giovedì 26 giugno 2014

Forza Publitalia

Piccolo spazio pubblicità. Cioè, piccolo si fa per dire. Non so di preciso quanto costino intere pagine pubblicitarie sul Corriere della Sera, ma una memorabile pagina 28 del 18 dicembre 2012 (in requiem di Eros, gatto morto) costò 40mila euro. Quindi non credo che la pagina 26 di oggi, 26 giugno 2014, sia costata molto meno.
Una bella spesa per dire a Marcello che i suoi amici sono al suo fianco. Bel pensiero. I veri amici si vedono nel momento del bisogno. Solo che il bisogno di Marcello è un po' particolare.
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Marcello è Dell'Utri, detenuto a Parma dal 13 giugno, condannato in via definitiva a 7 anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa. Pare che per scongiurare il suo sciopero della fame, le autorità abbiano derogato alle regole e gli concederanno più libri in cella. E poi un suo collega di partito diceva che con la cultura non si mangia...
Una facile ironia potrebbe far dire che la pagina in questione è un insieme di pizzini. Considerando però che l'iniziativa, partita dalla moglie e dalla segretaria, raccoglie soprattutto molte firme di amici e colleghi e collaboratori di Publitalia '80, beh, il dubbio che sia stata una campagna ben studiata, a me, rimane.
E quindi 84 messaggi di solidarietà per l'ex senatore appena rientrato dal soggiorno libanese. Non sto neanche a citarle tutte, le frasi affettuose di chi ci tiene a dire "siamo al tuo fianco, Marcello". Mi concedo solo qualche riflessione sparsa, spulciando in quella paginata.
C'è chi mi fa scoprire che già vent'anni fa la gente di Publitalia pubblicò il manifesto "Orgogliosi di lavorare con Marcello Dell'Utri". C'è chi spera di cavalcare l'onda social e lancia l'hashtag #BuonGoverno. C'è chi conia nuovi termini: Dell'Utri è vittima dell'invodio, «una sorta di squallido ma potente tutt'uno tra invidia e odio ad personam rivelatosi devastante». C'è chi ironizza sulla vicenda giudiziaria: «Colluso lui? Certo, e Rosy Bindi è Miss Universo...» (firmato Riccardo Braglia, direttore artistico della Fondazione Mantova Capitale Europea dello Spettacolo, per la cronaca). C'è chi cita Ronald Reagan (e perché non Margaret Thatcher?). C'è chi lo chiama MDU. C'è chi, come l'ex senatore forzista Massimo Palmizio, ci tiene a precisare che firma «da ex Publitalia, nessun significato politico». C'è chi lo ringrazia per aver fondato nel 1957 la Bacigalupo, società di calcio palermitana «che riuniva tutti i ceti sociali». Nel 1957 Dell'Utri aveva 16 anni. Ci giocò pure Pietro Grasso e Zeman cominciò lì la carriera.
Insomma, un profluvio di pensierini per un amico in difficoltà. Ultima annotazione. La grafica è sorprendentemente simile a quella delle pagine normali del Corriere. Ma ciò non vuol dire nulla: la pubblicità non è una scelta editoriale. Certo, è interessante che il giornale (evidentemente ben conscio della portata della notizia) abbia anche scelto, addirittura a pagina 9, nel comparto politico, di scrivere a firma Felice Cavallaro, il collaboratore "mafiologo" di via Solferino, un pezzo in cui si spiega la genesi di quella grande pagina – opportunamente accompagnata dalla dicitura «Avviso a pagamento». Il fratello gemello Alberto dice che tutto è stato organizzato a sua insaputa. Cioè Marcello non ne sapeva nulla. Al tuo fianco, a tua insaputa.

domenica 8 giugno 2014

La Torre di controllo

Pio La Torre e Rosario Di Salvo
Nella vecchia base militare di Comiso, quella dei missili, della Nato, degli americani, delle convergenze mafiose, sono entrato una sola volta. L'8 settembre 2002, mi pare. Concerto dei Nomadi. Un bel corto circuito storico: una band "di sinistra", popolare, pacifista, in quel luogo simbolico legato alla guerra, alle armi. Per me, quel posto aveva un solo nome: Pio La Torre. Lì ci fu la famosa marcia del 1982, di cui il segretario del Pci siciliano fu il simbolo e ispiratore. Perché seppe coniugare la vera lotta antimafia e la militanza antimilitarista.
Nel momento in cui si decise, finalmente, di riconvertire la lunghissima pista della vecchia base in scalo civile, sarebbe stato ovvio dedicare la struttura a Pio La Torre. Dal 1939 al 1973 (quando finì la prima vita civile dello scalo) era stata intitolata al generale di brigata dell'aeronautica Vincenzo Magliocco, un palermitano che combatté e morì nel 1936 nella guerra d'Etiopia, pagina storica di cui sarebbe meglio non vantarsi.
Insomma, non sono mai stato legato a quel nome, anzi, tutt'altro. E non ho problemi a ribadirlo continuamente. Non sarà "il gerarca fascista" di cui ha parlato ieri il Tg1, ma se quell'aeroporto ha ragione di esistere è per Pio La Torre. Quindi, quando nel 2007 l'amministrazione di centrosinistra re-inaugurò l'aeroporto, lo chiamò "Pio La Torre". Ma un anno dopo, la nuova giunta di destra se ne fregò e ripristinò il vecchio nome dell'aviere palermitano. Questo appunto fino a ieri, quando, ormai tornata in Comune una giunta di centrosinistra, l'aeroporto è stato nuovamente – e spero definitivamente, basta con ridicole beghe politiche da cortile – intitolato alla memoria e al nome di Pio La Torre. C'erano anche il presidente del Senato, Pietro Grasso, e quello della Camera, Laura Boldrini. Un ex magistrato antimafia siciliano e un'ex portavoce dell'agenzia per i rifugiati dell'Onu, capolista Sel in Sicilia nel 2013.
Mi ha colpito che la stampa delle mie zone abbia continuato anche ieri a sottolineare i mugugni e i malumori (presunti, stando a quel che ho letto) di chi magari potrebbe non "affezionarsi" al nome di La Torre. Evidentemente la toponomastica non è patrimonio condiviso. Ma quello che è davvero strano è che la sezione News del sito internet dell'«Aeroporto degli Iblei» sia ferma al 31 maggio (per celebrare il discreto successo dello scalo, grazie alle low cost come Ryanair), e quindi nessuna notizia. E ancora, naturalmente, non c'è nessun riferimento a Pio La Torre neanche nel logo ufficiale.
A Comiso, forse, attualmente sono più affezionati a suor Cristina?