lunedì 5 dicembre 2016

Il residente della Repubblica

Sergio Mattarella è stato eletto presidente della Repubblica il 3 febbraio 2015, poco meno di due anni fa. Sergio Mattarella è stato deputato a Roma dal 12 luglio 1983 al 28 aprile 2008, poco meno di 25 anni. Sergio Mattarella ha avuto nella sua carriera sei incarichi di governo. Sergio Mattarella è stato giudice costituzionale per tre anni e mezzo.
Che invidia... da più di 30 anni vive a Roma. E ora fa un mestiere certamente prestigioso!
Sergio Mattarella nel suo seggio elettorale a Palermo
Ma poi, in pieno svolgimento del referendum costituzionale, guardo il Tgr Sicilia delle 14 e tra le notizie d'apertura spicca: "il presidente Mattarella ha votato a Palermo, nella scuola Giuseppe Piazzi, vicino a casa sua in via della Libertà 66" (dove la mafia uccise il fratello Piersanti). Cosa??? Il presidente della Repubblica, carriera trentennale nella Capitale, è ancora residente in Sicilia?
Sergio Mattarella è ufficialmente il mio mito mite. Ancora adesso, nell'incertezza post referendum (e la Sicilia, en passant, è stata con la Sardegna la regione più decisa sul No: oltre il 70%) che riguarderà soprattutto lo stesso Mattarella, il composto e discreto giurista palermitano mi suscita un moto di ammirazione, stupore, forse persino tenerezza.
Mattarella, insomma, è un fuorisede... Anche io sono rientrato in Sicilia per votare, anche io, dopo 14 anni di permanenza fuori dalla mia terra girovagando per il Nord Italia, ho per ora mantenuto la residenza qui. Ma il Presidente no, non me l'aspettavo proprio. Ero troppo abituato all'idea di Napolitano residente superstar dell'esclusivo rione Monti. E pure Berlusconi nel 2013 aveva preso la residenza a Roma, tanto per dire.
Eccoli i paradossi dell'Italia. Ai fuorisede, siano studenti o lavoratori (io sono stato entrambe le cose), non è permesso votare fuori dal loro comune di residenza. E sono tanti. Ricordo ancora perfettamente il Nichi Express del 2005 e il Rita Express del 2006: ero a Bologna e tantissimi giovani partirono così verso la Puglia e la Sicilia, con treni a tariffe speciali, per poter esercitare il loro diritto di voto nei paesi d'origine. Nichi era Vendola, Rita era Borsellino, per correttezza.
E poi? Fuorisede in Italia e all'estero, compresi gli Erasmus, non residenti in un altro Stato ma lì solo temporaneamente, costretti a spendere per un sacrosanto diritto di partecipazione. Esiste l'escamotage, ormai lo sanno tutti, è legale, non c'è nulla di male: fare richiesta come rappresentanti di lista, in caso di consultazioni come i referendum. Io l'ho fatto due volte, 2006 e 2011, Ravenna e Milano. Ma non me lo sarei visto mai Sergio Mattarella in un seggio romano con la spilletta di un comitato del Sì o del No...
Però almeno si è fatto un weekend a casa, in famiglia, come un vero fuorisede del Sud. Prima di tornare al lavoro. E che lavoro...

giovedì 24 novembre 2016

Sicilianum

D'accordo, c'è il referendum costituzionale, ma quasi tutti concordano che la vera partita politica si riaprirà con la discussione su eventuali modifiche della legge elettorale per la Camera, l'Italicum. Il presidente del Consiglio Matteo Renzi ha trovato un accordo con parte della minoranza Pd (Cuperlo): via il ballottaggio, premio alla coalizione e collegi al posto delle preferenze. La chiave è proprio il superamento del ballottaggio: così vincerebbe, con premio di maggioranza, chi dovesse arrivare primo nell'unico turno. Dunque premio alla coalizione (non al singolo partito), con tanto di probabile riedizione di larghe intese e dintorni. E senza ballottaggio, si fa dura per il Movimento 5 Stelle.
Ora, di questo di discuterà dopo il referendum. Ma intanto qualcuno è già avanti... Poteva smentirsi il laboratorio-Sicilia? No che non poteva. Così il 9 agosto scorso la Regione ha approvato una nuova legge elettorale per le amministrative – nei Comuni oltre i 15mila abitanti – che prevede il superamento del ballottaggio, l'elezione al primo turno del candidato sindaco che supera il 40% dei voti, il meccanismo del "trascinamento" (cioè il voto alla singola lista o al candidato consigliere va automaticamente all'aspirante sindaco: un incentivo a creare ampie coalizioni), consigli comunali blindati grazie al premio di maggioranza del 60% dei seggi. Insomma, si sancisce il principio dei sindaci di minoranza... Ecco la fredda cronaca dei numeri: in Sicilia il M5S amministra 8 Comuni (sui 38 totali in Italia), con questa legge avrebbe conquistato immediatamente solo Alcamo tra i "grandi". Inoltre Leoluca Orlando e Renato Accorinti non sarebbero stati eletti a Palermo e Messina.
Non è solo teoria. Domenica 27 novembre la nuova legge elettorale siciliana (i grillini l'hanno chiamata Truffarellum) troverà la sua prima applicazione concreta, con le elezioni per sindaco e consiglio comunale a Scicli. Si vota anche ad Altavilla Milicia, nel Palermitano, ma lì restano le normali regole per i comuni più piccoli. Entrambe le amministrazioni furono sciolte per mafia. Ma alla fine l'ex sindaco di Scicli, Franco Susino, è stato assolto mentre per gli altri imputati è caduta l'accusa di associazione di stampo mafioso. Detto questo, tuttavia, a Scicli si vota lo stesso.
Oltre alla novità della legge, il caso della città barocca è significativo per motivi più politici. I candidati sindaco sono cinque, tre hanno una sola lista a loro sostegno. I due contendenti principali, Rita Trovato ed Enzo Giannone, hanno invece un esercito di liste dalla loro parte. Il Pd ha rinunciato a fare le primarie e ha scelto l'avvocato Trovato, sostenuta dal centro-centrosinistra (Udc e Ncd su tutti), mentre il professor Giannone, uomo di sinistra da sempre, ambientalista, progressista, antimafia, si ritroverà anche il sostegno del movimento dei Forconi (sic) e forse di una parte di Forza Italia. Ah, il partito di Berlusconi non ha un suo candidato...
Ecco, si possono fare riforme, cambiare la Costituzione e le leggi elettorali, ma poi alla fine quello che conta è la politica. Che in Sicilia è l'arte dell'impossibile.


Aggiornamento del 28 novembre 2016. Enzo Giannone ha vinto al primo turno, con circa il 47% dei voti. Come volevasi dimostrare, la nuova legge elettorale siciliana ha avuto subito gli effetti cercati. Soglia del 40% superata, ballottaggio "scongiurato". Ma, dettaglio tutt'altro che secondario, solo il 64% degli sciclitani è andato a votare. Forse il problema non era la legge elettorale...

lunedì 12 settembre 2016

Cattività sportiva

Più di quattro anni fa, esprimevo già su questo blog la mia sostanziale contrarietà all'organizzazione dei Giochi Olimpici a Roma. Allora si parlava dell'edizione del 2020 che poi è stata assegnata a Tokyo. Il governo Monti disse di no, memore dei disastri del passato e consapevole dello stato dei conti pubblici. Nel frattempo sono cambiati i governi e i sindaci di Roma, e la Capitale è stavolta ufficialmente nella short list del Cio, insieme a Parigi, Amburgo, Budapest e Los Angeles, come città candidata a ospitare i Giochi del 2024. Giochi che la nuova giunta del Movimento 5 Stelle (ma soprattutto il vertice extraparlamentare del partito) non vuole. Tra chi auspica prove di forza del governo Renzi per scavalcare il diktat grillino e chi invece pensa che l'Italia non sia adeguata a ospitare grandi eventi del genere, tra chi dice che solo così si possono riattivare investimenti pubblici e chi al contrario fa già l'elenco degli "amici degli amici" che se ne potrebbero arricchire, insomma il dibattito è infinito, forse inconcludente. E i romani? Il Censis dice che sono in maggioranza favorevoli, tra città e provincia. Secondo altri invece non ne vogliono sentire parlare.
E allora che cosa succede nel "bel paese là dove 'l sì suona"? Succede che a dire "sì" sono di più gli altri... Tipo Roberto Maroni che, evidentemente ignorando i regolamenti del Cio, avanza un sogno olimpico per Milano in sostituzione della riluttante Roma, che prima ancora di essere grillina è pur sempre sprecona. Ma sarebbe impossibile per il 2024. E se il Cio non scegliesse Los Angeles, in virtù del nuovo criterio della rotazione dei continenti, a un'altra città europea non toccherebbe più prima del 2032. Il tempo c'è.
Ma intanto, a sparare degli improbabili "sì" si scatenano i personaggi più disparati. Sui social si legge persino di gente che propone Sibari... Oppure, e qui viene il bello, arriva Gianfranco Micciché, figliol prodigo di una Forza Italia in disarmo, che dal suo status di commissario del partito berlusconiano in Sicilia azzarda una candidatura unitaria di tutta l'Isola. Vale la pena riportare per intero il virgolettato (e smontarlo pezzo per pezzo): «Dopo il no di Grillo alle Olimpiadi, chiedo a Crocetta la candidatura di tutta la Sicilia. Il tempo c'è. Bastano un governatore serio, dei sindaci capaci e un'interlocuzione costante e qualificata col governo nazionale. Del resto, a Trapani portammo la Coppa America e ci prendevano per pazzi. Solo che la nostra poi si è rivelata una sana e lucida follia ed è cambiata una città; quella di Grillo e company è follia pura».
Lo sanno tutti che a ospitare i Giochi Olimpici si candidano singole città, non regioni o chissà che altro. Per questo nel 2009 non fu accolta la pur bella e suggestiva candidatura congiunta di Hiroshima e Nagasaki per il 2020. Se quella di Micciché è una provocazione, come molti hanno commentato sbrigativamente, è provocazione inutile, fine a se stessa, tanto per buttarla in caciara e in schermaglie politiche da Bar Sport. Micciché aveva sfidato Crocetta alle regionali del 2012 e non ricordo di aver sentito parlare di Olimpiadi siciliane come elemento caratterizzante di alcun programma elettorale... I riferimenti al "governatore serio" e a "un'interlocuzione costante e qualificata col governo nazionale" sono solo punzecchiature in vista dei prossimi appuntamenti elettorali. Però intanto pure il segretario provinciale del Pd di Palermo, Carmelo Miceli, avanza il subentro del capoluogo siciliano al posto di Roma. Quanto sia attrezzata la città, non saprei: aspirava a essere Capitale europea dello sport 2016 ma le è stata preferita Praga.
Infine, la Coppa America. Un bell'evento, le regate 8 e 9 della Louis Vuitton Cup a Trapani. Era il 2005. Però le inchieste giudiziarie hanno parlato di appalti pilotati dalle cosche legate a Matteo Messina Denaro, di corruzione, di soldi intascati senza completare o nemmeno iniziare i lavori, di politici di spicco coinvolti, come l'ex presidente della Provincia ed ex sottosegretario nel governo Berlusconi, Antonio D'Ali. Parte del porto fu pure sequestrata. E non basta: il primo "grande evento" della Protezione civile targata Guido Bertolaso fu proprio la manifestazione velistica a Trapani. Il sistema degli appalti e delle deroghe eccezionali partì da lì. Bertolaso era pure commissario straordinario designato dal governo Berlusconi ad hoc per l'evento. A Trapani, da allora, esiste una via dei Grandi Eventi (sic), dedicata in un battibaleno a quelle due settimane scarse di regate. Poche ore per deliberare, mentre le vittime di mafia hanno dovuto attendere anche vent'anni per vedersi riconoscere un briciolo di memoria. Altro che "sana e lucida follia"...

martedì 6 settembre 2016

La banda dei neomelodici

Succede che a Siracusa venga ospitato uno spettacolo di cantanti neomelodici e rapper nel campetto di una parrocchia gestita da un prete molto impegnato sul fronte dei migranti. Talmente impegnato che tre anni fa fu arrestato e poi subito prosciolto per un presunto giro di falsi permessi di soggiorno. Succede che l'avvocato di don Carlo D'Antoni era la deputata nazionale Pd Sofia Amoddio, membro della commissione Antimafia, dove siede anche Davide Mattiello, torinese e da anni esponente di Libera. E succede che Mattiello, anche lui del Pd, abbia denunciato che tra gli organizzatori dello spettacolo di sabato scorso a Borgo Minniti, Siracusa, c'erano pure Concetto e Seby (all'anagrafe Sebastiano) Garofalo, padre e figlio, condannati a 8 e 3 anni per estorsione ai danni di un imprenditore, ora sotto protezione in località segreta. Succede dunque che la vittima sia costretta a una vita da fuggiasco, mentre i "carnefici" non solo evadono dai domiciliari ma si prendono pure gli applausi della piazza in un posto che sulla carta dovrebbe respingerli. Magari gli applausi andavano ai vari "artisti", dal presentatore Angel alla star della serata Daniele De Martino, rapper palermitano di Borgo Vecchio autore di Nu guaglione 'e quartiere, dedicata al rapinatore Gaetano Castiglione, detto 'O spara spara. Ma magari gli applausi erano davvero anche per gli organizzatori della "bella serata"...
Quello che colpisce non è solo l'ennesima dimostrazione di controllo del territorio della criminalità, ma una singolare concentrazione di impotenza e sottovalutazione del fenomeno da parte delle autorità e delle istituzioni. Perché è vero che c'è la cosiddetta "emergenza migranti", è vero che a Siracusa c'erano i mondiali di canoa polo (sic), è vero che di scuse se ne possono trovare tante, ma è strano che si decida, evidentemente per non turbare l'ordine pubblico, di non bloccare il concerto e limitarsi a filmarlo e redigere un verbale (magari ci faranno pure un bel bootleg). La domanda se l'è fatta appunto in Antimafia l'onorevole Mattiello, non prima di aver mandato, già venerdì, un messaggio alla collega Amoddio: cara Sofia, nella tua città succede che... Succede che lo Stato, che poi chiede alle vittime del racket di denunciare, all'occorrenza non si rende conto che gli stessi estorsori fanno soldi con concerti, partite di calcio, processioni. E gli unici a guadagnare prestigio e consenso sociale sono i boss e i guaglioni 'e quartiere.

domenica 15 maggio 2016

Quando eravamo emiri

Il progetto risale in realtà ad almeno un paio d'anni fa, ma io l'ho scoperto solo da pochi giorni, dopo che è stato rilanciato da Rivista Studio. Amo l'Africa, amo la Sicilia, amo la storia e amo la geografia, quindi il progetto Alkebu-Lan dell'artista svedese Nikolaj Cyon mi è piaciuto subito. "Alkebu-Lan", in arabo, vuol dire "Terra dei Neri", appunto l'appellativo con cui Cyon indica l'Africa in questa sua opera. Un'opera che solo apparentemente è una semplice mappa.
La domanda di Cyon è: come sarebbe stata l'Africa (anzi, la "Terra dei Neri") se non fosse stata colonizzata dalle potenze europee? Il nome scelto da Cyon è la risposta. Sarebbe stato un continente con decine e decine di nazioni piccole o piccolissime, a parte sei macro-Stati, che più o meno sarebbero corrisposti agli attuali Algeria-Marocco (il Maghreb), Egitto, Etiopia, Mali e (i due) Congo. E la lingua dominante, nell'Africa che sarebbe potuta essere senza la conferenza di Berlino del 1884-'85, è appunto l'arabo. Califfati, sultanati, emirati: buona parte di quel continente a-coloniale avrebbe parlato arabo. Un imperialismo di altra matrice...
Nessun confine sarebbe coinciso con quelli tracciati a tavolino al tempo della "scramble for Africa". Il criterio scelto da Cyon è l'uniformità linguistica-culturale (utilizzando anche gli studi dell'Unesco in materia), insieme ai confini naturali. Quello che salta agli occhi di "noi" europei è che la dominazione araba avrebbe fatto diventare "africane" anche la Spagna (parte del colosso maghrebino), la Sicilia, Sardegna e Corsica e persino Frassineto (alias Farakhshanīṭ) a due passi da Saint-Tropez.
Nel bel progetto di Cyon la mappa è ribaltata, proprio per distorcere la percezione eurocentrica: il Nord e il Sud si scambiano i ruoli, e così la Sicilia finisce all'estremità meridionale della Terra dei Neri. Terroni anche in quel caso...! Si chiama Ṣiqilliyya Imārat, emirato di Sicilia. Che peraltro è davvero esistito, come è noto. La differenza, adesso, è che grazie a Cyon la storia alternativa riconosce finalmente quello che persino la geologia dice da qualche era: la Sicilia è Europa, è Mediterraneo, è Africa. Forse anche Asia.

lunedì 11 aprile 2016

Sicily Papers

La vicenda dei Panama Papers è solo all'inizio, stando ai numeri. L'inchiesta del pool Icij (International Consortium of Investigative Journalists), diffusa in Italia dall'Espresso, parla di 800 italiani in mezzo alle migliaia di clienti che da tutto il mondo si sono serviti dello studio Mossack & Fonseca per aprire società offshore in decine di paradisi fiscali.
I primi 100 nomi diffusi finora (naturalmente l'Espresso ha tutto l'interesse a centellinarli...) spaziano da Barbara D'Urso a Carlo Verdone a Montezemolo allo stilista Valentino. Insomma qualche nome noto c'è già, tra jet set e finanza e politica. Altri ne verranno. Ma quelli che mi interessano sono i primi nomi siciliani. Perché in alcuni casi emergerebbero pure intrecci di mafia e corruzione, garantismo permettendo...
C'è per esempio Angelo Zito, barese di origine ma condannato per mafia a Palermo: secondo la sentenza definitiva era diventato il tesoriere del clan di Brancaccio, quello dei fratelli stragisti Graviano. Zito, trapiantato in Lussemburgo, gestiva ingenti investimenti all'estero dei capimafia. E poi ha continuato a manovrare società nei paradisi fiscali.
C'è pure, in qualche modo, il nome di Massimo Ciancimino, o meglio quello del fiscalista romano Gianluca Apolloni. Con lui organizzò la presunta frode fiscale da 30 milioni che gli è costata l'arresto nel 2013.
E poi Christian e Pietro (alias Peter) Palazzolo, figli di quel Vito Roberto condannato come grande riciclatore di Cosa Nostra negli anni d'oro del traffico d'eroina. Secondo la sentenza definitiva, frutto del grande impegno di Giovanni Falcone, il finanziere "lavorava" per Riina e Provenzano. Palazzolo senior fu arrestato nel 1984 ed evase nel 1986 dalla Svizzera, per poi rifugiarsi in Sudafrica dove diventerà il ricchissimo Robert von Palace Kolbatschenko (a certa mafia piace molto la teatralità, ndr), magnate nel settore minerario. E al business dell'oro e dei diamanti fanno riferimento le offshore di Christian e Peter Palazzolo. Una generazione dopo, dunque, i figli dei boss sono uomini d'affari intercontinentali. Palazzolo/von Palace è stato arrestato nel 2012 a Bangkok, dopo che il Sudafrica si è sempre opposto all'estradizione in Italia. Sul suo sito Internet (sì, il "suo sito Internet"...), Palazzolo si rivolge in inglese alle autorità italiane come ai suoi "detrattori". E si presenta così: «La storia di Vito Roberto Palazzolo, che per oltre un quarto di secolo ha sofferto per l'arbitraria ingiustizia dello Stato italiano». Dice che non c'è reato e che è tutto un complotto. Mi aspetto analoghe repliche da parte dei figli.
Poi c'è il finanziere Simone Cimino, noto nell'Isola per aver tentato nel 2010 di rilevare lo stabilimento Fiat di Termini Imerese (voleva farci le auto elettriche con gli indiani di Reva) e fondatore del fondo Cape Sicilia con la Regione allora guidata da Totò Cuffaro, e pure imputato a Milano per manipolazione del mercato. Dice che nella scatola offshore di Panama non sono transitati soldi.
Ci sono poi i fratelli siracusani Carlo e Alfio Fazio, nell'elenco come "imprenditori del settore marittimo". Si dicono immediatamente estranei alle vicende panamensi. Entrambi siedono nel comitato portuale di Augusta. Sì, Augusta, la propaggine dell'inchiesta sul petrolio in Basilicata e regnum di Gianluca Gemelli, ex dell'ex ministro Guidi. Dei Fazio si è parlato l'anno scorso perché avrebbero proposto di investire 20 milioni per realizzare il porto turistico di Augusta.
Altri interessanti legami di famiglia sono quelli del catanese Francesco Corallo. Il padre Tanino fu un pioniere del "turismo dei giochi", fondando negli anni Settanta il primo albergo-casinò nell'isola caraibica di Sint Marteen. Finì pure in carcere come affiliato del clan Santapaola. Francesco invece aveva ottenuto nel 2004 dal governo Berlusconi la ricchissima concessione statale per le slot machine. Dieci anni dopo la Corte dei Conti ha condannato la sua società, Bplus Giocolegale (sic), a risarcire 335 milioni allo Stato italiano. Tra gli ultimi business che aveva in mente, aprire una banca-cassaforte a Dubai.
Catanese e legato alle scommesse è anche Giovanni Luca "Gianluca" Impellizzeri. I tifosi del Modica, del Misterbianco, della Leonzio e del Palazzolo lo conoscevano come "Re Leone", nella sua precedente vita di calciatore semiprofessionista. Nella lista dei Panama Papers figura invece come "agente di scommesse online".
L'anno scorso era finito pure agli arresti domiciliari nell'inchiesta sulle partite truccate del Catania Calcio in serie B (quella che coinvolge anche l'ex patron rossazzurro Antonino Pulvirenti): Impellizzeri era considerato il finanziatore degli incontri venduti. Ora è tornato libero, ma con obbligo di firma in Questura. A Catania, non a Panama...

martedì 5 aprile 2016

La Lega non Gambia mai

Il Gambia è il più piccolo Paese del continente africano, quasi interamente circondato dal territorio del Senegal. Il suo presidente-tiranno, Yahya Jammeh, al potere dal 1994, ha dichiarato nel dicembre scorso che il Paese sarà una Repubblica islamica (come l'Iran o la Mauritania o l'Afghanistan). E come tutti gli Stati africani governati dai "dinosauri", anche dal Gambia in tanti cercano di scappare.
Yusupha Susso è uno di questi. Ha 21 anni ma era minorenne quando si è sobbarcato la traversata del deserto e del Mediterraneo ed è arrivato in Italia, a Palermo. Qui studia all'alberghiero e fa da interprete per la Prefettura, si occupa di musica e collabora con sindacati e gruppi antimafia. "Amico dei poliziotti", viene definito. Insomma, un profilo che manda in tilt le menti xenofobe...
Yusupha è in coma farmacologico, sparato alla testa in pieno centro da un pluripregiudicato palermitano della zona di Ballarò, tale Emanuele Rubino, 28 anni. Insieme a due connazionali è stato aggredito da questo branco: la Questura parla di "prepotenza più che di razzismo". Mi pare un inutile sofisma. Yusupha Susso è stato colpito e ridotto in fin di vita perché aveva osato chiedere più rispetto e reagito agli insulti di mafiosetti – prepotenti e razzisti.
Ma questo non è bastato. Perché per certi novelli leghisti sbarcati pure loro in Sicilia (qui, come nel resto del Sud, si chiamano "Noi con Salvini": poi uno si lamenta dei partiti leaderistici...) è sufficiente leggere "Africa", "rissa", "sparatoria", "ferito", "migranti", nella stessa frase e subito ribaltare la verità a uso e consumo della più becera propaganda razzista e prepotente. Così Francesco Vozza, leader cittadino del movimento e fino all'anno scorso responsabile palermitano di CasaPound, non ha trovato di meglio che scrivere su Facebook: «La Palermo eccitante e sicura di Orlando (il sindaco Leoluca, ndr): dei #migranti se le danno di santa ragione e parte pure un colpo di pistola. Un giovane è in fin di vita».
Tutto falso: dei #migranti sono stati aggrediti da un gruppo di delinquenti italiani, e il giovane in fin di vita è un ventenne africano. Solo dopo un po' Vozza si è deciso a cambiare versione: «Ecco quello che è accaduto, sabato scorso, nel centro storico di ‪#‎Palermo‬: scoppia una ‪#‎rissa‬ tra ‪#‎migranti‬ e ‪#‎palermitani‬. Alla fine parte un colpo di ‪#‎pistola‬, sparato da un palermitano, che ferisce alla testa un migrante. Chi continua a dire che Palermo è una città "eccitante e sicura", ha dei gravi problemi!». Gli hashtag ora abbondano e ci sarebbero da correggere un po' di imprecisioni. Il giovane in fin di vita è scomparso?
Ma il leader salviniano a Palermo, che intanto incassa una selva di commenti tipo "si ammazzino tra di loro" o auspici di "forni", alla fine resta della sua idea. L'episodio diventa solo pretesto per questioni politiche locali... «I sinistri, sostenitori di Orlando, vorrebbero che mi scusassi con loro, perché sarei razzista, fascista, leghista. Poveretti, hanno bisogno di cure e d’affetto!».
No. Sa chi ha bisogno di cure, Vozza? Un certo Yusupha Susso, 21 anni, ragazzo del Gambia, in coma per un'aggressione mafiosa e razzista nel cuore della sua (e nostra) bella città. Soprattutto ha bisogno di un po' di affetto.

domenica 3 aprile 2016

Ex-commerce

Per anni ho trovato grottesca la definizione "isole comprese" negli annunci pubblicitari. Della serie: vabbè, se proprio volete veniamo a consegnare pure nelle vostre lande desolate in mezzo al mare. Le stesse lande, per inciso, che tanto piacciono per andarci a fare le vacanze.
Così, quando ho visto che Amazon (e non solo, verosimilmente) ha recepito una normativa internazionale sul trasporto aereo civile e ha deciso che dal primo aprile di quest'anno non consegna più alcuni prodotti particolari nelle isole italiane, ho ripensato a quella vecchia clausola da televendita. Amazon non consegnerà più in Sicilia, Sardegna e altre isole batterie al litio e power bank (caricabatterie portatili). Le batterie al litio sono pericolose per l'ambiente, possono surriscaldarsi in determinate condizioni termiche. E infatti in aeroporto ci sono annunci e avvisi sui rischi: io li ho notati realmente solo ieri, dopo aver letto della notizia di Amazon...
In breve, il divieto vale per i voli di linea. Quegli oggetti possono essere trasportati solo su cargo, ma evidentemente Amazon si è spesso servita di un "passaggio" nelle stive degli aerei passeggeri. Ora non sarà più possibile. Ma perché le isole? Forse per ragioni logistiche. Boh. Ecco la nota di Amazon sulla questione (con interessanti spunti):
Tutti gli articoli che contengono sostanze infiammabili, pressurizzate, ossidanti, corrosive, pericolose per l'ambiente, irritanti o dannose, venduti e spediti da Amazon, non possono essere consegnati nelle isole italiane.
Di seguito, una lista non esaustiva di località verso cui la consegna non è possibile:
  • Sardegna
  • Sicilia
  • Venezia
  • Ponza
  • Capraia
  • Isola d'Elba
  • Isola del Giglio
  • Monte Argentario
  • Isole Tremiti
  • Bacoli
  • Capri
  • Ischia
  • Procida
Restrizioni analoghe o ulteriori potrebbero essere applicate anche dai venditori Marketplace. Eventuali restrizioni alla spedizione verranno visualizzate al momento dell'ordine.
Immagino che Sicilia e Sardegna includano tutte le altre rispettive isole minori (quelle abitate, solo in Sicilia, sono 14). Nella lista ci sono anche posti mai raggiunti da un aereo in vita loro... Eppure la restrizione di Amazon & co. vale anche lì. I venditori "marketplace" sono altre piattaforme di e-commerce, come eBay per esempio. La responsabilità, secondo la nuova normativa, è di chi spedisce; ecco spiegata la cautela. I corrieri utilizzati da Amazon hanno imposto queste regole e dunque il colosso di Jeff Bezos (peraltro molto apprezzato in Italia a livello mediatico-governativo: il vicepresidente Diego Piacentini andrà a fare pro bono il commissario al digitale per Renzi) si è adeguato per evitare rischi. Lo stesso in Francia con la Corsica o in Spagna con Ibiza. Ma alla fine è anche una questione di numeri. Siccome in percentuale questi prodotti sono pochi sul totale, Amazon ha messo in unico grande gruppo "geografico" anche quelle zone in cui le consegne si fanno via nave, anziché gestire singolarmente la categoria in questione. Però pensavo che le quelle sostanze fossero "pericolose per l'ambiente" anche sulla terraferma...
Ma il bello è che tra le isole ci mette pure Venezia e l'Argentario. Cioè zone lagunari. Anche se poi Amazon ha precisato che Venezia è esclusa da queste restrizioni. E questo mi conferma nella mia impressione che ci sia stata un po' di sciatteria nello stilare quella lista. Che non è davvero esaustiva, ma non solo perché omette isole isolette e località vicine a quelle elencate.
Ci sarebbe per esempio anche Monte Isola, la più grande isola lacustre dell'Europa centro-meridionale, comune interamente isolano sul lago d'Iseo, Brescia. Ma sarà la mia solita pignoleria geografica, chissà.
Nessun problema comunque. Amazon ha un servizio clienti efficiente, che saprà rispondere a ogni dubbio, aperto in pompa magna nel 2014. Si trova davanti all'uscita dell'aeroporto di Cagliari...

mercoledì 27 gennaio 2016

Il nostro Kunsertu


Mokarta è una canzone meravigliosa. La cantavano i Kunsertu, gruppo siciliano di culto, pioniere italiano tra Ottanta e Novanta della world music ("100% etno-rock"). Mokarta è una serenata bellissima, scritta nel 1985, che forse prendeva pure spunto dalla celebre Rosa fresca aulentissima di Cielo d'Alcamo (XIII secolo, quando il siciliano era già lingua). Ho scoperto solo ieri, per caso, che Sergio Lo Giudice è stato uno dei sassofonisti dei Kunsertu.
Cercavo Lo Giudice per un'intervista, ma per ben altre ragioni. Quasi 55 anni, senatore della minoranza Pd, già consigliere comunale a Bologna, presidente onorario dell'Arcigay, sposato dal 2011 e padre di un bimbo nato nel 2014 da maternità surrogata. Con lui ho fatto una lunga chiacchierata sul QN sul tema caldo del momento, il dibattito sulle unioni civili (proprio nel giorno in cui il Consiglio d'Europa ha chiesto all'Italia di riconoscere legalmente le coppie gay).
Sergio Lo Giudice è nato a Messina ma ha lasciato la Sicilia poco più che ventenne. Gli ho pure chiesto che impressione ha ora dell'Isola dal punto di vista dei diritti gay. «È molto cambiata rispetto ad allora, anche se in giro restano molti pregiudizi. Ma penso a iniziative come il Gay Pride di Palermo e vedo che c'è una grande capacità di accoglienza, quell'umanità tipica dei siciliani, oltre i maschilismi. I pregiudizi cadono quando c'è un confronto diretto con le persone».
Sergio Lo Giudice con il marito e il figlio
Matrimonio in Norvegia e un figlio da madre surrogata negli Stati Uniti. Sergio Lo Giudice, 54 anni, senatore Pd, portavoce dell’area di minoranza Retedem e presidente onorario dell’Arcigay, è stato il primo uomo politico a diventare padre gay. Dopo aver sposato nel 2011 a Oslo il suo compagno Michele, nel 2014 è nato Luca.
Senatore, su questo giornale la professoressa Eleonora Porcu, luminare della fecondazione assistita, ha definito la pratica dell’utero in affitto “una schiavitù per le donne”. Come risponde?
«Innanzitutto preferisco parlare di ‘gestazione per altri’, come si dovrebbe dire correttamente. Altri luminari come Carlo Flamigni la pensano diversamente dalla Porcu. Ma condivido pienamente tutte le obiezioni sullo sfruttamento di donne afflitte dal bisogno, dalla fame, o persino dal racket, nei Paesi poveri come India e Thailandia, dove le coppie gay non hanno comunque accesso a queste pratiche. A volte sono gli stessi mariti a costringerle».
Questo nei Paesi poveri. E negli Stati Uniti, come nel suo caso?
«Lì, come anche in Canada, ci sono legislazioni avanzate. Le donne devono essere economicamente sufficienti e avere avuto già dei figli».
Però non è una pratica per tutti. Andare dall’altra parte dell’oceano costa...
«In effetti no, ce la fanno solo le persone che possono permetterselo. Però sarebbe ora di aprire un ragionamento, un confronto serio e trasparente: altri Paesi europei, Gran Bretagna, Olanda, Belgio, anche la Grecia, consentono questa pratica».
La professoressa Porcu parla anche del rapporto madre-figlio. Rapporto “fisico, carnale”, lo ha definito. In un caso del genere viene a mancare?
«Non è come la legge 40 sulla fecondazione artificiale che prevede l’anonimato dei donatori. Noi siamo invece in costante collegamento con la madre surrogata americana. Le mandiamo le nostre foto di famiglia, lei le sue. I bambini delle famiglie arcobaleno cresceranno avendone piena consapevolezza. Le coppie gay sono assolutamente trasparenti su questo punto. E non potremmo fare altrimenti».
Le coppie etero non sono trasparenti?
«Il 95% delle coppie che accedono alla maternità surrogata sono eterosessuali. Ma perlopiù non lo dicono. Il punto è un altro».
Quale?
«Si parla dell’utero in affitto, termine orribile, solo per esprimere un pregiudizio contro la genitorialità omosessuale. È un dibattito strumentale: questa tecnica è vietata in Italia né tantomeno la sdoganerebbe il ddl Cirinnà».
Il cardinale Bagnasco però ha detto che “i figli non sono un diritto”.
«Bene, sono d’accordo. Non esiste alcun diritto ad avere figli. Ma esiste quello di avere tutti le stesse opportunità. E per i bambini di avere una famiglia. Non possono avere diritti diversi solo per una decisione degli adulti. D’altra parte solo nel 2014 siamo finalmente arrivati a una legge che cancella la distinzione tra figli naturali e legittimi...».


venerdì 22 gennaio 2016

Giusi de Beauvoir

Giusi Nicolini è una "leonessa". Lo dicono e scrivono in tanti. Una bella figura di combattente civile per i diritti e la dignità, esponente di una politica che dovrebbe tornare a farsi qualche domanda, oltre a millantare presunte risposte. Da quando è stata eletta, il sindaco di Lampedusa è anche un pungolo alla sedicente sinistra italiana. E infatti io sono ancora qui ad applaudirla per aver rifiutato nel 2014 la candidatura sicura alle Europee con il Pd.
Due settimane fa a Giusi Nicolini sono stati riconosciuti ancora una volta i suoi meriti, stavolta a Parigi. Ha ottenuto il Prix Simone de Beauvoir pour la liberté des femmes, arrivato alla sua nona edizione (nel 2013 aveva vinto Malala). L'autorevole giuria l'ha premiata per la sua «azione coraggiosa e pionieristica a favore dei migranti e dei rifugiati» e lei ha, con il consueto piglio da "leonessa", richiamato l'Europa e l'Occidente intero alle proprie responsabilità.
Giusi Nicolini mi piace molto ed è per questo che mi fa molto piacere che l'edizione italiana di Global Voices, la rete internazionale di giornalismo partecipativo, mi abbia contattato per un mio vecchio post sul sindaco di Lampedusa e Linosa. Post citato nell'articolo di Abdoulaye Bah, anche lui gran personaggio: ultrasettantenne di origine guineana, ha lavorato per anni all'Onu, militante radicale, è finito persino in Habemus Papam di Nanni Moretti (faceva il cardinale dello Zambia!). Grazie ad Abdoulaye Bah e a Global Voices. E naturalmente grazie a Giusi Nicolini.

giovedì 14 gennaio 2016

Dateci una leva

Operazione Vespri Siciliani (1992-'98):
l'Esercito insieme alle forze di polizia
nella lotta contro la mafia
Anni fa, ai tempi dell'università, facevo spesso su e giù per l'Italia in treno. Molte volte, soprattutto in coincidenza con periodi festivi, mi è capitato di viaggiare con giovani militari che tornavano nelle loro terre d'origine, anche loro meridionali come me. Molti erano siciliani. Uno dei viaggi più divertenti fu con tre ragazzi nel mio stesso scompartimento, di ritorno in Sicilia in licenza. O ancora quel ragazzo, spaesato e simpatico, che a 19 anni tornava da Trieste al suo paesino in provincia d'Agrigento: almeno 22 ore di treno, mi pare di ricordare, per lui che forse era uscito dalla Sicilia per la prima volta proprio per indossare una divisa. Ma ricordo anche tanti ragazzi e ragazze dalla Campania, molti salernitani.
Un paio di giorni fa, a Roma, il capo di Stato Maggiore dell'Esercito, generale Danilo Errico, ha spiegato a un convegno organizzato dal Centro Studi Internazionali (Cesi) che il 71% degli effettivi dell'Esercito italiano proviene da regioni del Sud, il 19% dal Centro e solo il 10% dal Nord. Anche se tre quarti dei comandi e delle caserme si trovano tutti al Nord e al Centro. Dunque c'è una massiccia emigrazione in divisa, dal Sud. Ed Errico sottolineava infatti che le politiche di reclutamento dovrebbero tener conto maggiormente della «disomogeneità tra la provenienza geografica del personale in servizio e la distribuzione geografica delle infrastrutture militari». Aggiungo che in Sicilia, regione da cui proviene il 15% degli arruolati dell'Esercito (terza dopo Campania con il 28% e Puglia con il 16,7%), verranno messe in vendita sei caserme dalla Difesa, tante quanto quelle del Piemonte, più dell'Emilia-Romagna o della Toscana o del Lazio.
Io non ho fatto il militare e non l'avrei fatto comunque, anche indipendentemente dai rinvii per ragioni di studio. Ma rispetto chi ha scelto di farlo, specialmente se ha l'onestà, come quei ragazzi in treno, di ammettere che oltre a più o meno vaghe "vocazioni" c'è una valutazione di opportunità professionale.

Chi l'ha letto?

Da inizio anno ho già letto un libro per intero e almeno altri due li ho iniziati. Entro la fine di gennaio dovrei arrivare a quattro libri letti, più o meno. E nel frattempo, nelle prime due settimane del 2016, ho visitato una decina tra musei e affini. Non avevo mai creduto che queste cose, per me normalissime fin da quando sono piccolo, fossero così assurde, rare, totalmente disallineate dalla media nazionale. Perché le statistiche dicono che un italiano su cinque non si sia dedicato affatto a "consumi culturali" – cinema compreso – l'anno scorso e che sei connazionali su dieci non abbiano letto (per motivi non professionali né di studio) neanche un libro nei 12 mesi passati. Letto, non comprato, beninteso. Quindi io sono fuori dalla media, dice la statistica, che non sempre è quella del mezzo pollo di Trilussa.
Il problema è che i numeri sono freddi e spietati. E il Sud Italia va peggio della già disastrosa media nazionale. Perché se in Italia si leggono pochissimi libri e giornali (ricordo di aver letto anni fa che i vietnamiti sono più affezionati di noi alla stampa...), nel Meridione si sale fino al 70% di non lettori. Campania, Puglia, Basilicata, Calabria e infine Sicilia, nella classifica delle regioni che non leggono. Nella mia Isola, la terra dei due premi Nobel, quella del Gattopardo consigliato pure dalla buonanima di David Bowie, la percentuale di persone dai 6 anni in su che non aprono un libro in un anno è precisamente del 68,3 per cento. In generale, nelle regioni meridionali la quota si attesta intorno ai due terzi; meno del 50% nel Nord, per la cronaca.
Io sono un famelico consumatore di cultura e letteratura, quindi non so perché sia così diffuso al contrario il "digiuno" dei miei connazionali. So soltanto che ancora adesso, dopo sette anni, mi ritorna in mente la notizia dell'apertura di due librerie (una si chiamava "L'Araba Fenice") a Gela, città di quasi 80mila abitanti che fino ad allora, 2009, non aveva una vera libreria, ma solo qualche cartoleria. Il sindaco di allora era Rosario Crocetta che compose addirittura dei versi poetici sulla "Resurrezione" di Gela grazie alla cultura. E sempre nel 2009 anche Vittoria, oltre 60mila abitanti, centro ragusano spesso pericolosamente nell'orbita (mafiosa) di Gela, inaugurò la sua prima libreria. E si potrebbe proseguire all'infinito, ricordando anche quante piccole attività aperte sull'onda della scommessa e della speranza abbiano poi dovuto chiudere. Certo, l'obiezione è che i libri si possono pure leggere in biblioteca. Giusto, ma quella di Modica, dopo anni di lavori, non ha ancora una sua sede definitiva e certa, con i testi del Fondo antico conservati a lungo in luoghi inadeguati, a detta della Soprintendenza. E purtroppo, anche quando c'era una sede, i modicani non frequentavano granché le sale polverose della stantia biblioteca cittadina. Ora magari comprano un paio di bestseller l'anno.