giovedì 11 dicembre 2014

La verità adulterata

La storiaccia del piccolo Loris nel Ragusano è davvero triste, brutta, sconfortante. Non è uno di quegli argomenti che cattura troppo la mia attenzione, se non naturalmente entro i normali limiti dell'umana pietà. Però ieri sera al telegiornale ho sentito una cosa che mi ha davvero infastidito, urtato, intristito. Insomma, scegliete uno stato d'animo negativo e quello l'ho provato ieri sera. Il padre di Loris, Davide, a un certo punto, per negare risolutamente le voci che in paese mettevano in dubbio la fedeltà della moglie, la Veronica oggi in carcere, ha detto una cosa tipo "può anche essere l'assassina di mio figlio, ma escludo che possa avermi tradito". Semplifico, ma fidatevi, il senso è quello. Dunque Veronica Panarello è una brava moglie, pure una brava mamma, come qualche giorno prima aveva detto lo stesso Davide.
Ho avuto un sussulto, una reazione immediata, che mi ha fatto capire che in realtà non sempre il grottesco fa ridere. Sì, perché le parole del signor Stival sono praticamente le stesse che mesi fa mi capitò di sentire in una replica a tarda sera di Made in Italy, film a episodi del 1965 di Nanni Loy. Nell'episodio Usi e costumi c'è infatti un sicilianissimo Lando Buzzanca, alias Giulio, innamorato della sua Rosalia, che però non si lascia mai baciare. Allora Giulio, per vederci chiaro, chiede informazioni a un amico carabiniere. In breve, Rosalia è autrice di mille nefandezze: ladra, rapinatrice, manesca, violenta. Ma a lui non interessa: è sollevato quando sa che Rosalia non è venuta meno alle sue virtù di donna. L'importante è che sia illibata.
Tornando a Santa Croce Camerina, Davide Stival, già nel contesto di una storia di plausibile squallore familiare, ha suscitato in me questo grande fastidio. Mi ha fatto male, anzi schifo, sentire parole e concetti che non mi sono mai appartenuti, che personalmente ho sempre collocato nella sfera del grottesco, della macchietta, dello stereotipo buono per le risate da cinema. Mi hanno fatto schifo quelle parole, perché raccontano di una Sicilia e di siciliani che io non conosco, dis-conosco. Io non c'entro con la Sicilia del presunto onore maschile, maritale, virile, e quella Sicilia non c'entra con me. La mia Sicilia è quella del rispetto tra uomo e donna, non quella che sembra ignorare il nuovo diritto di famiglia (nuovissimo: così come inizialmente riformato nel 1975, direi...). Non quella in cui un uomo, un marito, un padre, un lavoratore, ribalta la morale e si preoccupa delle sue corna più del sangue del suo sangue sparso sulla nuda terra in una contrada desolata.
Mi spiace per questa storia tragica e sconfortante. Povero Loris, povera famiglia, povero paese. Ma mi spiace anche per questo messaggio di Sicilia sciascianamente "irredimibile", come se l'Isola fosse rimasta la terra arcaica e tribale che decenni di commedia di serie B hanno raccontato tra sghignazzi, occhiolini e  gomitate di complicità. Mi sono rotto, vorrei far uscire immediatamente dal mio vocabolario la parola "onore". Basta. Hanno ammazzato un bimbo, cazzo. Tenete alto l'onore, mi raccomando.

Nessun commento:

Posta un commento