martedì 18 maggio 2021

Capire Battiato

Era una sera di primavera del 2000, mi pare. Dentro il duomo di San Giorgio di Modica un evento straordinario, un concerto gratuito del maestro Franco Battiato. Da pochi mesi era uscito Fleurs, il suo primo disco di cover. Purtroppo i posti dentro non erano tanti, io mi trovai come tantissimi sulle scalinate meravigliose del gioiello barocco della mia città, fuori avevano messo apposta un maxischermo. Fu comunque il mio primo concerto di Battiato. Ora che tutti citano versi delle sue canzoni, alcuni parecchio scontati, io mi limito a fare una breve riflessione che spieghi perché sono così triste per la sua scomparsa. Scomparsa mi sembra termine più azzeccato rispetto a morte: è scomparso, non si è più fatto vedere, per ricomparire chissà dove, chissà quando, chissà come...
Battiato ha cantato nella sua carriera in un numero imprecisato di lingue, pure arabo e tedesco, e un po' di siciliano, certo. Quella sera cantò in francese una delle cover del suo disco del 1999, J'entends siffler le train. Ecco, il ricordo che dedico a Battiato e all'influenza che ha avuto sulla mia vita, soprattutto a partire da quella adolescenza, è la reazione del pubblico a quella canzone. Mi ha insegnato tanto, davvero. Intorno a me sentii diverse persone dire "ma come pronuncia male il francese!", una coppia credo milanese invece cantava con una dizione inappuntabile. Più ci penso e ripenso, lì ho capito Battiato. Un uomo talmente assetato di ricerca e conoscenza da lanciarsi anche in territori inesplorati o a lui ignoti, senza la paura di essere giudicato. Anzi. La sua sperimentazione è ciò che ci ha fatti crescere, tentando di stargli dietro, esplorare mondi lontanissimi e strade temporanee senza tempo né spazio. Così forse sarebbe stato contento di sentire un pubblico che cantava meglio di lui!
Ma non posso pensare a Battiato senza pensare alla nostra terra. No, non parlo della estemporanea e poco fortunata esperienza nella giunta Crocetta, ma della Sicilia che era dentro i suoi testi, la sua ricerca, il suo pensiero. Non sono tante le canzoni in siciliano, in realtà. Ma una è il manifesto vero di Francuzzu, Stranizza d'amuri. Dove la stranizza è la magia di un amore, di un amore per la vita, che resiste ccu tuttu ca fora c'è 'a guerra. Secondo me l'ha capito anche quella coppia milanese, indipendentemente da come pronuncia il catanese. Abbiamo capito tutti che Franco ci ha spinti a scoprire oltre, altrove, altrimenti, altro. Ndo vadduni da Scammacca o nell'Egitto prima delle sabbie, vagando per i campi del Tennessee o scherzando a raccogliere ortiche per le strade di Pechino. Per finire dove è tutto cominciato, nella sua Ionia che c'è ancora ma non esiste più. Proprio come lui.

lunedì 10 maggio 2021

Solo lo Stretto necessario?


La prima volta che feci la conoscenza del Ponte sullo Stretto avevo 6-7 anni. Ricordo ancora un modellino avveniristico alla Fiera di Messina, allestito dalla sempiterna società Stretto di Messina S.p.A. Pareva il futuro. Mio nonno sosteneva che sarebbe stata pure una grande attrazione turistica. Invece no: era, è e sarà l’eterno passato che ritorna. La Fiera non esiste più, sarà demolita entro il 2022. Chissà dov’è finito il modellino. Ma il Ponte c’è sempre, nel dibattito, nelle fantasie e negli incubi della gente. Almeno una volta era chiaro chi era contrario e chi favorevole. Dei 5 Stelle non si poteva dubitare: nel 2017 l’allora candidato presidente della Regione Sicilia Giancarlo Cancelleri si rifiutava di inserirlo nel suo programma (manco per stroncarlo). Ma nel 2021 il sottosegretario per le Infrastrutture e la mobilità sostenibili, Giancarlo Cancelleri, dice che il Ponte si farà in 10 anni: «Serve per lo sviluppo del territorio e dell’Italia».
E allora rieccolo, il progetto bocciato definitivamente dal governo Monti nel 2011 e ora riesumato, purché si cambi la sua caratteristica principale, la campata unica più lunga al mondo. I motivi per essere contrari restano gli stessi: la sismicità dell’area (in breve: 1908, Messina, tsunami), il dissesto idrogeologico, l’impatto ambientale, l’arretratezza di tutte le altre infrastrutture stradali e ferroviarie in Sicilia e Calabria. I motivi per essere favorevoli, presumibilmente, non sono cambiati neanche quelli. Ma tornare a parlarne è l’ennesima boutade all’italiana. E chi ama i luoghi comuni può rispolverare il solito Gattopardo.


[mio commento pubblicato su Quotidiano Nazionale]