giovedì 14 gennaio 2016

Dateci una leva

Operazione Vespri Siciliani (1992-'98):
l'Esercito insieme alle forze di polizia
nella lotta contro la mafia
Anni fa, ai tempi dell'università, facevo spesso su e giù per l'Italia in treno. Molte volte, soprattutto in coincidenza con periodi festivi, mi è capitato di viaggiare con giovani militari che tornavano nelle loro terre d'origine, anche loro meridionali come me. Molti erano siciliani. Uno dei viaggi più divertenti fu con tre ragazzi nel mio stesso scompartimento, di ritorno in Sicilia in licenza. O ancora quel ragazzo, spaesato e simpatico, che a 19 anni tornava da Trieste al suo paesino in provincia d'Agrigento: almeno 22 ore di treno, mi pare di ricordare, per lui che forse era uscito dalla Sicilia per la prima volta proprio per indossare una divisa. Ma ricordo anche tanti ragazzi e ragazze dalla Campania, molti salernitani.
Un paio di giorni fa, a Roma, il capo di Stato Maggiore dell'Esercito, generale Danilo Errico, ha spiegato a un convegno organizzato dal Centro Studi Internazionali (Cesi) che il 71% degli effettivi dell'Esercito italiano proviene da regioni del Sud, il 19% dal Centro e solo il 10% dal Nord. Anche se tre quarti dei comandi e delle caserme si trovano tutti al Nord e al Centro. Dunque c'è una massiccia emigrazione in divisa, dal Sud. Ed Errico sottolineava infatti che le politiche di reclutamento dovrebbero tener conto maggiormente della «disomogeneità tra la provenienza geografica del personale in servizio e la distribuzione geografica delle infrastrutture militari». Aggiungo che in Sicilia, regione da cui proviene il 15% degli arruolati dell'Esercito (terza dopo Campania con il 28% e Puglia con il 16,7%), verranno messe in vendita sei caserme dalla Difesa, tante quanto quelle del Piemonte, più dell'Emilia-Romagna o della Toscana o del Lazio.
Io non ho fatto il militare e non l'avrei fatto comunque, anche indipendentemente dai rinvii per ragioni di studio. Ma rispetto chi ha scelto di farlo, specialmente se ha l'onestà, come quei ragazzi in treno, di ammettere che oltre a più o meno vaghe "vocazioni" c'è una valutazione di opportunità professionale.

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