giovedì 28 giugno 2012

Tutte le stragi portano a Ustica

Via di Saliceto 3/22, Bologna
Ieri era l'anniversario della strage di Ustica. Il 32esimo. Ero in consiglio comunale a Bologna all'incontro tra il sindaco Virginio Merola e i familiari delle vittime. La "novità", quest'anno, era il neosindaco (sic) di Palermo Leoluca Orlando. La presenza di Orlando mi ha fatto riflettere su una cosa. Quella strage non è siciliana solo perché l'aereo è caduto al largo di Ustica: il DC-9 era diretto a Palermo e scorrendo la lista dei nomi delle vittime si leggono tanti nomi e cognomi siciliani. A Palazzo d'Accursio, prima che cominciasse la cerimonia, a un certo punto mi ha incuriosito sentire cadenze e inflessioni sicule. Erano alcuni dei parenti che prendevano posto, e lo facevano con discrezione, quasi pudore. Erano tre signori, forse palermitani, che stavano per sedersi in fondo all'aula e non ai banchi dei consiglieri (perlopiù assenti). Quella strage è bolognese e palermitana insieme. C'è una sorta di triste gemellaggio.
Ecco perché, tra le altre cose, ho sentito alcune frasi. Daria Bonfietti, presidente dell'associazione dei parenti delle vittime, ha accolto così Orlando: «Ritroviamo un amico, una memoria storica degli anni Novanta, ma pensiamo anche di incontrare la passione di una città». Merola addirittura gli ha dedicato un «bentornato tra noi, ce n'era bisogno». E quindi il neo-di-nuovo-sindaco è diventato a suo modo il protagonista della giornata, ricordando che era sindaco ai tempi dell'istruttoria Priore. Era il 1999.
Leoluca Orlando se l'è presa con i "muri di gomma" e non ha dimenticato di essere un pasionario dell'Idv quando ha attaccato "l'Europa subalterna alle banche" («Indigna e scandalizza la posizione su Ustica di Stati che si dicono europei»). Sa tenere la scena, ormai è abituato. Non ho motivo di credere che non fosse sincera la sua emozione nel rivedere i familiari («Le lacrime a volte si asciugano, ma il dolore resta intatto») e nel promettere a Daria Bonfietti che si rivedranno ancora ogni 27 giugno. Ma in fondo quella di ieri a Bologna è stata una delle prime uscite ufficiali da sindaco di Palermo al quarto mandato.
E allora c'è stato spazio anche per qualche battuta. «È la prima volta che entro in consiglio comunale da quando sono stato eletto», ha detto Usinnacollando. Eh sì, perché ancora il consiglio palermitano quasi monocolore non si è insediato, bisogna aspettare il 9 luglio. E Orlando dice che ha passato finora più tempo negli scantinati del Comune di Palermo. Non so cosa volesse dire di preciso, ma qualcuno in aula ha sorriso. Forse parlava in aramaico e io non l'ho capito.
Era invece in italiano e ben comprensibile un altro messaggio, arrivato 32 anni fa. Ne ha parlato in questi giorni l'avvocato dell'associazione dei familiari, Alessandro Gamberini. Un necrologio un po' particolare, che lui dice pubblicato sul Giornale di Sicilia due giorni dopo la strage, ma di sicuro ve ne fu uno il 2 luglio su L'Ora di Palermo. I necrologi a volte dicono tanto. Autore: il consolato di Libia nel capoluogo siciliano. Testo: «Il Consolato Generale della Giamahiriah Araba Libica Popolare Socialista partecipa sinceramente al dolore che ha colpito i familiari delle vittime della sciagura aerea di Ustica e manifesta tutta la sua solidarietà al Presidente della Regione e al Presidente dell'ARS per questo grave lutto che ha colpito la Sicilia». Un dolore espresso in un tripudio di maiuscole. La Libia dunque c'entra, ed è per questo che i familiari delle vittime sperano che si possa interrogare Abdel Salam Jalloud, ex primo ministro di Gheddafi forse rifugiato in Italia dopo la caduta del Raìs.
Per la cronaca (e la storia), il presidente della Regione era il democristiano Mario D'Acquisto, mentre l'Ars era presieduta dal comunista Michelangelo Russo, esponente della corrente migliorista di Giorgio Napolitano. Leoluca Orlando era già consigliere comunale a Palermo.

mercoledì 20 giugno 2012

Rinviati a pregiudizio

«Anche se l'Italia ha avuto una legislazione piuttosto liberale sull'omosessualità fin dal 1861, la Sicilia rimane una delle roccaforti dell'omofobia in Europa. Alcuni degli abitanti dell'Isola esprimono attitudini omofobe che potrebbero appartenere più propriamente al Medioevo. Aperte dimostrazioni di affetto tra coppie dello stesso sesso incontrano la palese disapprovazione degli isolani intolleranti.
Non fatevi fuorviare: gli uomini siciliani sono spesso molto affettuosi, si abbracciano e si baciano sulle guance per salutarsi. Questo è un comportamento da uomini etero, e un affetto di questo tipo non ha alcuna implicazione sessuale.
Ci sono poche opportunità per i gay in Sicilia. Se siete omosessuali e volete andarci comunque, la scelta migliore è la sofisticata Taormina, a seguire le orme di visitatori del passato come Tennessee Williams e il suo compagno storico, Frank Merlo.
Se veramente volete una vacanza gay in Italia, la Sicilia non fa per voi»
La traduzione è mia, ma qualcuno le ha scritte davvero queste cose, in inglese. Nella sua quinta edizione dedicata alla Sicilia, la guida turistica statunitense Frommer's avverte i suoi lettori Lgbt (immagino che l'arretratezza medievale sicula sia da estendere anche a bisex e trans) di evitare l'Isola. Un inferno per la comunità gay. La guida è a cura di Conchita Vecchio, scrittrice e traduttrice italo-americana, anzi siculo-americana, nata a Brooklyn e ri-trapiantata a Palermo.
Io posso anche riconoscere che su certe cose la Sicilia sia arretrata, non lo metto in dubbio. E non posso escludere che molti siciliani siano omofobi. Ma l'idea di mettere la mia terra così all'indice pubblicamente proprio non la accetto. Per di più con parole approssimative e discutibili rivolte a un pubblico che già ha una concezione spesso limitata di tutto quel che c'è nel mondo circostante al di fuori dei confini a stelle e strisce. [Ecco, lo vedete, cari signori della Frommer's, qual è il rischio? Che a pregiudizi e stereotipi si risponda con la stessa moneta. E non è il dollaro, né l'euro, né tantomeno il vecchio e arretrato tarì della Sicilia arabo-normanna]
Da quando in qua, poi, l'Italia è un Paese avanzato in tema di legislazione pro-gay? Dal 1861? La semplificazione è chiara: l'Italia adottava il codice napoleonico che poi influenzò il codice civile unitario, e allora anche nella Penisola sarebbero arrivati gli influssi delle idee di Jean-Jacques Régis de Cambacérès, cui è attribuita erroneamente la decriminalizzazione dell'omosessualità. Che negli Stati Uniti – per inciso – è arrivata definitivamente nel 2003 con l'abrogazione della legge contro la sodomia. Ma, storia del diritto a parte, fa sorridere sentir parlare di "legislazione piuttosto liberale" in Italia su questi temi. Frommer's ci tiene in effetti a precisare che «questo non vuol dire che l'omosessualità sia vista con favore in un Paese cattolico». Comunque ribadiscono che «è accettata più al Nord che al Sud», e che nel Meridione si distingue in negativo proprio la Sicilia, anche se «Taormina è stata a lungo una mecca gay». La responsabilità di utilizzare il termine "mecca" se la prendano loro. E anche quella di aver scomodato Tennessee Williams. Bastava citare piuttosto Rosario Crocetta, europarlamentare ed ex sindaco di Gela. Il primo sindaco gay d'Italia.
Se non fosse offensivo quello che scrive la guida, ci sarebbe anche da sorridere. Non avrei mai pensato che salutarsi con il doppio bacio sulla guancia potesse fuorviare. Chiedo scusa a nome di decine di generazioni di siculi se abbiamo fatto credere ai dear American friends che dietro quel gesto d'affetto, educazione e calore potessero esserci implicazioni sessuali. In futuro cercheremo di essere più espliciti. Ormai che c'erano, comunque, avrebbero potuto scomodare anche i famigerati baci in bocca dei mafiosi.
Spero si capisca che le questioni sollevate dalla guida sono serissime, però trovo discutibili toni e modi. Così, anche io mi preoccupo per le donne. State attente a scippi e borseggi, «se viaggiate da sole nella maschilista Sicilia». Siamo indietro su molte cose, noi siciliani. Talmente indietro che, a leggere le illuminanti "dritte", l'oggettiva e innegabile arretratezza nell'accoglienza e nei servizi ai disabili, per esempio, è praticamente colpa dei nostri secoli di storia. Scrive ancora Frommer's: «Le stradine strette di pietra di città e villaggi siciliani, molti dei quali risalgono al Medioevo, non sono state costruite per persone che girano in carrozzella».
Ma va'? Anzi, you don't say!

sabato 16 giugno 2012

Isolani isolati #8

Dici Lampedusa e ti vengono in mente tante cose. Sappiamo benissimo quali. Se parliamo di politica, è quasi inevitabile pensare alla Lega Nord. Solo in Sicilia (e in Italia) può succedere che il partito nordista sia riuscito a sfondare nel comune più meridionale. Alle elezioni di maggio, però, il sindaco uscente Bernardino De Rubeis - che si presentava con le liste "Dino il Sindaco Buono" e "Tre Isole... un Cuore" ed era sostenuto dalla pasionaria leghista Angela Maraventano - è stato sconfitto. Addirittura è arrivato quarto, con il 17,5% dei voti, preceduto anche da altri due ex sindaci, Bruno Siragusa e Totò Martello, oltre che dal nuovo primo cittadino. Che si chiama Giusi Nicolini, storica esponente di Legambiente.
Cambiano i sindaci, com'è anche normale che sia, ma restano disagi e problemi. Il comune di Lampedusa comprende tutto l'arcipelago delle Pelagie, dunque anche Linosa e Lampione (appunto tre isole, come nella lista di De Rubeis). L'ultima è piccolissima e disabitata, ma a Linosa un po' di gente ci vive. E anche lì i problemi e i disagi non mancano. Non bastasse la frequenza irregolare della nave che porta a Lampedusa e Porto Empedocle, ci si mette adesso anche la mancanza di benzina sull'isoletta. In realtà il carburante a Linosa manca da molto tempo: la precedente giunta aveva concesso il suolo pubblico a una ditta palermitana, la Cusumano, per costruire - con le procedure speciali riservate alle opere di pubblica utilità - un distributore di benzina, che c'è ma non funziona.
Ora i cittadini di Linosa protestano, radunando le loro auto davanti alla delegazione comunale e chiudendo i negozi, e denunciano i disagi che rischiano di peggiorare con l'arrivo dell'estate. Anche perché l'alternativa è fare rifornimento a Lampedusa, dove la benzina costa due euro al litro. E pure il neosindaco Nicolini si fa portavoce delle lamentele dei linosani: «Se Cusumano non è realmente interessato a quel punto vendita, ha il dovere di dirlo chiaramente e noi ci muoveremo di conseguenza per garantire l'erogazione di un servizio di pubblica utilità». Nicolini dice anche altro: «Va garantito l'accesso ai rifornimenti. Sarebbe estremamente grave se l'idea del distributore si rivelasse un'ennesima presa in giro nei confronti di una comunità piegata per tanti anni dall'isolamento, dalla crisi e dall'abbandono». Come sempre, vanno risolti prima i problemi quotidiani, poi si può pensare ai progetti ambiziosi. Il sindaco di Legambiente si dice «convinta che Linosa debba puntare per il futuro sulla mobilità sostenibile». Ha ragione. Al momento è insostenibile.

mercoledì 6 giugno 2012

AbBarwuahti

Mario Balotelli non è siciliano. Io sono un sostenitore dello ius soli, e il fatto che Supermario sia nato a Palermo per me vuol dire semplicemente che lui è italiano. Stop, non ne faccio una questione troppo locale o localistica. Al limite, dico che Mario è bresciano, perché lì è cresciuto, dopo l'adozione dei Balotelli. Il fatto è che io ancora adesso sento alcuni palermitani rivendicare la "compaesanità" con il campione del Manchester City. Lui mi sta simpatico, non lo nascondo, ho sempre trovato eccessive ed esagerate le posizioni – spesso per partito preso – nei suoi confronti. Ma, a parte questo, parlare di lui in questo blog in effetti può sembrare forzato. Il suo legame con la Sicilia è quello della nascita, quasi casuale, a Palermo.
La Sicilia però, che lo si voglia o no, è Italia. E Mario Balotelli è italiano. A pochi giorni dall'inizio degli Europei, che in teoria dovrebbero finalmente consacrarlo, l'attaccante rimane sempre al centro dell'attenzione. Non parlo soltanto degli inesauribili tabloid inglesi. Ieri in molti hanno fatto notare l'eccesso e/o difetto di political correctness del Corriere della Sera che ha colorato di nero la sagoma di Balotelli nella formazione che dovrebbe scendere in campo per la prima partita contro la Spagna. Oggi l'altra novità. Ma questa è anche più seria. La notizia è partita, manco a dirlo, da un giornaletto inglese, il Daily Mail, però l'ha confermata ufficialmente anche la Uefa. Mario dovrebbe giocare col doppio cognome sulla maglia azzurra. Cioè "Balotelli Barwuah", sopra il numero 9. La Uefa dice di aver ricevuto il nome così sulla lista presentata dalla Figc. In realtà già in passato la federazione europea ha riportato quel cognome, anche in referti ufficiali. Comunque ha prevalso alla fine un po' di buonsenso, e Balotelli giocherà solo con un cognome, quello suo.
E io che credevo fossero ormai passati i tempi in cui, da minorenne sui campi di provincia, Balotelli si ritrovava sulle distinte con il solo nome "Mario": per la vita era un Balotelli ma per la legge ancora un Barwuah, e risolvevano la cosa chiamandolo solo per nome. Che poi in realtà lui non è stato mai un Barwuah (ma è normale che ora possa voler frequentare i fratelli naturali, loro sì Barwuah pure all'anagrafe).
Non me l'aspettavo, questa novità del doppio cognome. Qualcuno addirittura pensa che sia un bene, contro il razzismo. Sarò scemo io, ma a me sembra proprio il contrario. Così non si fa altro che sottolineare che questo ragazzone bresciano ha origini ghanesi. Origini che nessuno può negare, ovvio, ma che è fuori luogo richiamare in questo modo. Ho l'impressione che così si faccia solo un "favore" a certi razzisti da stadio, a cominciare da quelli di casa nostra, quelli che – bontà loro – ci tengono a farci sapere che "non esistono negri italiani". Mi chiedo se Platini, sempre molto attento alla propaganda e alle campagne mediatiche, si renda conto che una cosa del genere c'entra davvero poco con il "Respect" tanto predicato dalla sua Uefa.
Solitamente il doppio cognome evoca nobiltà, aristocrazia, sangue blu. Nel caso di Balotelli non può essere così: lui il sangue ce l'ha africano, e l'anima è siciliana, come scriveva qualcuno tempo fa.

P.S. Nota linguistica: nella Sicilia orientale il verbo abbarruàrisi significa sbigottire, abbattersi, confondersi, demoralizzarsi, scoraggiarsi. Quanto suona simile a Barwuah...
Qui non si vede, ma dovrebbe esserci un "Barwuah" da qualche parte...