sabato 30 settembre 2017

Quello che passa (l'ex) convento

Non mi intendo molto di arte, ma sono ugualmente un assiduo frequentatore di musei e mostre, negli ultimi tempi specialmente di arte contemporanea. E non posso negare che mi piace tanto scoprirla anche in luoghi impensati e/o impensabili. La mia Modica, città di cui mi vanto, è ormai da tempo inserita nei circuiti turistici, più o meno organizzati. Ma poiché detesto tutte le retoriche, provo fastidio anche per gli stereotipi turistici, per i luoghi comuni all inclusive. Modica, per esempio, è oramai entrata in un vortice auto-promozionale che riduce tutto a una triade spesso confusa: il barocco, il cioccolato e il commissario Montalbano (sic). Storia, arte, tradizioni, e un pizzico di finzione letteraria (anzi televisiva). Tutto molto siciliano, effettivamente. Però così sembra che non ci sia altro. E invece no.
Il terremoto del 1693 distrusse quasi tutto, pochissimo è rimasto dell'epoca pre-barocca. E questo poco sta ritrovando una vita anche grazie agli abusati "linguaggi del contemporaneo". Parliamo della chiesa di Santa Maria del Gesù con annesso chiostro, isolata testimonianza a Modica del tardo gotico, risparmiata solo in parte dal terremoto che rase al suolo il Val di Noto. Il complesso è stato a lungo interdetto alle visite, solo negli ultimi anni è stato via via riconsegnato alla cittadinanza. Fino al 23 maggio 2014 ha ospitato la casa circondariale, che in tempi neanche troppo lontani ricadeva pure negli spazi della ex chiesa e del chiostro mozzafiato. Ora il carcere non c'è più e finalmente il complesso è interamente fruibile.
Rispetto all'altra unica volta che lo vidi, sei anni fa, quello che ho visto ieri è un luogo nuovo (e più pulito...), una nuova scoperta, una piacevole sorpresa, la restituzione di un bene storico ricontestualizzato nel nostro tempo. Fa parte infatti dei percorsi organizzati in questi mesi a Modica dal MAS (Modica Art System). Installazioni, proiezioni, suoni, laboratori didattici, artisti italiani e stranieri: un risveglio culturale che fa bene a tutti, oltre gli stereotipi e la comoda assuefazione all'incipiente turismo di massa – nella città che già ospita da dieci anni una delle gallerie d'arte contemporanea più quotate tra quelle emergenti, la Galleria Laveronica.
Ieri, a Santa Maria del Gesù, era la giornata conclusiva di presentazione dei progetti del MAS, realtà che riunisce la Fondazione Teatro Garibaldi, il Museo Civico Franco Libero Belgiorno e il CoCA (c.enter o.f c.ontemporary a.rts).
Genuardi Ruta,
Supercella SS115
Concetta Modica,
Ora/Oggi/Adesso
(2017, terracotta, corda,
reperto archeologico, semi)
Alcune opere – ripeto, parlo da profano – mi hanno colpito, dentro quegli ambienti. Come i suoni profondi e "naturali" che rompono il "naturale" silenzio del chiostro. O l'uso sapiente, e sempre in evoluzione, della luce come strumento artistico e di ricerca. O, appunto, il dialogo tra passato presente e futuro.

sabato 23 settembre 2017

Aiutiamolo a casa loro

Per favore, smettetela di dire che l'autonomia della Sicilia è troppo, un privilegio insopportabile e insostenibile. Non è così, stando perlomeno a uno dei mini spot elettorali che spopolano sui social della Lega Nord Lombardia. No, a noi siciliani la nostra autonomia non basta, se addirittura la Lega mette in rete un video di un minuto il cui protagonista è un presunto siciliano, una macchietta che in una specie di dialetto esprime la sua volontà di votare anche lui il 22 ottobre per l'autonomia lombarda.
La scena. Interno giorno. Una biondona occhialuta e cappelluta davanti a un aperitivo rustico con tanto di ombrellino démodé nel bicchiere, e poi lui, il siculo con camicia aperta ad altezza ombelico e catenona d'oro d'ordinanza. Una coppia "mista" di mezza età, un'accoppiata grottesca meneghina/siciliano ché pare di rivedere il capolavoro di Lina Wertmüller Travolti da un insolito destino nell'azzurro mare d'agosto, ma solo per i pesanti e risibili stereotipi. Lei – borghesona che pretende di essere elegante – non è Mariangela Melato, lui – proletario buzzurro e ignorante – non è Giancarlo Giannini. E non solo per la discutibile qualità recitativa...
Ma questo è solo uno dei tanti video che la Lega ha preparato per il referendum di ottobre, pur omettendo – chissà perché – il logo del partito. Tutti recitati in dialetto, alcuni piuttosto discutibili, compreso quello che ironizza sul cavalcavia crollato un anno fa nel Lecchese (un morto e sei feriti). Sketch da teatro dialettale o da sagra di paese. Scene grottesche, non proprio corti d'autore.
Quindi c'è anche il siciliano da barzelletta. Che chiede alla sua "bella" dove si vota e le spiega, appunto in un improbabile siciliano, che vuole votare al referendum perché «a mia 'u travagghiu e 'u pani m'u detti 'a Lombardia». Il lavoro e il pane gliel'ha dati la Lombardia. Aiutiamolo a casa loro.

martedì 19 settembre 2017

Nathan, abbiamo un problema

«Alcuni migranti in fuga dalla guerra raggiungono un'isola nel Mediterraneo. La prima settimana ne arrivano 100, poi ogni settimana il loro numero aumenta del 10 per cento». Accanto, la foto di un gommone carico di persone. Sembra una cronaca fredda, meccanica, cinica del fenomeno dell'immigrazione. Certo, "migranti in fuga dalla guerra" non è propriamente corretto, sarebbe stato più preciso "profughi", ma sui giornali si fa spesso confusione (talvolta volutamente). Come dite? Non è un articolo di giornale? Ah.
In effetti il testo continua. Si chiede «per quante volte viene moltiplicata una quantità quando aumenta del 10%?». Parla di «serie geometriche». Invita a «dedurre il numero totale di migranti giunti sull'isola dopo otto settimane, arrotondando all'unità». Affronta l'argomento come un fatto puramente matematico. E questo è, il testo.
Ma far diventare un simile dramma l'argomento di un problema di matematica per un libro del liceo, mi sembra quantomeno fuori luogo. Come fu vergognoso che due anni fa, su un libro di fisica in Italia, si chiedesse agli studenti liceali di calcolare l'impatto di un sasso dal cavalcavia su un'auto. Il problema di matematica è invece in un manuale della casa editrice Nathan per le scuole francesi. E qui sarebbe da chiedersi se il "cuginetto" che ha elaborato con dovizia di particolari tecnici e professionali il problema 93, a pagina 34 del manuale riservato all'ultima classe degli indirizzi economico-sociale e letterario, sia stato davvero così ingenuo (naïf?) o abbia sottovalutato le conseguenze di una gaffe del genere. "L'isola nel Mediterraneo" è indubbiamente Lampedusa; dubito si tratti della Malta intransigente che respinge navi con a bordo tre migranti...
Dopo le proteste e le polemiche, Nathan ha fatto mea culpa, ha ritirato il testo e dice che lo sostituirà gratuitamente. Speriamo si limitino ai soliti problemi sulla spesa al mercato. "Ahmed vende mele e arance...".

domenica 10 settembre 2017

Grazie che ha bevuto

Uno può leggere libri impegnati, guardare film d'autore, ascoltare musica di buon livello, ma poi alla fine, senza neanche scomodare l'alto-e-basso, Umberto Eco e la riscoperta delle culture e sottoculture pop, ci si diverte tutti con il trash, il grottesco, il comico demenziale. Tutti. Quando una decina di anni fa noi siciliani (ma non solo) scoprimmo tra le pieghe di una tv privata di Agrigento le mirabolanti e improbabili imprese, politiche e "culturali", di un barbiere che si chiamava Giovanni Bivona, ci sentimmo paradossalmente investiti del privilegio di avere finalmente anche noi il nostro "eroe" popolare-popolano-populista-pop. Era tutto finto e per questo ci piaceva, ma forse non solo per questo.
Partiamo purtroppo dalla fine. Da quel "si chiamava Giovanni Bivona". Verbo al passato perché Giovanni Bivona, ad appena 55 anni, è morto per una brutta malattia. E quando muoiono i giullari, le maschere comiche, persino le macchiette, c'è un pizzico di tristezza in più. Anche perché Bivona, che di mestiere faceva davvero il barbiere (regalava perle di saggezza nel suo salone in via Dante ad Agrigento), era sicuramente genuino e buono nella sua pur grossolana ignoranza che lo rendeva simpatico; e buono come sanno essere solo i buoni che si fanno prendere in giro e non si prendono sul serio.


«La politica è triste. Facciamola diventare allegra». «Protestiamo. Protestiamo. E protestiamo!». «Grazie che ho bevuto!». I tormentoni dello spot elettorale della primavera 2006 ormai li conoscono tutti. Si guadagnarono notorietà anche in tv e radio nazionali, che presero a sfottere l'approssimazione di Bivona senza rendersi conto che, in fondo, era lui a sfottere, più o meno consapevolmente, una certa retorica. Prese un discreto pacchetto di voti ma non fu eletto a quelle elezioni provinciali, candidato della lista Patto per la Sicilia, una delle tante para-autonomiste di quella stagione politica nell'Isola. Ma poi è diventato una piccola star, grazie all'intuito furbo di Angelo Ruoppolo e Lelio Castaldo di Teleacras, che lo lanciarono nel ruolo di improbabile e divertente commentatore dei temi più disparati, persino nella sua spassosa "rubrica e-letteraria" in cui smontava Dante, Leopardi o Shakespeare, lui che si era comunque autodefinito "Maestro di vita". Spettacolare nella pubblicità di un negozio di pelletteria, in cui sfoggiava una scarpa su una spalla. Surreale come Dalì a spasso con un formichiere per le strade di Parigi...
Inutile elencare tutte le imprese di Giovanni Bivona, ne è pieno YouTube. Ma è proprio su questo che voglio concentrare questo piccolo e inutile mio ricordo. Bivona è diventato famoso soprattutto con il passaparola. Ancora non eravamo del tutto schiavi dei social network e la voce - quasi carbonara - circolava su forum e blog, o più semplicemente tra amici (reali e non virtuali); c'era pure chi suggeriva di scaricare i suoi video su eMule! Non c'erano influencer a consigliare i suoi video, né twitstar a sponsorizzarlo, ma nemmeno finì nel tritacarne della Gialappa's, per dire.
In questa specie di preistoria Giovanni Bivona ha fatto quasi tutto da solo. E ci ha rallegrati con la sua protesta, altro che i grillini. Beviamo alla sua salute. Grazie.