mercoledì 28 ottobre 2015

Palermo val bene una messa

Ieri a mezzogiorno le campane della chiesa madre di san Pietro a Modica suonavano a festa. Credo che non aspettassero altro che l'ufficialità, dopo giorni di indiscrezioni che in realtà nessuno avrebbe potuto smentire. Don Corrado Lorefice, 53 anni, è dunque il nuovo arcivescovo di Palermo. Una notizia che ha suscitato nei miei compaesani (ero a Modica proprio ieri, peraltro) reazioni positive, orgogliose. D'altra parte, sentire il nome della tua città tra le prime 3-4 notizie di tutti i tg nazionali e sulle pagine principali dei giornali, non è cosa da tutti i giorni. A meno che non si parli del cioccolato all'Expo, del campione olimpico di scherma Giorgio Avola o del cantautore del futuro Giovanni Caccamo...
Non conosco personalmente don Corrado, ma sapevo già del suo impegno sociale, antimafia, di Libera, di don Pino Puglisi (afferisce peraltro a san Pietro la Casa Don Puglisi, una delle più dinamiche realtà sociali della città di Modica), degli scritti su don Dossetti. Un prete giovane e "impegnato", un semplice parroco, perfetto in accoppiata con don Matteo Zuppi, nuovo vescovo di Bologna, prete dei poveri in una curia tradizionalmente "rigorosa" (diciamolo: conservatrice). Ecco, un mio compaesano (originario di Ispica, in realtà) guiderà la diocesi più importante della Sicilia, mentre nella città in cui vivo adesso tocca a un outsider che arriva dalla Comunità di Sant'Egidio.
Da osservatore laico, per quel che ne capisco e nella parzialità delle mie idee, mi fa piacere. Un altro coup de théâtre di papa Francesco!
Con i neo-arcivescovi Lorefice e Zuppi, ho scoperto, condivido l'interesse per le vicende del Nord Kivu, la più martoriata delle regioni congolesi. Potevo immaginarlo, anzi lo speravo, a proposito di don Corrado: la parrocchia di san Pietro, gemellata con Lukanga, è stato uno dei nuclei storici da cui partì nel 1988 l'esperienza del gemellaggio tra la diocesi di Noto e quella di Butembo-Beni. Proprio a Lukanga, quando era vicerettore del seminario di Noto, don Corrado Lorefice portò i seminaristi a fare gli esercizi spirituali... E un mese fa era a Muhanga, nella missione in mezzo a montagne e boschi del piemontese don Giovanni Piumatti e della missionaria modicana Concetta Petriliggieri, dove io ho imparato molte cose, sull'Africa e non solo.
Io, per concludere su un prete che non conosco di persona, prendo a prestito le parole di un prete che invece ho conosciuto, appunto padre Piumatti: «Don Corrado il mese scorso era qua a Muhanga. Anche i ragazzi, le mamme e i giovani hanno avuto la stessa impressione: non sembra un sacerdote eccezionale. Ha doti umane semplici e profonde che contengono una fede seria, visibili a Muhanga come a san Pietro di Modica. Ora, che papa Francesco, la Chiesa, lo scelga come Vescovo di Palermo, Arcivescovo!, scavalcando le prassi comuni, mentre gli apostoli discutono fra di loro per strada… o nei corridoi, è questo il fatto eccezionale». Grazie Padiri. Sono sicuro che monsignor Lorefice saprà trasmettere a Palermo la sua umana (stra)ordinarietà, nel nome di don Puglisi, del beato Pino che in tanti ora vorrebbero, giustamente, compatrono della capitale siciliana (e intanto un discepolo di don Puglisi, monsignor Carmelo Cuttitta, da Palermo andrà a fare il vescovo a Ragusa). Un bel cambiamento, nella "Sagunto espugnata" di cui parlava il cardinale Pappalardo...

martedì 20 ottobre 2015

In questo Vallo di lacrime

Sono pignolo. Lo ammetto e non me ne vergogno. Quasi me ne vanto, certe volte.
Ecco, c'è una cosa che mi ha sempre fatto innervosire tanto. Un errore che commettono molti colleghi giornalisti, ma che diventa ancora più imperdonabile se commesso da altri. In breve: non posso negare l'orgoglio di provenire da una terra che l'Unesco ha dichiarato "patrimonio dell'Umanità". Questa terra, quella delle città tardo-barocche risorte con arte e ingegno dopo il devastante terremoto del 1693, si chiama Val di Noto. IL Val di Noto. Non la Val di Noto. Non esiste una "Valle di Noto". Dunque è un grave errore continuare a scrivere che Caltagirone, Militello in Val di Catania, Catania, Modica, Noto, Palazzolo, Ragusa e Scicli sono "le città tardo-barocche della Val di Noto", che l'Unesco ha ritenuto meritevoli del riconoscimento nel 2002.
Chiaro? Per molti no, ed è comprensibile. L'errore l'ho letto persino su testate locali, figurarsi. E questo, a me che sono un patito (appunto pignolo...) della geografia, sembra assurdo. Ma che per tanto tempo la dicitura sbagliata campeggiasse persino sul sito Internet della Commissione Nazionale Italiana dell'Unesco... Ci sono ritornato davvero per caso un paio di giorni fa e l'errore era sempre lì. A quel punto, da vero pignolo, ho scritto a Unesco Italia.
Ho scritto questo. Che appunto non esiste la Val di Noto. Che insieme al Val Demone e al Vallo di Mazara (d'altra parte, si chiama Mazara del Vallo, no?), il Val di Noto costituiva le suddivisioni della Sicilia dagli arabo-normanni ai Borboni fino al 1812. E che "vallo" è termine amministrativo di quasi certa derivazione araba, mentre è rigettata ormai unanimemente la pretesa che la definizione possa aver a che fare con le valli della geografia fisica.
La pignoleria ha avuto ragione: con cortesia e sensibilità, Unesco Italia ha rimosso dal sito web la dicitura errata. Piccola soddisfazione personale. Peccato che il link indirizzi comunque alla pagina ufficiale dell'Unesco dove, almeno in francese e spagnolo, è replicato lo stesso errore...