martedì 8 dicembre 2015

Il ponte sul traghetto di Messina

Dopo la tragedia dei 31 morti nel 2009 sotto il fango di Giampilieri, qualcuno a Messina notava che il Ponte sullo Stretto non era certamente l'urgenza principale: «La Sicilia e il Sud hanno altre priorità. Parlare poi della costruzione del ponte all'indomani di una tragedia ambientale con trenta morti e centinaia di sfollati è, tra l'altro, offensivo. Il nostro territorio ha bisogno di risorse per ripristinare i danni dell'abusivismo e per costruire infrastrutture veramente indispensabili. Le priorità sono strade e ferrovie che garantiscano la crescita delle nostre terre, non progetti faraonici, di dubbia attuazione, vere e proprie cattedrali nel deserto utili solo alla celebrazione di un governo del fare che in realtà sa fare solo annunci». Citazione lunga, ma doverosa. Degna di un vero attivista "no Ponte". Tipo Renato Accorinti, attuale sindaco di Messina, tra l'altro.
Come dite? Non l'ha detto Accorinti? Ah.
E in effetti no, quelle frasi, ovvie e scontate, le disse uno che fino all'anno prima era stato sindaco di Messina. Un sindaco molto diverso dal pacifista con i sandali, però. Francantonio Genovese, allora ras del Pd siciliano (eletto segretario in era veltroniana con l'85% dei voti alle primarie), era contro il Ponte sullo Stretto. Ma per motivi diversi da quelli di Accorinti. Infatti è azionista e dirigente di Caronte&Tourist, la principale compagnia privata di traghetti dello Stretto, guidata dal gruppo di Pietro Franza, l'ex presidente del Messina calcio. Quindi le ragioni, forse, erano molto più materiali che ideali...
Questo solo per dire che non c'è troppo da stupirsi se Genovese, libero da pochi giorni dopo l'arresto per il caso dei finanziamenti alla formazione professionale, è ora passato armi e bagagli – insieme ai suoi fedelissimi a Roma, Palermo e Messina – dal Pd che lo aveva scaricato (e infatti lui ha il dente avvelenato con il segretario-premier) alla rediviva Forza Italia. Nessuna sorpresa. Genovese, mister preferenze nel 2012 alle "parlamentarie" democratiche (quasi 20mila voti, campione d'Italia con largo distacco), viene dalla Dc, da quella parte che è stata con Buttiglione e poi con Cossiga e in altri centrodestra. Poi, fiutata l'aria, Genovese è diventato il signore delle tessere del Pd siciliano. E ora invece se ne va con Berlusconi. Tutto merito della campagna acquisti, affatto nascosta, di Gianfranco Micciché, figliol prodigo sulla strada di Forza Italia alla ricerca di un nuovo 61-0. Non tutti sono contenti, comunque. I renziani ironizzano. Qualche forzista dice che così si scimmiotta il Pd. La rottamazione del traghetto?

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