccando sull'immagine del giudice sorridente che tanto mi piace. Elenco in ordine sparso i Paesi di provenienza delle visite a quel post: Francia, Svizzera (tedesca), Repubblica Ceca, Bulgaria, Tunisia, Estonia, Stati Uniti, Austria, Regno Unito, Croazia, Norvegia, Germania, Australia, Egitto, Malta. Dalla Turchia sono arrivate almeno tre visite digitando "Falcone Gioivanni", ma l'ortografia qui non conta. Su Google Serbia hanno scritto "Giovani Falkone" (anzi "Ðovani Falkone", trascrizione in caratteri latini dell'originale cirillico "Ђовани Фалконе"). A me piace tanto la geografia, in questo caso ancora di più. È persino emozionante. E ci aggiungo pure chi dalla Lettonia ha visitato un altro post dedicato a Giovanni e Francesca Falcone. Qualcun altro mi è sicuramente sfuggito.
Ecco, io non mi accodo alle frasi fatte, ai proclami scontati. Preferisco ricordare, nel giorno del suo compleanno (oggi sono 73), l'eroismo umile e silenzioso di Falcone e quelli come lui, prima e dopo di lui. Lo faccio così, notando questo piccolo passo in avanti. La curiosità, la voglia di conoscere chi è Giovanni Falcone, una volontà che va oltre i confini di questo Paese.
Diciamo che quel sorriso mi lascia una piccola speranza, nel buio del pessimismo dei venti(nove) anni.

venerdì 11 maggio 2012

E sei come non sei, nella clandestinità...

Finalmente. La Cassazione ha dato ragione a Carlo Ruta. Un blog non è una testata giornalistica, dunque non deve essere registrato al tribunale. E dunque non può essere considerato "stampa clandestina". Si chiude così una pagina molto controversa (anzi, vergognosa) del rapporto tra stampa, potere e magistratura. Carlo Ruta aveva semplicemente informato dalle pagine del suo blog Accade in Sicilia sugli intrecci tra mafia e istituzioni in provincia di Ragusa, raccontando in particolare la storia del povero Giovanni Spampinato. Un giudice, l'allora procuratore di Ragusa Agostino Fera, si era sentito diffamato e querelò Carlo. Nel 2008 il tribunale di Modica condannò in primo grado il giornalista e nel 2011 la Corte d'Appello di Catania confermò la condanna.
Ora finalmente la Suprema Corte si è espressa sulla legittimità. Che non c'è. Non erano legittime quelle condanne, cioè Carlo Ruta poteva regolarmente scrivere sul suo blog senza doverlo registrare come testata. Pazienza che gliel'hanno fatto chiudere... Il Palazzaccio «annulla senza rinvio perché il fatto non sussiste», una sentenza che in pratica mette al riparo i blogger (anche giornalisti) dalle querele di diffamazione. Fermo restando il buonsenso, naturalmente.
A Carlo comunque il buonsenso non manca. Quello è mancato sicuramente a qualcun altro. E non solo il buonsenso, a dirla tutta.

Aggiornamento del 15 settembre 2012. Pochi punti, ma chiarissimi. Sono state rese note le motivazioni della sentenza della Cassazione. La Corte Suprema ha rilevato soprattutto che «il giornale telematico non rispecchia le due condizioni ritenute essenziali ai fini della sussistenza del prodotto stampa come definito dall'art. 1 L. 47/1948 ed ossia: a) un'attività di riproduzione tipografica; b) la destinazione alla pubblicazione del risultato di tale attività». In sostanza, l’informazione che viene dal web, non solo quella che passa attraverso i blog, ma anche attraverso giornali telematici (escluse le testate che richiedano le sovvenzioni pubbliche destinate alla stampa), non può essere soggetta alle imposizioni della legge 47 del 1948.
Chiaro, in punta di diritto.

giovedì 10 maggio 2012

Uefa, 'mpare!

Al ritorno del Catania calcio in serie A dopo molti anni, Brigantony dedicò una canzone, CatAcchianau, che pure io – che non tifo affatto Catania – trovo molto carina e divertente. Chissà se il maestro del trash dialettale ha pensato a un altro inno per il Catania, magari con tonalità più europee.
C'è anche il Catania, infatti, tra le 12 società italiane a cui la commissione di primo grado per le licenze Uefa ha rilasciato l'idoneità a giocare nelle coppe europee, per la stagione 2012/2013. Mi stupisce un po' vedere nella lista la Sampdoria che gioca in B (e non il Genoa), ma il dato che più mi interessa è la presenza delle due squadre siciliane di serie A. Il Palermo, nonostante i risultati non esaltanti degli ultimi anni in Uefa/Europa League, non è una sorpresa, tutto sommato si conferma. E malgrado il presidente Maurizio Zamparini favoleggi spesso del nuovo stadio, viene fuori che il Barbera è un modello di ospitalità: anche la Lazio ha indicato la Favorita come stadio per la prossima stagione europea. All'inizio della stagione ormai quasi finita, invece si era detto che il Novara avrebbe potuto giocare a Palermo se lo stadio della città piemontese non fosse stato messo a norma.
La grande novità, però, è proprio il Catania. Per la prima volta la licenza Uefa arriva anche sotto l'Etna. Arriva a Catania, sì, ma non proprio al Cibali. Una considerazione - forse tardiva - doverosa: gli stadi sono il grande problema dell'Italia calcistica. E questa non è una notizia. Ma bisogna tenerne conto. Perché se è vero che la società di Nino Pulvirenti parla di un fatto storico «che certifica ulteriormente i progressi strutturali alla base dei recenti successi sportivi, fondati sui progetti e sul lavoro», la squadra rossazzurra potrebbe finire a giocarsi le sue eventuali chance europee non al Cibali-Massimino (dove suonarono i R.E.M. e morì l'ispettore Raciti), ma a un migliaio di chilometri più a nord. A Udine. Lo stadio indicato è il Friuli di Udine. Lo stadio dell'Udinese, appunto a Udine, Friuli.
Vuoi vedere che ci voleva la Uefa per certificare l'Unità d'Italia?

mercoledì 9 maggio 2012

Niente di nuovo sul fronte occidentale

Provare a capire qualcosa delle elezioni in Sicilia rischia sempre di diventare un esercizio talmente complicato da risultare persino inutile. Già le primarie di Palermo avevano fatto parlare tutta Italia e i commenti non erano certo dei migliori. Un centrosinistra spaccato (ma questa non è una notizia, in Sicilia e altrove), a tal punto che l'investitura da candidato se l'era presa l'outsider Fabrizio Ferrandelli contro la favorita Rita Borsellino. Poi invece Leoluca Orlando che si candida 24 ore dopo averlo negato (ribadendolo in aramaico, diceva). E ora dopo il primo turno l'ex sindaco della Primavera, "il professore", sembra lanciato verso l'ennesima riconferma, sempre che riesca a vincere al ballottaggio proprio contro Ferrandelli. Cacciato dall'Idv da Orlando, peraltro. Vabbè, non parlo volutamente del centrodestra: difficile trovare qualcuno ben disposto a fare da vittima sacrificale pronta a immolarsi sulle ceneri del fallimento di Diego Cammarata.
Come se non bastasse, c'è stata la vicenda delle percentuali incerte. Che ha interessato tutta la Sicilia e non solo Palermo. Caos nel conteggio dei voti, si è detto, un problema di errore di interpretazione della legge regionale (il sito elettorale della Regione comunque "non è attualmente consultabile per aggiornamento dati", al momento in cui scrivo).
Oltre a Palermo, si votava in altri 146 comuni siciliani, due dei quali capoluoghi, Trapani e Agrigento. Lo so che parlando della Sicilia e del suo rapporto con il potere, mafia a parte, è facile tirare in ballo il solito Gattopardo e il-cambiare-tutto-per-non-cambiare-niente. A me non piace citare quella che è ormai diventata una frase fatta, però in effetti vedendo quello che è successo nei tre capoluoghi siciliani al voto, mi sembra proprio che le cose siano andate così. L'eventuale elezione di Orlando è sicuramente un fatto imprevisto (ma non imprevedibile), eppure stiamo parlando di uno che ha già fatto il sindaco per 12 anni. Di nuovo c'è che oggi è il candidato della sinistra...
Poi c'è Agrigento. Dove il sindaco uscente Marco Zambuto è avanti al primo turno e al ballottaggio se la vedrà con il candidato del Pdl Salvatore Pennica. Zambuto è quello che presentandosi con l'Udeur si fece votare cinque anni fa dal centrosinistra e passò subito dopo al centrodestra, cioè fece una giunta centrista, tra rimpasti e mezzi ribaltoni. Ora si è candidato con l'Udc. Sindaco uscente che può sperare nella riconferma, dunque. Forse ci voleva davvero Fonziu Purtusu per una ventata di novità.
E infine Trapani. Qui il sindaco uscente Girolamo Fazio non si poteva ricandidare, ma ha fatto la sua bella lista in appoggio all'aspirante sindaco del Pdl Vito Damiano. Risultato: la sua lista è la seconda più votata, lui rientrerà in consiglio comunale e Damiano andrà al ballottaggio con l'ex deputato di Forza Italia Giuseppe Maurici. Fazio, tanto per intenderci, è quello che si è fatto propaganda con la riscrittura della Genesi in suo onore recitata da bambini trapanesi.
Certo, il 61-0 sembra ormai davvero un evento storico sbiadito. Ma se questa è la Sicilia dei laboratori politici, mi sa che di test bisognerà ancora farne tanti.

Aggiornamento del 22 maggio 2012. Breve, secco, inequivocabile. Al ballottaggio hanno vinto Orlando a Palermo, Zambuto ad Agrigento, Damiano – cioè Fazio – a Trapani. Niente di nuovo sul fronte (della Sicilia) occidentale.