giovedì 30 ottobre 2014

Cuore caldo e mente fredda

In Piemonte c'è un grande vulcano. Stupiti, vi vedo stupiti. Non è uno scherzo, nonostante il nome sembri quello di un parco giochi: Supervulcano. Si trova in Valsesia (provincia di Vercelli), zona nota per essere la patria dei tessuti di lusso Loro Piana e del leghista Gianluca Buonanno, prima che ambedue migrassero in Francia. C'è il Sacro Monte di Varallo, patrimonio Unesco dal 2003. Sulle rapide del fiume Sesia si fa rafting e più su in montagna si mangiano ottimi spezzatini di cervo (vi lascio immaginare quale dei due ho sperimentato...). E poi c'è lui, appunto, il supervulcano, pardon Supervulcano. In realtà non è un vulcano, era un vulcano. Nel 2009 infatti è stato scoperto questo enorme fossile (circa 20 chilometri di diametro: è un unicum al mondo, perché è visibile il sistema di alimentazione) di una caldera attiva 250-300 milioni di anni fa. Numeri da far impallidire i creazionisti.
Detto questo, dalla Valsesia alla Sicilia la distanza è tanta e sarebbe lecito chiedersi cosa c'entra un vulcano estinto sulle Alpi con la Trinacria. Ecco, ho scoperto l'esistenza del Supervulcano solo casualmente qualche giorno fa. Perché in occasione del Salone del Gusto di Torino è stato presentato un progetto, che coinvolge anche l'Anci (l'associazione dei comuni) e Slow Food, per valorizzare i territori vulcanici italiani. E qui spuntava Supervulcano, geoparco riconosciuto dall'Unesco. Progetto romantico: si chiama "Terre dal cuore caldo". Ci sono appunto i comuni della Valsesia e Valsessera toccati dal vulcanissimo piemontese, poi i parchi nazionali dell'Etna e del Vesuvio, quelli regionali dei Castelli Romani, dei Colli Euganei e delle Alpi Marittime, poi Catania, Ustica e i tre centri dell'isola di Salina. Prossimamente ci saranno anche i comuni dell'area flegrea (i Campi Flegrei sono uno dei dieci maggiori supervulcani al mondo, tipo Yellowstone), con le isole del golfo di Napoli, e quelli di Acquapendente, Orvieto e Bolsena insediati nel territorio dell’antico Vulsinio.
Un attimo. Qualcosa non quadra. L'iniziativa vuole promuovere e valorizzare tutti quei territori dalla morfologia di origine vulcanica, anche secondaria. Ci sono i grandi vulcani italiani, persino spenti, il bradisismo di Pozzuoli, la geotermia toscana e i laghi vulcanici. E la Sicilia, la terra più vulcanica d'Europa dopo l'Islanda, dov'è?
Va bene l'Etna (ci mancherebbe altro, è anche patrimonio Unesco), Ustica è un'isola di origine vulcanica, così come Salina ovviamente. Ma il resto delle Eolie? E le altre isole minori siciliane, tutte vulcaniche tranne le Egadi? Non vorrei spingermi troppo oltre e citare anche il complesso di Monte Lauro, negli Iblei, attivo nel Miocene. Io non so come sia nato il progetto, ma certamente ci sono delle lacune. Temo che la colpa sia proprio delle amministrazioni mancanti. Gli assenti hanno sempre torto. Com'è possibile che a Salina, dove i tre piccoli comuni (Santa Maria Salina, Malfa e Leni) quasi non si parlano, per una volta hanno trovato un accordo? Bravi loro. Ma perché mancano tutte le altre Eolie??? Timidamente ricordo che ci sarebbero, perlomeno, Vulcano (V-U-L-C-A-N-O!) e Stromboli. Non saranno supervulcani, ma insomma...


P.S. Da quando ho scoperto l'esistenza del Supervulcano, non faccio altro che canticchiare Supernatural Superserious dei R.E.M. Ieri ho rivisto il video e ho capito il perché: verso la fine, dal minuto 3 e 25, dietro la testa di Mike Mills si legge "toma piemontese". Profondamente valsesiano.

mercoledì 29 ottobre 2014

Trattare con sufficienza

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Trattativa s. f. [der. di trattatista]. - (polit., giur.) [fase preparatoria di un contratto, di un accordo e sim., nella quale se ne concorda la forma definitiva: aprire una t.; le t. sono fallite] ≈ contrattazione, negoziato, negoziazione, [riguardante cose venali e tirando sul prezzo] mercanteggiamento. ‖ patteggiamento.
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Dato che le parole sono importanti, affidiamoci all'efficace dizionario dei sinonimi e contrari della Treccani, che così spiega il significato della parola "trattativa". Dunque Stato e mafia, stando alla lingua italiana, avrebbero contrattato, mercanteggiato, patteggiato. Ai tribunali tocca portare la questione dal piano linguistico a quello giudiziario. Che ci sia stato, in forme mutevoli nel tempo (e nello spazio), un confronto continuo tra le istituzioni e la mafia è purtroppo un fatto accertato dalla storia, ma il processo sulla cosiddetta "trattativa Stato-mafia" è questione ben più complessa, in un Paese in cui è già difficile la definizione del reato di concorso esterno in associazione mafiosa.
Come spesso accade, ci si divide in due tifoserie opposte, come se non potesse esistere una mezza misura, che tutto è tranne cerchiobottismo, a voler essere onesti. Esiste, è esistita, a certi livelli continuerà a esistere una contrattazione (per usare uno dei sinonimi della Treccani) tra la criminalità organizzata e i poteri istituzionali. Ma mi riservo il diritto di nutrire grossi dubbi e perplessità su quella curiosa forma di giustizialismo che finisce per solidarizzare con boss pluricondannati e al contrario estremizzare un'equazione testimone=colpevole.
Sull'operato di Napolitano al Quirinale io ho più cose da ridire che non giudizi positivi, quindi non sono passibile di intelligenza col nemico. Però ieri mi è capitato di intervistare il costituzionalista Stefano Ceccanti, docente alla Sapienza ed ex senatore Pd (già mio docente a Bologna). Per lui l'interrogatorio al presidente della Repubblica rientra perfettamente nel recinto della legge, anche se il processo palermitano è di una irrimediabile fumosità. Chi pensava dunque di inchiodare il Colle ha probabilmente fallito (il capo dello Stato ha sostanzialmente ribadito cose già dette nel 1993). E la stessa vicenda giudiziaria perde credibilità. Ma intanto hanno ottenuto di interrogare Napolitano a casa sua, eh.

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sabato 18 ottobre 2014

Julius Ebola

L'Ebola è una cosa seria. Se c'è un motivo per cui l'Italia mi fa rabbia è l'approssimazione con cui i miei connazionali, peggio ancora quando sono pure colleghi, affrontano spesso certe questioni. La terribile malattia originaria dell'Africa sub-sahariana, fino a prova contraria, in Italia non c'è. I presunti casi che hanno scatenato solo le solite, inutile e dannose psicosi (soprattutto nella loro variante 2.0), si sono rivelati intanto episodi di altre malattie, perlopiù malaria. Ciò non toglie che l'attenzione sia e debba essere massima. Ma siccome io in Africa ci sono stato, peraltro proprio in Repubblica Democratica del Congo, il Paese in cui quel virus fu scoperto nel 1976, e ho adottato tutte le misure obbligatorie e consigliate di profilassi e prevenzione per le malattie infettive tropicali (ma dov'ero io si muore piuttosto di malaria, dissenteria, malnutrizione), mi infastidisce la sciatteria con cui si tratta l'argomento. In particolare dando voce a chi non ha competenza tecnico-scientifica in materia e finisce, a volte scientemente, per diffondere messaggi più pericolosi dello stesso virus.
Continuare ad additare la Sicilia come luogo a maggior rischio in Europa è un'operazione che comincia a farsi sospetta quando a farlo sono movimenti politici o associazioni di categoria che hanno sempre fatto del populismo, della demagogia e di un razzismo neanche tanto strisciante la loro ragion d'essere. Per non dire di quei banditi che usano i social network come cassa di risonanza delle peggiori schifezze. Come l'imbecille che due mesi fa fece quella cosa oscena su Facebook, con il post che parlava di tre casi di ebola a Lampedusa. Certo, come ti sbagli? Abitanti e istituzioni dell'isola hanno chiesto un risarcimento di 10 milioni per la pessima pubblicità. Una bufala vergognosa che però si era beccata i suoi bei 26mila "mi piace". Perché gli imbecilli non sono mai soli.
L'azienda americana Giant Microbes produce peluche a forma di batteri e virus. Sul serio.
Quello di Ebola è attualmente tutto esaurito. Loro lo chiamano "il T.Rex dei microbi"...
Non si possono agitare certezze né in un senso né nell'altro: la malattia è pericolosissima e la Sicilia si trova in una posizione di debolezza, geograficamente parlando. Epperò i casi finora conclamati, avvenuti tutti in altri Paesi europei o negli Stati Uniti, NON in Italia né figurarsi in Sicilia, riguardano gente arrivata con voli intercontinentali (anche in business class), non con carrette del mare. Guarda un po'. Allora sarebbe meglio non fare allarmismo e impegnarsi in controlli e prevenzione, per evitare di essere stupidamente impreparati quando disgraziatamente dovesse mai arrivare un malato di ebola in Sicilia. E non lasciare a razzisti e incompetenti il potere di decidere. Per questo esistono le tanto vituperate istituzioni: in Sicilia c'è una giunta regionale, per quanto traballante, e c'è un'assessore alla Salute, che si chiama Lucia Borsellino e giustamente informa i 5 milioni di siciliani (e altre decine di milioni di connazionali) che, per esempio, quello svizzero ricoverato a Palermo ha la malaria e non la EVD (Ebola virus disease). Così come ci sta pure che il presidente della Regione, Crocetta, provi a ragionare a mente fredda sulla psicosi: «Chiunque ha un banale raffreddore pensa di avere l’Ebola. Ho visto un allarme eccessivo, un vero e proprio panico. Sarebbe meglio che le persone si vaccinassero contro l’influenza così non pensano al virus in caso di influenza».
La cosa è seria, ribadisco. Parlino scienziati, medici, esperti. Tacciano razzisti, fascisti, xenofobi, allarmisti e complottisti. Parlino i ministri e le autorità. Tacciano quelli a cui non pare vero mettere insieme in un unico indistinto calderone di odio Sicilia e Africa. E tacciano quelli che scrivono «Alfano sarai processato se di ebola morirà un italiano». Se non altro perché, suvvia, la rima è riuscita proprio male.

lunedì 13 ottobre 2014

I Grandi Ufficiali dell'antimafia

Maria Falcone, sorella di Giovanni e cognata di Francesca, presidente della Fondazione a loro dedicata, è da oggi Grande Ufficiale dell'Ordine al Merito della Repubblica Italiana (Omri). Se lo merita, perché si tratta di una persona che si è sempre impegnata, soprattutto nelle scuole, per la legalità e la memoria e l'antimafia. L'onorificenza è stata conferita dal presidente Napolitano di sua personale iniziativa.
Il nome della professoressa Falcone si aggiunge alla sfilza di decine e decine di personaggi vari ed eventuali ai quali Napolitano (e ovviamente i suoi predecessori) hanno riconosciuto medaglie e coccarde e titoli. Niente di male, fa parte delle prerogative dei capi dello Stato; anzi, qualcuno potrebbe far notare sagacemente che è una delle principali prerogative, più che l'interventismo nella vita politica nazionale. Certo, fa riflettere questa "democrazia dell'onorificenza". Un bel titolo non si nega a nessuno, che siano parenti di vittime di mafia, piccoli eroi quotidiani, campioni dello sport, stelle dello spettacolo (l'ultimo Grande Ufficiale prima della signora Falcone, lo scorso 24 luglio, era stato Peppe Tornatore, per dire), suore, prefetti, ex politici, Letizia Moratti, tutti i leader sindacali, artisti di fama mondiale o semplici cittadini. Ecco che Maria Falcone, sorella di una medaglia d'oro al valor civile, va benissimo, a maggior ragione.
Ma siccome io sono anche un po' cialtrone, noto che una delle ultime uscite pubbliche, se non proprio l'ultima, della sorella di Giovanni risale al 9 ottobre. Una dichiarazione, peraltro condivisibile, nella quale attaccava e definiva "una cosa vergognosa" il tweet con cui Sabina Guzzanti si è permessa di esprimere solidarietà a Riina e Bagarella per i loro "diritti negati" relativamente alla deposizione di Napolitano nel processo sulla trattativa Stato-mafia. La professoressa diceva: «Si difendono i diritti di queste persone e non quelli dei magistrati che hanno emesso la sentenza, quelli del Capo dello Stato e dello Stato che rappresenta. È una cosa obbrobriosa, per la quale non bastano gli aggettivi dispregiativi». Una difesa in piena regola di Napolitano, quattro giorni prima della cerimonia al Quirinale...
Non voglio pensare male, né fare alcuna polemica, sono solo coincidenze. In questa contorta vicenda processuale, le cose sono già andate troppo oltre, a partire da uno squallido scambio di reciproche accuse: da una parte i movimentisti (e movimentati), tipo Ingroia e Salvatore Borsellino e la Guzzanti e Travaglio e i fan di Massimo Ciancimino, dall'altra gli istituzionali, quelli che "Napolitano ha già detto che non ricorda e quindi va bene così", tra cui la stessa Maria Falcone. Lo spettacolo peggiore è proprio l'insulto incrociato tra i portatori di due diversi modi di intendere la condizione di "parente di vittime di mafia", per arrivare all'apoteosi dello schifo con i battibecchi a sfondo politico-partitico. Ingroia, commissario straordinario all'abolenda provincia di Trapani su nomina crocettiana, non accetta che Maria Falcone lo critichi per aver strumentalizzato i nomi di Giovanni e Paolo per far politica: piuttosto è lei (che incidentalmente però si chiama Falcone, ndr) a sfruttare quel cognome, dice lui. Aggiungendo che non le è andata neanche tanto bene: la professoressa nel 1999 tentò invano la via di Strasburgo con i Verdi e poi più volte il suo nome è stato associato senza esiti al Pd. Poco male, almeno è Grande Ufficiale.

domenica 12 ottobre 2014

Il Megafono di Renzi

Quando Crocetta fu eletto presidente della Regione nel 2012, di fatto non aveva una vera maggioranza e infatti cercò l'appoggio (sui contenuti, si diceva) del Movimento 5 Stelle, sostanziale vincitore di quelle elezioni. Poi, come sempre in Sicilia, i gruppi parlamentari all'Ars hanno assunto nuove fisionomie, con continui cambi di casacca e trasformismi. Fino al capolavoro di Crocetta di oggi.
La sua lista, il Megafono, oggi ha sconquassato definitivamente ciò che resta del presunto centrosinistra siciliano. Il movimento dovrebbe confluire nel Pd, da Roma è arrivato il via libera all'ingresso nel partitone dei deputati regionali che fanno riferimento alla creatura di Crocetta e di Beppe Lumia. Così il gruppo democratico a Palazzo dei Normanni salirebbe da 18 a 25, una bella garanzia di solidità politica per Crocetta e la sua maggioranza, almeno sulla carta (per la cronaca, all'indomani delle elezioni il Pd aveva 14 seggi e il Megafono 5). Nonostante il risultato negativo delle elezioni suppletive, ora il presidente, infatti, sembra poter godere per la prima volta di un vero sostegno da parte del Pd.
Sì, ma quale Pd? Il via libera da Roma esautora di fatto la segreteria e la dirigenza siciliana. Nell'Isola il segretario è Fausto Raciti, "cuperliano". L'ala che fa capo a lui e ai pezzi grossi come Crisafulli e Cracolici si troverà in netta minoranza, numerica e programmatica, rispetto all'alleanza renziana-crocettiana. Grazie a ingressi come quelli dell'ex Mpa ed ex Udc Marco Forzese oppure – udite udite – di Antonio Venturino, vicepresidente Ars, grillino espulso, ora socialista di Nencini, il Pd siciliano svolterà sempre più in direzione della nouvelle vague di Matteo & Saro. E il Megafono potrà diventare, insieme ad altri gruppi di centro-centrosinistra, la porta d'ingresso per chi, provenendo anche dalle fila dei berluscones in cerca di riposizionamento, volesse rinfoltire la truppa del nuovo Pd a Palermo (e non solo: Lumia è senatore Pd ma eletto col Megafono). Una vittoria di Davide Faraone, un'altra sconfitta del Pd "di sinistra". Crocetta era comunista, una volta...
Rimane però un dubbio: Renzi si è preso la Sicilia o la Sicilia si è presa Renzi?

giovedì 9 ottobre 2014

Scacco a La Torre

Non appena venerdì scorso sono atterrato a Comiso (in arrivo da Linate), ho avuto una strana sensazione. Un bellissimo "giocattolo", pulito, ordinato, ancora immune dal caos e dalla sporcizia tipici di certi luoghi pubblici in Sicilia. Sembra un aeroporto della Lego!
Ma va davvero benissimo così, per carità. Il mio primo volo sullo scalo geograficamente più vicino a casa mia è stata un'esperienza positiva. Spero solo che si mantenga così e che funzioni sul serio, anche quando dovessero aumentare i carichi di traffico e passeggeri. Soprattutto dopo che il governo ha deciso di non chiuderlo e inserirlo nella lista degli scali "di interesse nazionale", nell'orbita di quello strategico di Catania.
Ma che non sia l'ennesimo carrozzone: a vederlo così, con i parcheggi pieni di auto (compreso quello dietro il piazzale Cittadinanza Umanitaria: sic), ho pensato che siano più i dipendenti che non gli utenti... D'altra parte, finora, ogni giorno solo una decina di aerei (su rotte italiane ed estere) tocca la lunga pista nella campagna iblea. Sempre più, comunque, degli sparuti collegamenti per Catania e Palermo che costituivano le uniche rotte della precedente vita "civile" dello scalo.
La prossima settimana non ritornerò "al nord" ancora partendo dall'aeroporto Pio La Torre, che i codici IATA identificano con la sigla "CIY". Gli orari purtroppo non sono compatibili. L'ho scoperto in questi giorni, mentre cercavo un volo per il ritorno. Pazienza.
Però non ho potuto fare a meno di sorridere (con tanto di smorfia) quando ho visto la pagina che il sito di Alitalia ha dedicato proprio alla tratta Comiso-Milano. Innanzitutto, l'ex compagnia di bandiera chiama ancora l'aeroporto "Generale Vincenzo Magliocco". Già questo basterebbe a farmi innervosire. Ma il capolavoro vero è la grafica con cui Alitalia ha voluto celebrare il nuovo collegamento.
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Una fiera dei luoghi comuni che avrebbe figurato benissimo in quella che anni fa avrebbe potuto essere la mia tesi di laurea in antropologia culturale sugli stereotipi nell'industria turistica. Non la scrissi mai, preferii concentrarmi su altri stereotipi. Vabbè, lasciamo perdere le mie strane idee... Quello che resta però è un mirabile esempio di come non riusciremo mai a spogliarci di certi pregiudizi e convinzioni. Da una parte una chiesa barocca, le palme, il carretto e poi una sensualissima donna occhialuta e cappelluta, uno stereotipo perfetto della turista del nord che si presume pronta a farsi corteggiare dai masculi terroni. Dall'altra parte, il Duomo con la Madunina, via Montenapo e due malati di shopping, eleganti e chic come solo gli hipster e i metrosexual milanesi sanno essere.
Io forse esagero, ma il contrasto è stridente. Tra il sud luminoso, che vive del suo eterno giorno soleggiato e indolente, e il nord notturno, à la page, che gode i privilegi della sua esclusività.
Chissà, forse con i "cugini" arabi di Etihad andrà meglio...
Alitalia prova almeno a riscattarsi ricordando che con Comiso si può scoprire «una città che racconta secoli di storia, con un ricco patrimonio culturale, che ha dato i natali allo scrittore Gesualdo Bufalino, Premio Campiello con il romanzo Dicerie dell'untore e Premio Strega con la sua opera Le menzogne della notte». Voglio solo ricordare che il vecchio Bufalino, che il Nord lo amava, nell'ultima intervista prima di morire, liquidò certe pretese secessioniste come "Stupidania".

martedì 7 ottobre 2014

Dopo di lui, il diluvio

«Ti informo che le condizioni meteo avranno un miglioramento dalle 17 alle 19, grazie per il sostegno che vorrai esprimere». L'ho visto con i miei occhi. Intorno alle 16 di domenica, quando il maltempo imperversava sulla Sicilia sud-orientale, ad alcune persone è arrivato questo sms. Firmato: Pippo Gennuso. Eh sì, pur di riottenere il seggio all'Ars (stavolta in quota Forza Italia), il di-nuovo-onorevole di Rosolini ha scomodato persino Giove Pluvio. Insomma, "guarda che tra poco dovrebbe smettere di piovere, c'è ancora tempo per andare a votare, votare per me, naturalmente". Pure nell'epoca dei social network, le vecchie buone maniere funzionano sempre.
E così Gennuso ce l'ha fatta, come ampiamente annunciato. Era più prevista la sua rielezione che non la pioggia torrenziale. Le elezioni suppletive di Pachino e Rosolini, motivo di grande dileggio a livello nazionale nei confronti della Sicilia (forse qualcuno a Palermo ancora non se ne era accorto...), hanno confermato alcune cose. Cioè che la Sicilia tendenzialmente, come ebbe a far notare persino Angelino "Quid" Alfano, vota a destra, comunque moderato, insomma post-democristiano. Crocetta, l'indubbio sconfitto di questa elezione-farsa, sta provando a pescare proprio lì, in quella sterminata e paludosa area, lui ex comunista, per garantirsi una sopravvivenza politica. La sua sconfitta è certificata non solo dal fatto che all'Ars non avrà più l'ipotizzato sostegno di Pippo Gianni (il duello vero, a Rosolini e Pachino, era tra lui e il quasi omonimo Gennuso), ma anche dalla vittoria e riconferma risicata di Bruno Marziano come deputato regionale Pd. Gli sono bastati 47 voti in più per superare il renziano Cafeo, sponsorizzato dallo stesso governatore. Quindi, in attesa dei soliti inevitabili ricorsi, si allarga la frattura nel centrosinistra, che in sostanza le elezioni del 2012 non le ha mai vinte. Saro, il rivoluzionario della giunta "pirotecnica", l'ex sindaco dei Comunisti Italiani, è stato abbandonato dall'ala sinistra del Pd.
Gennuso, l'uomo dei bingo, ha vinto invece la sua lotteria. Pippo da Rosolini come Luigi XV: dopo di lui, il diluvio.